Dal chicco alla farina

Se anche tu ti sei approcciato alla panificazione negli scorsi mesi, potresti avere alcune domande: cos'è una farina forte? Come nasce la farina integrale? In questo articolo troverai delle risposte.

Dal chicco alla farina

Dalla spiga alla rosetta, il grano subisce dei passaggi che pochi conoscono bene. Coma facciamo a trasformare un chicco in farina bianca?

Il chicco è formato da tre parti: la mandorla farinosa centrale, che contiene gli amidi e il glutine che comporranno la nostra farina, i tegumenti esterni, che apportano fibre, e il germe, parte embrionale della pianta.

Macinatura

La macinatura è il passaggio che separa l’amido dalla cariosside, cioè l’involucro del chicco. Dal grano duro otterremo le semole, dal grano tenero le farine con diverso grado di raffinazione, dalla integrale (non raffinata) alla 00 (la più raffinata).

Il processo prevede tre fasi:

Pulitura

Allontana il materiale estraneo attraverso aspirazione delle impurità di natura minerale o vegetale, spesso presenti nel raccolto. Un sistema di ventilazione spazza via le paglie e i residui più leggeri, mentre uno di calibrazione separa i grani grossi dai semi più piccoli. La superficie del chicco viene poi pulita con delle spazzole.

Condizionamento

Per facilitare la macinazione e il distacco dei tegumenti esterni, il grano viene ammorbidito con l’acqua per un periodo che va da 12 a 48 ore. La durata dipenderà dal livello di umidità iniziale e dal grado di friabilità della mandorla farinosa.

Macinazione

Il chicco viene frantumato passando attraverso una o più coppie di cilindri rotanti: di passaggio in passaggio, il chicco si “sveste” della cariosside esterna, liberando l’amido centrale. Nel caso delle farine integrali, i frammenti di crusca vengono lasciati insieme all’amido. Nel caso delle farine raffinate, invece, il prodotto viene setacciato dopo ogni passaggio per eliminare i frammenti di tegumento.

Abburattamento

L’abburattamento è la percentuale di farina estratta dal chicco: nel caso di una farina integrale sarà al 100%, perché nulla è stato scartato. In una farina 00 sarà di circa il 50%.

La legge italiana classifica le farine in base alle ceneri residue dalla loro combustione: dal momento che gli zuccheri bruciano e i minerali contenuti nella crusca rimangono come residui, bruciando la farina possiamo determinarne la percentuale di fibre e il grado di raffinazione.

Gli anni del boom economico hanno visto un forte aumento del consumo di farina raffinata, ritenuta più “nobile”. Oggi sappiamo che l’eliminazione delle fibre ha numerosi svantaggi, come la perdita di preziosi minerali e un annalzamento dell’indice glicemico. I nutrizionisti raccomandano di alternare i profotti a base di farina bianca con quelli integrali, altrettanto gustosi e più sazianti.

Farina forte, farina debole

Spesso nell’ambito della panificazione si parla di “forza” della farina: ci si riferisce alla sua capacità di trattenere l’anidride carbonica prodotta con la fermentazione. Più un prodotto richiede una lievitazione lunga, più la farina deve essere forte per non sgonfiarsi. Per orientarci possiamo leggere i valori nutrizionali: più proteine ci saranno, più sarà forte la farina. Il glutine, infatti, forma nell’impasto una struttura che trattiene le bolle a lungo.