Meno sprechi, più sicurezza

Lo spreco e la sicurezza alimentare sono temi sempre attuali nella grande e piccola distribuzione.Ma il problema non è solamente una questione da affrontare a livello globale, ma anche nel quotidiano di ogni famiglia. Cerchiamo allora di stilare un piccolo vademecum su come conservare, riscaldare e consumare il cibo avanzato senza rischiare pericolose intossicazioni alimentari. Prima di tutto, vanno rispettate le accortezze igieniche di base che si tengono con il cibo fresco: pulizia delle mani, degli utensili e del piano di lavoro. Ma qui vi diamo altri consigli meno scontati per consumare gli avanzi in sicurezza:

  • Riporre in frigorifero il cibo cotto solo quando ha raggiunto la temperatura ambiente. Se la stagione non è troppo calda, può restare fuori frigo fino a quattro ore;
  • conservare i diversi alimenti coperti e il più possibile distanziati tra loro, per far circolare aria e freddo;
  • riscaldare gli avanzi in maniera omogenea, senza lasciare parti fredde: attenzione quindi a mescolarli bene se si utilizza il forno a microonde, che non scalda in maniera uniforme. Se il cibo viene ripassato in una pentola, invece, è consigliabile non aumentare la temperatura troppo rapidamente. La temperatura interna del cibo deve arrivare a 75 gradi;
  • non mescolare gli avanzi ad alimenti crudi o non lavati e separare sempre la carne dalle verdure;
  • riporre in freezer tutto quello che non viene consumato entro i tre giorni;
  • scongelare gli alimenti in frigo e non a temperatura ambiente;
  • non congelare il cibo che è stato precedentemente scongelato, a meno che questo non venga proprio cucinato (e non solo riscaldato). In questo caso è possibile, poi, congelarlo nuovamente;
  • è possibile (ma non preferibile) riscaldare più di una volta gli avanzi, ma sempre in maniera accurata.

Con queste piccole accortezze potete evitare la proliferazione dei batteri, e potete consumare gli avanzi in tranquillità, evitando così di buttare il cibo avanzato.

5 consigli per usare meno lo smartphone

Lo smartphone è uno strumento straordinario, che ci permette di fare un’infinità di cose e di essere connessi come mai prima nella storia dell’umanità.

Come tutto però, ha anche dei lati negativi: uno di questi è che crea dipendenza. Secondo una ricerca condotta in GranBretagna, il 53% di chi possiedeun cellulare manifesta stati d’ansia quando non può usarlo (acausa della batteria scarica, del credito inrosso oppure in assenzadella copertura di rete). A soffrire di questa nuova forma di psicopatologiasono per il 58% uomini e per il 42% donne.

Sei ragazzi su dieci, tra i 18 e i 29 anni, non vanno aletto senza il proprio dispositivo. Inoltre, c’è chi parla di “ringxiety” (termine che nasce dalla fusione di “ring” e “anxiety”), cioè il disturbo di cui soffre chi crede di avvertire, con grande frequenza, notifiche in realtà inesistenti provenienti dal proprio cellulare.
Insomma, la dipendenza da smartphone è un problema reale: ecco 5 consigli per combatterla.

  1. Nascondere le app più utilizzate: spesso ci troviamo ad accedere a determinate applicazioni soltanto perché ci troviamo le icone in home. Spostiamo quindi queste app nelle schermate successive o interne.
  2. Limitare i social network: questi occupano gran parte delle ore che trascorriamo al telefono. Un grande aiuto è disattivare le notifiche. Vivremo lo stesso, anche se non saremo informati immediatamente di un nuovo “like” o commento e anzi: molto probabilmente vivremo meglio.
  3. Lo sfondo: un altro trucchetto è impostare come immagine di sfondo la scritta “perché mi stai utilizzando?”. Ogni volta che prenderemo in mano lo smartphone, saremo invitati a riflettere sul perché lo stiamo facendo.
  4. Creare fasce orarie libere dal cellulare: per almeno due ore al giorno o nei momenti in cui vogliamo restare focalizzati, spegniamo il dispositivo e restiamo concentrati su ciò che abbiamo di fronte. Come descritto nel libro“Sleeping with your smartphone”, l’autrice Leslie Perlow e il suo gruppo di ricerca hanno trovato che prendersi delle pause prefissate dal proprio cellulare dava come effetti un aumento di efficienza, maggior soddisfazione sul lavoro e miglior equilibrio lavoro-vita.
  5. Nascondere il telefono! Non serve chiuderlo in un cassetto per non abusarne: quando lavoriamo è sufficiente, ad esempio, metterlo dietro il laptop in modalità silenziosa. Il solo fatto di non averlo in vista ci farà passare la voglia di consultarlo. Allo stesso tempo è bene allontanare lo smartphone dalla camera da letto: guardare uno schermo come ultima cosa prima di addormentarci non fa solo male agli occhi e al sonno, ma può renderci nervosi e ritardare il momento in cui ci addormenteremo. Quando andiamo a dormire lasciamo il cellulare (magari incarica) in un’altra stanza. Semplice ed efficace.

Spegni la luce!

Le nostre notti sono sempre più sporche di luce: è l’effetto dell’inquinamento luminoso, dovuto all’illuminazione interna ed esterna delle abitazioni, degli uffici, delle industrie, dei cartelloni pubblicitari, della strada e delle strutture sportive. 

La stragrande maggioranza di questa luce è eccessiva, inefficiente, mal indirizzata e, spesso, inutile.
E i suoi effetti sono preoccupanti

Salute

Ci siamo evoluti seguendo i cicli del giorno e della notte: la presenza massiccia di luce durante le ore notturne intacca il nostro naturale ritmo biologico. Il rischio più evidente è la riduzione della produzione di melatonina, che causa disturbi del sonno. Inoltre, gli studi dimostrano che l’illuminazione notturna ha una serie di effetti collaterali negativi per la salute, tra i quali l’aumento del rischio di depressione, obesità e diabete. 

Ecosistema

Come noi, anche il resto delle forme di vita sulla terra hanno un proprio orologio circadiano, codificato nel DNA. Per gli animali, se la notte diventa giorno si scombina l’equilibrio tra predatori e prede, dei rituali di accoppiamento e di migrazione, solo per dirne alcuni.
Le tartarughe marine, ad esempio, vengono spesso distratte dalla luce alla nascita, quando l’uovo si schiude, e restano esposte ai predatori; molti insetti ne sono attratti al punto da compromettere processi di alimentazione e impollinazione, con effetti negativi a salita su tutta la catena alimentare. 

Spreco di energia e di denaro

L’International Dark Sky Association calcola che ogni anno, soltanto negli Stati Uniti, si sprecano 3,3 miliardi di dollari in illuminazione esterna inutile. Si tratta del 30% del totale delle luci artificiali notturne, che hanno un impatto di 21 milioni di tonnellate di CO2: per sopperire al danno ambientale, dovremmo piantare 875 milioni di alberi all’anno. 

La situazione in Italia è particolarmente disastrosa: abbiamo il primato del cielo più inquinato tra tutti i paesi industrializzati. Per contrastare il fenomeno ci sono iniziative come M’illumino di meno, volte alla sensibilizzazione sull’argomento, e da qualche anno l’Alto Adige sta cercando di ottenere il riconoscimento dell’IDA per dichiarare l’Altopiano di Asiago un Dark Sky Park. Si tratta di un titolo che certifica la “pulizia” del cielo della zona, che permette una visuale mozzafiato sulle stelle: un’attestazione che possono vantare soltanto una trentina di località in tutto il mondo: al momento nessuna in Italia. 

Prevenire l’osteoporosi: 5 accortezze

Anche se le immaginiamo come tessuti inerti, in realtà le cellule delle ossa sono ben vascolarizzate e scambiano continuamente nutrimento e scarti con l’esterno. Tra questi c’è il calcio, la cui carenza provoca l’osteoporosi, condizione che comporta una grave fragilità dell’osso.

Le categorie più a rischio sono gli anziani, chi soffre di disturbi alimentari e le donne in menopausa o in amenorrea prolungata, per via del ruolo degli ormoni nella deposizione del calcio.

La prima cosa che possiamo fare è assicurarci un apporto adeguato di questo nutriente con l’alimentazione, facendo però attenzione a non esagerare con i latticini. Valide fonti di questo prezioso minerale sono frutti di mare, polpo, calamari, alici e molluschi, la frutta secca, i legumi e il tofu. 

Ci sono poi delle accortezze che dovremmo adottare per evitare di perdere quello che assumiamo.

1- Occhio al fosforo 

Il fosforo è importante per il nostro organismo, ma un suo eccesso contrasta l’assorbimento del calcio a livello intestinale. Non solo: quando è nel sangue sotto forma di acido fosforico abbassa il pH e l’organismo utilizza il calcio per tamponarne l’acidità, sottraendolo alle ossa se carente. Infine, il fosforo stimola la diuresi, che porta quindi ad espellere più calcio con le urine

2- Attenzione al sale 

Anche un eccesso di sodio è nemico delle ossa: la molecola, infatti, compete con quella del calcio nel riassorbimento a livello renale. Significa che, quando il sangue passa attraverso il minuzioso sistema di filtraggio dei reni, aumenta le probabilità che il calcio non venga reimmesso nella circolazione e sia quindi espulso.

3- Non esagerare con le proteine animali

Le proteine in eccesso producono ioni fosfato e solfato quando vengono digerite: questi acidificano il sangue e attivano i sistemi tampone, come al punto 1. 

4- Vacci piano con il caffè

Ogni tazzina di caffè ci porta ad espellere circa 6mg di calcio. Non è molto, se consideriamo che il nostro fabbisogno va dagli 800 ai 1500 mg, ma in una dieta già carente può fare la differenza. 

5- Fai esercizio

L’attività fisica anaerobica, come l’allenamento con i pesi, ha due effetti protettivi contro la fragilità delle ossa: da una parte aumenta il deposito di calcio, dall’altra rinforza i muscoli che fungono da protezione dagli impatti. Naturalmente è importante procedere per gradi, con l’aiuto di un personal trainer qualificato. 

L’osteoporosi è irreversibile: per questo è fondamentale prevenirla e curarla quando è ancora allo stadio precedente di osteopenia. Se temi di essere a rischio rivolgiti al tuo medico: con dei semplici esami del sangue potrà valutare la calcemia e, se necessario, optare per ulteriori accertamenti e prescrivere un trattamento adeguato

La vitamina D è cruciale per l’assorbimento del calcio: in questo periodo in cui chi non ha il giardino difficilmente può esporsi al sole, l’assunzione mediante l’alimentazione è ancora più importante. La trovi nel pesce, nel fegato e nel tuorlo d’uovo.

Edifici amici dell’ambiente: la bioedilizia

Un saggio investimento per tutti gli esseri viventi della Terra: questo è quello che la bioedilizia è e continuerà ad essere.

Ognuno di noi è, in piccola o in larga parte, responsabile della prevenzione e della conservazione del nostro pianeta. Lo sanno bene gli amministratori delle grandi case automobilistiche, delle aziende che gestiscono l’energia. Da qualche anno hanno dimostrato tale consapevolezza anche i professionisti del settore edile. Cosa stanno facendo per aiutare l’ambiente?

La bioedilizia

Un tuffo nel passato: un tempo si costruivano case di paglia, di legno, di argilla, di ciò che si trovava a km0 e che avesse la resistenza adatta a fungere da abitazione.Più avanti si è passati ai mattoni e nel frattempo le tecniche di costruzione continuavano a svilupparsi. Con la rivoluzione industriale tutto ha preso una nuova forma: siamo diventati sempre più nemici dell’ambiente.

La bioedilizia è un modo per fare pace con il nostro pianeta, semplicemente perché si torna al passato in termini di materiali, ma si va verso il futuro in termini di sostenibilità.

L’EPA (Agenzia per la protezione ambientale statunitense) definisce la bioedilizia come “la pratica di creare strutture con processi che sono ecologicamente responsabili ed efficienti per tutto il ciclo di vita dell’edificio: scelta del sito, progettazione, costruzione, gestione, manutenzione, ristrutturazione e decostruzione”.

Scegliere dove costruire è importante perché vuol dire tenere conto di tutto ciò che abita quel terreno: piante, animali, corsi d’acqua ecc.La seconda scelta riguarda i materiali di costruzione, che vedremo a breve. Una corretta gestione va a braccetto con una semplice ed economica manutenzione: scegliere sistemi di areazione, riscaldamento, illuminazione a basso consumo e impatto ambientale non solo fa risparmiare, ma garantisce maggiore sicurezza e quindi minore manutenzione.

La demolizione di un edificio costruito tramite tali scelte consapevoli perde la sua natura: i materiali distrutti andranno a strutturare interamente una nuova abitazione o un nuovo ufficio.

Quali materiali

Il legno è il leader dei materiali sostenibili della bioedilizia. È un ottimoisolante termico e non richiede un grande dispendio di energia nella sua fase di produzione, è rinnovabile e riciclabile. Ne risulta un materiale ecologico al 100%, requisito fondamentale per la bioedilizia. Il legno può essere utilizzato per gran parte dell’edificio, dalla struttura al tetto, ma anche per le finestre e i serramenti, rendendole ulteriormente isolanti.

Per i mobili si possono scegliere materiali come il bambù o il cartone. Per i tessuti si possono prediligere quelli 100% naturali, come illinoo ilcotone grezzo. La produzione di questi elementi di arredo è volta a ridurre l’uso di sostanze artificiali e pericolose per la nostra salute, per vivere in armonia con la natura. Un materiale ecosostenibile che potrebbe essere utilizzato in modo sicuro e che ha un elevato potere isolante è certamente la lana che ha, tra le molte qualità, soprattutto la capacità di assorbire le sostanze inquinanti dell’aria e può essere facilmente riciclabile. Anche la paglia può essere aggiunta per la realizzazione di pannelli isolanti, così come la cellulosa. Tra i materiali più ecosostenibili vi sono i biomattoni, composti da canapa e calce e che consentono di isolare l’ambiente dai rumori, dalle basse e alte temperature. Per quanto riguarda i sistemi di climatizzazione esistono delle perfette alternative ai classici termosifoni che bruciano gasolio e metano, tipo le caldaie a condensazione, che sfruttano il vapore acqueo presente nei fumi e riducono le emissioni di ossido di carbonio.

Per massimizzare il riscaldamento naturale bisogna orientare gli edifici verso sud, per catturare quanta più luce possibile. Con l’utilizzo di materiali naturali isolanti (legno, sughero, lana, cellulosa) c’è sempre meno bisogno di utilizzare energia per riscaldamento e raffrescamento: gli edifici in bioedilizia sfruttano comunque fonti di energia rinnovabile, perciò si può dire addio agli sprechi e all’impatto ambientale.

Un esempio virtuoso e particolarmente innovativo è il progetto WASP.

Quale risparmio

La bioedilizia è quello che gli inglesi chiamano una situazione win-win: ci sono dei vantaggi per l’ambiente, ma anche dei vantaggi economici per chi sceglie di costruire in maniera sostenibile. Si calcola che il risparmio energetico di unacasa energeticamente efficienteper anno si aggiri intorno al 40%.Esempio lampante di risparmio è ancora il legno: per la produzione di 1 mc di componenti lignei pronti per il montaggio occorrono 8/30 kilowattora(Kwh), per il cemento 150/200 Kwh, per gli elementi in acciaio 500/600 Kwh, per l’alluminio 700/800 Kwh.

Oltre a un superiore isolamento termico, i materiali naturali garantiscono maggiore isolamento acustico e isolamento contro l’umidità.Il risparmio investe anche i tempi di realizzazione: per costruire una casa in muratura occorrono circa due anni, per costruire una casa in bioedilizia, sempre a partire dal rilascio della concessione edilizia, a parità di dimensione (es. 100 mq), occorrono due settimane per arrivare al montaggio fino al tetto e due mesi per finirla internamente chiavi in mano.Per una casa in muratura occorreranno perciò più costi e più ore di lavoro degli operai e per i successivi interventi degli impiantisti.

Le opportunità che ci offre l’architettura sostenibile fanno risparmiare anche noi: gli impianti a pannelli solari e i condotti sotterranei per la ventilazione hanno un costo di mantenimento bassissimo, ci permettono di ridurre del 50% la spesa energetica e abbattono la produzione di CO2.

In linea generale sono queste le caratteristiche e i vantaggi che derivano dalla bioedilizia. Ogni azienda ha poi i proprio metodi e predilige alcuni materiali rispetto ad altri.Certo è che, chi ha intenzione di costruire una nuova casa o ristrutturare la propria dovrebbe tenere in considerazione la sostenibilità ambientale. I governi nazionali e internazionali hanno comunque fissato delle regole, a breve e a lungo termine, che faranno virare necessariamente il settore edilizio verso un’economia green.

Bene, ma chi ha già una casa e non può investire in interventi drastici cosa può fare? Scoprilo leggendo questo articolo!

Sostituire lo zucchero

Quando si parla di zuccheri si cade spesso in equivoci, specialmente in merito al tanto demonizzato zucchero bianco. Negli ultimi vent’anni, infatti, le diete fai-da-te sono passate dall’accusare i grassi di tutti i mali del mondo all’incriminare gli zuccheri. Dove sta la verità?

Ci siamo basati sulle linee guida del Ministero della Salute per affrontare qualche affermazione problematica e tirare un po’ di somme. 

1. Lo zucchero bianco contiene pericolosi residui di lavorazione

Lo zucchero di barbabietola, per essere bianco, viene separato dal melasso tramite centrifugazione e poi trattato con anidride solforosa o calce. Questi processi sono sicuri e, per essere messo in commercio, lo zucchero deve presentare una quantità di residui molto bassa, ben al di sotto della soglia di sicurezza. Non c’è quindi alcun motivo di preoccuparsi. 

2. Lo zucchero dà dipendenza

Quando mangiamo un alimento dolce il nostro cervello attiva il meccanismo della gratificazione, lo stesso che ci porta a ripetere un determinato comportamento. Questo perché la dolcezza è sinonimo di densità calorica e il nostro cervello, plasmato da migliaia di anni di fame e carestia, lo considera un ottimo criterio di scelta. 

Secondo le linee guida, l’eccessivo consumo di zucchero non è da attribuirsi a una dipendenza, ma ad un “comportamento compulsivo che può essere corretto con strategie di educazione alimentare“. 

Può però capitare che la ricerca di gratificazione attraverso i dolci e il cibo in generale diventi un problema per la salute fisica e mentale. 

Se sospetti di soffrire di un disturbo del comportamento alimentare o temi che una persona a te vicina ne sia affetta, rivolgiti sempre a uno psicoterapeuta o a un centro qualificato

3. Lo zucchero di canna è ipocalorico

Lo zucchero di canna e quello di barbabietola derivano da fonti diverse, ma si tratta sempre di saccarosio. Nello zucchero di canna, data la presenza di una percentuale di melasso, la densità calorica è leggermente minore, ma parliamo di una differenza irrilevante. La scelta dell’uno o dell’altro, quindi, si baserà sulle preferenze di gusto ma non sull’apporto calorico né sull’indice glicemico, che rimangono elevati. 

4. Il miele è ipocalorico

Il miele ha una densità calorica leggermente minore dello zucchero perché contiene circa il 18% di acqua. Per il resto, dal punto di vista nutritivo, cambia poco: per poter beneficiare dei minerali in esso contenuti dovremmo mangiarne molto, ma trattandosi di un alimento zuccherino è molto meglio evitare e assimilare i preziosi micronutrienti dagli altri alimenti della nostra dieta. Anche in questo caso, quindi, la scelta del miele sarà determinata dalle preferenze di gusto: procurati la varietà che ti piace di più (ce ne sono tantissime, tutte deliziose) e usalo… Con parsimonia! 

5. Gli edulcoranti fanno dimagrire

I sostituti dello zucchero, pensati in origine per pazienti diabetici, sono diventati sempre più popolari e sono utilizzati anche dall’industria dolciaria. Rispettandone le dosi consigliate non sono pericolosi per la salute (salvo condizioni particolari come il favismo), ma il loro utilizzo, da solo, non è di particolare aiuto per il dimagrimento

Quando mangiamo un prodotto senza zucchero siamo spesso portati a compensare mangiandone di più perché “tanto è light”. Lo zucchero, però, costituisce una parte trascurabile dell’apporto calorico di un dolce, del quale rimarranno la farina e i grassi. Non bisogna quindi dimenticare la regola numero 1: i dolci, zuccherati o meno, vanno consumati con moderazione, meglio ancora se occasionalmente. 

Tiriamo le somme

Come abbiamo già detto sopra, i medici e nutrizionisti raccomandano di limitare i dolci al consumo moderato e occasionale, a prescindere dal dolcificante utilizzato. 

Questo perché in una dieta ideale, completa e bilanciata, non c’è “spazio” per i dolci. Una volta assunte le nostre fonti proteiche vegetali o animali, le cinque porzioni di frutta e verdura, la nostra porzione di cereali integrali e quella di legumi, il nostro fabbisogno di nutrienti dovrebbe essere coperto.

I dolci sono un qualcosa “in più” che, se vogliamo mantenere il bilancio energetico neutro o addirittura in negativo, andranno a sostituire qualcos’altro. Non c’è problema se questo accade di tanto in tanto, ma quando diventa la prassi richiamo di perderci qualcosa di importante o di guadagnare peso in eccesso. 

Che tu preferisca lo zucchero di canna, il miele, lo zucchero bianco o lo xilitolo non ha importanza: usali con parsimonia e andrà tutto bene!

Stabilizzanti naturali

Voglia di un fresco dessert? Usando gli stabilizzanti naturali, farlo sarà un gioco da ragazzi! Queste sostanze sono infatti utili a migliorare le caratteristiche fisiche di un prodotto commestibile, conferendogli una consistenza più densa e cremosa (come avviene per i gelati), ma anche la capacità di conservarsi nel tempo.

In Italia l’uso degli additivi alimentari viene disciplinato dal Ministero della Sanità in allineamento alle direttive dettate dalla Comunità Europea. Il controllo sulla sicurezza degli additivi alimentari in Europa è gestito dal Comitato Scientifico dell’Alimentazione Umana della Commissione Europea, in collaborazione con organismi internazionali quali la FAO (Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).

Gli additivi alimentari vengono suddivisi in base alla loro origine. Si definiscono infatti “naturali” gli additivi derivanti da estratti vegetali, animali e minerali, ma anche quelli di sintesi chimica di sostanze presenti in natura. Questi additivi sono molto usati in cucina per via delle loro proprietà addensanti, in grado di migliorare la consistenza di un dato prodotto, dolciario o meno. Ecco quali sono i più utilizzati:

Gomma di Xantano

Identificabile tramite la sigla E415, lo xantano viene usato in tantissime ricette e preparazioni. Quando si nomina questa gomma, si intende un composto dato dalla fermentazione dell’amido di mais. Trova largo uso nella panificazione senza glutine per dare consistenza ed elasticità all’impasto. La sua particolarità consiste nel poter essere usato sia a caldo, sia a freddo, incorporandolo direttamente al composto. Lo xantano viene solitamente utilizzato per realizzare crememousse e sorbetti, ma anche per stabilizzare gli albumi nelle meringhe. Le quantità da adoperare variano in base alla ricetta. Se si vuole usare lo xantano per dare più elasticità a un impasto, si potranno utilizzare 5-6 grammi di prodotto per 250 grammi di farina. Si raccomanda sempre di non eccedere: trattandosi di un polisaccaride che fatica a essere digerito dall’organismo, lo xantano andrà assunto con particolare parsimonia per evitare disturbi intestinali.

Gomma di Guar

Questo addensante naturale (siglato E412) è ottenuto dalla macinazione dei semi di una leguminosa originaria dell’Asia (Cyamopsis Tetragonolus L.) ma coltivata oggi in quasi tutto il mondo. Similmente allo xantano, il guar trova impiego in cucina per la preparazione di impasti, dolci come gelati, yogurt o budini. Può però anche essere usata dall’industria cosmetica per la produzione di prodotti per la cura della pelle, grazie alle sue naturali proprietà emollienti.

Farina di Semi di Carrube

Additivo alimentare (E410) ottenuto tramite la polverizzazione dei semi di carrube, questa “farina” facilita la lavorazione di gelati, oppure alimenti quali formaggi cremosi, salse e altri condimenti. È utilizzata quale addensante per via della pectina contenuta nei semi. Per utilizzare la farina di carrube quale stabilizzante nelle proprie preparazioni, bisognerà renderla solubile portando il composto in questione a una temperatura di almeno 80°per massimo 3 minuti.

Questo particolare additivo viene prodotto in grandi quantità in Sicilia (specie nella provincia di Ragusa), dove le piante di carrubo trovano il clima ideale per poter crescere.

La spesa senza glutine

Intolleranti, allergici e sensibili: quant’è difficile scegliere i prodotti per la propria spesa? Con la diffusione dei primi prodotti lavorati senza glutine, tutti gli alimenti che sono naturalmente privi di questo composto proteico sembrano essere passati in secondo piano.

Ma oggi riconsideriamo le nostre scelte fra le corsie del supermercato, dando un’occhiata a tutto ciò che deve prevedere una spesa senza glutine con tutti i crismi!

Riso

Riso, il carboidrato per eccellenza nelle diete prive di glutine. Il riso è disponibile in tantissime varietà, a seconda dei piatti che si vogliono preparare. È uno dei carboidrati più ricchi di amido ma dall’alto potere saziante se sottoposto a cottura. Il riso infatti può essere usato in ogni stagione per piatti leggeri – come insalate fredde – o più consistenti ed elaborati, come i risotti.

Legumi

Ricchi di nutrienti quali sali mineralivitamineproteine e carboidrati, sono dei validi alleati nell’alimentazione gluten-free. L’utilizzo dei legumi sotto forma di farina (come quella di ceci, di lenticchie o di soia) può essere utile per arricchire dal punto di vista nutritivo, e stabilizzare gli impasti privi di glutine. Ti sei mai cimentato nella preparazione della farinata? Oppure preferisci assaporare i legumi in una più tradizionale zuppa?

Proteine animali

Carne, pesce, latte e uova: le proteine animali forniscono tutti gli aminoacidi essenziali e hanno un’alta biodisponibilità. Occhio però a non abusarne: accompagna sempre la tua porzione di proteine con delle verdure e dei carboidrati come riso o altri cereali, naturalmente senza glutine. Sperimenta con gli abbinamenti a seconda che tu abbia voglia di carne, pesce o sia vegetariano. Prediligi i piatti che includano sempre tutti i macronutrienti, per appagare tanto lo stomaco quanto la vista. Sapevi che anche un’insalata può diventare un ricco piatto unico? Basta accompagnarla con del pane gluten-free! 

Frutta e verdura

Frutta e verdura: una serie di alimenti naturalmente privi di glutine che non possono certo mancare nel tuo carrello. Ricorri a ortaggi e frutta di stagione per arricchire la tua alimentazione. Si parla di alimenti dall’alto potere saziante, ricchi di vitamine e sali minerali. La frutta è perfetta sia come spuntino, sia a colazione, in abbinamento o meno a dei cereali certificati o una fetta di pane al mais appena sfornato.

Battito animale

Mentre Raf cantava la sua hit “Battito animale”, pensava solo ed esclusivamente a quello umano? Certo è che alcune creature hanno un battito più veloce del nostro; altre invece lo hanno molto, molto più lento. Scopri in questo articolo a cosa è funzionale un battito rallentato o viceversa nel regno animale!

Iniziamo dall’animale col battito cardiaco più lento di tutti, la tartaruga. Probabilmente non ci saremmo aspettati niente di diverso, a giudicare dal suo passo tutt’altro che svelto. Il cuore della tartaruga pulsa circa 6 volte al minuto, ben un quindicesimo di quello umano che compie dalle 60 alle 100 pulsazioni. Il battito cardiaco estremamente lento sembra sia legato alla sorprendente longevità delle tartarughe, in grado di superare i 100 anni di età. Che sia questo il segreto per vivere più a lungo? Come dimostra uno studio italiano sugli infarti sembra proprio di sì. Meno battiti comportano un minore lavoro per il cuore e un minor consumo di ossigeno da parte del muscolo cardiaco che, nell’uomo, mette giornalmente in circolazione 8 mila litri di sangue attraverso una fitta rete di arterie, vene e capillari.

Ma torniamo ai nostri animali. Al secondo posto ci sono gli elefanti con 30 battiti al minuto e un cuore di dimensioni imponenti, come la loro stazza: pesa tra i 12 e 21 chili e può raggiungere delle dimensioni comprese tra i 50 e 70 centimetri. La loro aspettativa di vita è di circa 70 anni, un periodo nel quale l’elefante può vivere tantissime esperienze di cui far tesoro grazie alla sua sensazionale memoria.

Il battito dei nostri cani varia in base all’attività che svolgono: un cane da caccia avrà un cuore più allenato e capace di pulsare 45-50 volte al minuto per limitare la fatica. Un po’ come farebbe un maratoneta o un ciclista! Di norma, però, la loro frequenza cardiaca si aggira intorno ai 90 battiti al minuto. Più alta quella dei mici, con 120-150 pulsazioni.

Eppure la frequenza cardiaca non varia solo in base alla stazza, ma anche alle condizioni ambientali. Negli animali a sangue freddo come le rane cambia in rapporto alla temperatura esterna. Il cuore dell’anfibio compie 11 pulsazioni al minuto quando la temperatura è di 5°, ma se supera i 30° ecco che i battiti diventano 35.

E quelli dal battito più veloce di tutti? Sul podio troviamo criceti e colibrì. Il cuore dei piccoli e simpatici roditori pulsa ben 250 al minuto, mentre l’uccello guadagna il titolo di animale dal battito più accelerato del regno con i suoi 600 battiti. Oltre a una frequenza cardiaca da record, il colibrì ha un battito alare elevatissimo, che va dai circa 70-80 battiti per secondo delle specie più piccole ai 10-15 battiti per secondo del colibrì gigante, originario del Sudamerica e lungo 10 centimetri in più dei suoi simili.

Cos’è il pane speciale?

Per fare il pane bastano acquafarina e lievito. Sì, giusto, anche il sale, nonostante nell’antichità questo fosse più un conservante che un insaporitore. Col passare dei secoli e il mutare delle abitudini alimentari della popolazione, il pane si è andato via via trasformando, includendo fra gli ingredienti base altri tipi di farina (avena, mais, segale), latte e derivati, oppure elementi come frutta secca e semi. Questi panificati rientrano nella categoria del “Pane speciale”, ossia quello realizzato con altri ingredienti oltre ai tre previsti per la realizzazione del pane comune. Ma andiamo per ordine e cerchiamo di osservare da vicino ogni tipologia.

Pane ai semi

Di girasole, lino, canapa, zucca o chia, i semi vengono solitamente aggiunti all’impasto per arricchirlo di nutrienti. Sono infatti ricchi di grassi mono e polinsaturi (gli stessi contenuti nell’olio d’oliva), utili a ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue e nella prevenzione contro i disturbi cardiovascolari.

Pane al latte

Di solito disponibile in formato mini o mignon, questo tipo di pane è particolarmente morbido, con una crosta liscia e sottile. Il latte prende il posto dell’acqua per dare sofficità al prodotto finale. Il gusto delicato del latte può essere inoltre esaltato da ingredienti come burro e zucchero, i quali andranno però a incidere sulle caratteristiche nutrizionali del pane.

Pane all’olio

A differenziarlo dal pane al latte saranno la croccantezza della crosta e la mollica, sempre morbida ma molto alveolata. L’olio extravergine d’oliva viene aggiunto dopo una prima fase di lievitazione, in modo da non aggiungere altro lievito e non compromettere la crescita dell’impasto. Come detto per quelli ai semi e al latte, anche il valore energetico del pane all’olio sarà più elevato: un panino all’olio di circa 50 grammi apporta circa 150 kcal (derivanti principalmente da carboidrati e grassi), mentre un panino comune dello stesso peso ne apporta circa 130.

Pane alla frutta 

Quella usata per questo pane è frutta disidratata o secca, perfetta per amalgamarsi al resto degli ingredienti e rimanere intrappolata negli alveoli della mollica. I due tipi di frutta possono essere usati insieme per realizzare un pane dal sapore originale e dalla consistenza peculiare. Noci e fichi secchi sono gli ingredienti principali di un pane tipico del periodo natalizio, spesso proposto come antipasto. Ricco di proteine e grassi insaturi, ciò non toglie che questo pane possa essere consumato anche a colazione o a merenda.

Pane alle olive

Olive verdi e nere diventano protagoniste di un pane morbido e saporito. Disponibile come filone o pagnotta, questo è fra i panificati speciali più conosciuti. La sua origine è prettamente mediterranea, visto il clima di cui necessita l’ulivo per crescere e fruttificare;  ma la sua produzione è ormai diffusa in tutto il mondo, dando modo a chiunque di assaggiare un prodotto caratteristico, dal sapore autentico e rustico.