La birra in tre ricette

Frittura

Aggiunta alla pastella, renderà l’impanatura più leggera e croccante. L’effetto è simile a quello dell’acqua gassata, ma con una nota amarognola e aromatica in più.

Preparala con:

  • 100g di farina 00
  • 1 cucchiaio di olio evo
  • 140ml di birra chiara freddissima
  • 2 cucchiaini di succo di limone

Marinatura

La marinatura è un processo che “spezza” le proteine della carne rendendola più morbida e succosa. Funziona grazie ad un acido come l’aceto o il limone, al quale si possono aggiungere spezie e aromi per farli penetrare in profondità negli alimenti. Prova questa marinatura alla birra per arricchire la tua carne con i sapori della tua birra preferita. 

  • 1 foglia di alloro
  • 1 rametto di rosmarino
  • succo di 1/2 limone
  • 5 cucchiai di olio evo
  • 1 cipolla
  • 500 ml di birra
  • sale e pepe q.b

Mescola nel mixer gli ingredienti solidi e il succo di limone, quindi aggiungi la birra e immergi nel composto la carne, dopo avervi praticato delle piccole incisioni con il coltello. Lascia in ammollo per 6 ore prima di procedere con la cottura. 

Birramisù

Curiosa variante del Tiramisù nella quale la bagna al caffè viene sostituita con la birra. Un esperimento da provare se non ci sono bambini a cena! 

Salute in fermento

I batteri non sono tutti uguali, ormai lo sappiamo: ci sono quelli nocivi, che il nostro corpo cerca di sconfiggere, e quelli che invece aiutano il nostro corpo a funzionare meglio.

I batteri intestinali secernono enzimi digestivi che ci aiutano ad assimilare alcuni nutrienti fondamentali. Alcuni sintetizzano vitamine come la K e alcune del gruppo B, salvandoci da possibili carenze (a cui dobbiamo comunque stare attenti!).

In più, una buona popolazione di batteri tiene lontane le specie meno benefiche, scongiurando il rischio di essere attaccati dai patogeni inevitabilmente presenti in quello che mangiamo ogni giorno.

Ecco 5 alimenti con cui puoi mantenere il tuo microbiota sano e ben popolato!

Avena

L’avena è ricca di beta-glucani, una fibra che promuove la selezione dei batteri benefici.

Ceci

legumi sono ricchi di fibra solubile, che si presta ad essere fermentata dai batteri intestinali. In più contengono oligosaccaridi molto graditi ai batteri intestinali buoni.

Broccoli

Come i legumi e tutte le varietà di cavolo, i broccoli contengono molti oligosaccaridi dall’effetto prebiotico. Entrambi gli alimenti possono dare disturbi intestinali a chi non è abituato a consumarli con regolaritò: in questi casi ti consigliamo di introdurli gradualmente, per non rinunciare a tutti i loro preziosi nutrienti.

Yogurt

Lo yogurt è latte fermentato da due fermenti, il Lactobacillus Bulgaricuse loStreptococcus Termophilus, che rendono le proteine, il calcio e il fosforo ancora più assimilabili. L’acidità dello yogurt aiuta a ristabilire l’equilibrio nella flora batterica presente.

Kefir

È sempre a base di latte fermentato, ma da parte di una varietà più ampia di batteri, che producono vitamine del gruppo B, vitamina PP, vitamina K e pro-vitamina A.

Pan focaccia

Non si sa bene cosa abbiano a che fare i panificati con torti e angherie; ma il famoso detto “rendere pan per focaccia” – ossia rispondere a un’offesa con un’altra – ci mostra quanto questi due lievitati siano legati tra loro. A tal punto da fondersi in un’originale preparazione: il pan focaccia. Scopriamone l’origine!

Il pane è un elemento essenziale dell’alimentazione dell’uomo. Varieranno gli ingredienti e il metodo di preparazione a seconda del luogo nel quale ci si trova, ma il pane è presente sulle nostre tavole sin dal Paleolitico. La focaccia invece ha origini poco più recenti. Presso gli antichi Romani veniva chiamata libum, un lievitato a base di farina, uova e formaggio che veniva offerta in dono agli dei durante le festività o i sacrifici. Anche nel Rinascimento la focaccia continua a esser vista come un cibo “da ricorrenza”, servito durante i banchetti nuziali ai commensali insieme al vino. Pur essendo originariamente privo di lievito, era un prodotto che manteneva intatti gusto e consistenza per giorni, così che viaggiatori e pescatori potessero mangiarlo anche lontano da casa.

La focaccia è un lievitato particolarmente diffuso e amato in Italia. La regione con la tradizione più antica è la Liguria, grazie alle sue numerose tipologie di focaccia rinomate ormai in tutto il mondo. Già nel ‘500 a Genova la focaccia all’olio veniva consumata in famiglia e in chiesa, in occasione di matrimoni e persino funerali. Si racconta che, preoccupato per il radicarsi di questa mangereccia abitudine, un vescovo del tempo arrivò a proibire il consumo di questo prelibato lievitato durante le funzioni funebri.

Il pan focaccia è un prodotto a metà strada fra il pane e la focaccia, la cui ricetta è frutto di una fusione delle due preparazioni. Il risultato finale sarà fragrante come il pane e soffice come una focaccia, grazie all’olio usato sia nell’impasto che come condimento.

Per prima cosa porre la farina all’interno di una ciotola, creare una fontana e versare il lievito disciolto in acqua, l’olio e il sale. Impastare energicamente con le mani fino a ottenere una massa liscia e compatta. Lasciare lievitare in un luogo caldo per almeno 1 ora, fino a che l’impasto non raddoppierà. A questo punto trasferirlo su una teglia rotonda o rettangolare, e stenderlo con le mani premendo i polpastrelli sulla superficie. Lasciare lievitare altri 30 minuti dopodiché versare sopra un mix di olio, acqua e poco sale. Cuocere in forno caldo a 230° C in modalità ventilata per circa 20 minuti.

Il pan focaccia si mantiene morbido e umido, ideale per essere mangiato tiepido insieme a salumi e formaggi. Si potrà gustare anche a colazione, accompagnandola a una composta di frutta.

Birra contro IPA

Occhi chiusi, posa rilassata, e testa leggermente reclinata all’indietro. Un tappo a corona salta e una birra fresca festeggia la libertà con un sibilo acuto, che si sovrappone allo sfrigolare delle braciole sul barbecue.
Non esiste coppia migliore di una grigliata e una buona birra per brindare alle ultime giornate calde.

Una scottante verità

Purtroppo, lo sappiamo, per quanto gradevole e gustosa, la carne alla griglia non è il massimo per la salute; non è tanto una questione di linea, quanto un problema legato al metodo di preparazione. Quelle belle goccioline di grasso che colano dalla costoletta, quando scoppiettano sulla brace, vanno incontro a un fenomeno di combustione incompleta, che trasforma i trigliceridi e il colesterolo in IPA. No, non la birra IPA (sarebbe bellissimo se fosse così), ma gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, molecole con un potenziale effetto cancerogeno.

Questi IPA in realtà si trovano un po’ ovunque: vengono prodotti dal motore a benzina, dalle sigarette, dalle stufe a carbone e a legna e persino dai vulcani. Essendo volatili e liposolubili, riescono a penetrare nel nostro corpo attraverso il naso, la bocca e la pelle.

Ma torniamo alla nostra grigliata: questi idrocarburi nascono dai succhi della carne quando toccano la superficie incandescente, ma da lì risalgono svolazzando e si depositano sul nostro cibo, ma anche su di noi. Che fare?

La prima cosa che ti consigliamo è si stare lontano dal fumo; se poi sei l’eroe della giornata e il tuo compito è proprio cucinare, la cosa migliore sarebbe lavarti e cambiarti i vestiti non appena hai finito.

La seconda è una buona notizia e riguarda la birra, inseparabile compagna e salvatrice dei grigliatori di tutto il mondo: una marinatura a base di birra, oltre a rendere la carne tenera e deliziosa, è in grado di contrastare la formazione degli IPA!

Che birra usare?

Sarebbe molto comico se la birra migliore contro gli IPA fosse proprio la IPA, ma non è così. 
Sembra invece che la più consigliata sia quella scura, per lo meno stando alle conclusioni di un articolo pubblicato nel 2014 dall’Università di PortoEffect of Beer Marinades on Formation of Polycyclic Aromatic Hydrocarbons in Charcoal-Grilled Pork (“Effetti delle marinature a base di birra sulla formazione di IPA nella carne di maiale alla brace”).

Lo studio

Il team di ricercatori ha selezionato tre birre diverse: una Pilsner, una Pilsner analcolica e una birra scura, misurando per ciascuna l’attività antiossidante. Successivamente sono stati selezionati e grigliati 4 tagli simili di carne di suino: 3 sono stati marinati prima della cottura, il quarto è stato tenuto come campione di controllo.

Comparando la carne marinata con quella di controllo, è emerso che la marinatura a base di birra scura ha ridotto la formazione di IPA del 53%. Più del doppio rispetto alla Pilsner analcolica (25%) e quattro volte più della Pilsner classica (13%).
Il merito sembra essere degli antiossidanti contenuti nella birra, molto più presenti proprio in quella scura rispetto alle altre due: questi creerebbero una sorta di “scudo” in grado di catturare e neutralizzare i radicali liberi, impedendo loro di attaccare le altre molecole.

Speriamo di poter presto leggere i risultati di nuove ricerche in merito; nel frattempo abbiamo messo la nostra carne a marinare e, nell’attesa, ci stappiamo una birra.

5 consigli per la grigliata perfetta

Con la bella stagione, non appena le temperature si alzano, ecco che torna subito la voglia di fare un bel barbecue.

Se si dispone dello spazio necessario per organizzarla, ecco qui 5 pratici consigli per realizzare una grigliata perfetta!

L’organizzazione prima di tutto

Preoccupati di accendere il fuoco in anticipo per creare delle braci uniformi. Tieni a portata di mano tutti gli utensili che ti serviranno, e tira fuori dal frigo carni e condimenti almeno un’ora prima, per usarli a temperatura ambiente.

Osa nella spesa

Compra diversi tipi di carne ma anche differenti tipologie di verdure. Ricorda che tutto può essere cotto alla griglia, persino la frutta! Sbizzarrisciti dunque per realizzare un menù composto da antipasti, secondi e dolci che preveda solo l’uso del barbecue. Sapevi che dei dadini di mortadella scottati sulla griglia sono perfetti per l’aperitivo?

Sapori e condimenti

Il segreto per una buona grigliata non sta solo nella carne o nei tempi di cottura, ma anche nel condimento. Uno stratagemma per insaporire al meglio le carni scelte è marinarle in un mix a base di olio, un componente acido (limone o aceto), sale e degli aromi come origano, rosmarino, timo.  Chi ama i sapori esotici, può scegliere una marinatura a base di yogurt e spezie orientali quali paprika o curry. Gli amanti dei sapori decisi, invece, sceglieranno di insaporire il tutto con della birra (ottima scelta per vari motivi)!

Calore 

Ogni tipologia di carne ha i suoi tempi e metodi di cottura, per renderla più gustosa una volta cotta. Importante sarà mantenere la griglia sempre ben calda‚ pulita e leggermente unta. Crea tre zone di calore di diversa intensità‚ di cui una senza braci‚ così da poter gestire diversi tipi di cottura contemporaneamente e tenere in caldo tutto quello che è già pronto.

Cottura e riposo

Con l’aiuto di un termometro per alimenti, tieni d’occhio la temperatura della carne. Visto che lontano dal fuoco la temperatura delle pietanze continuerà a salire, anticipa la fine della cottura di un paio di gradi per assicurarti un risultato ottimale!

Dopo la cottura, lascia riposare la carne per qualche minuto. In questo modo i succhi si distribuiranno meglio all’interno e renderanno la carne più succulenta. Condisci ulteriormente se gradisci, e gusta la tua carne alla griglia insieme a una birra fresca o del buon vino rosso.

I benefici delle alghe

Hai mai visto una sirena con le rughe? Noi no e siamo (quasi) certi che sia merito delle alghe: sapevi che sono una miniera di antiossidanti?

Ora ti starai chiedendo: “ma di tutte le cose buone che ci sono al mondo, dobbiamo mangiare proprio le alghe?”. No, non dobbiamo per forza, però sarebbe un’ottima idea! Vediamo un po’ quali sono le varietà più diffuse e le loro caratteristiche.

Wakame, vitamine verde fluo

Se la ordini al ristorante giapponese, ti sarà portato un piattino con una massa verde fluo, probabilmente condita con aceto di riso e semi di sesamo. Questa pietanza dall’aspetto curioso è un vero concentrato di sali minerali come calcio, iodio, ferro e selenio, oltre che vitamine A, C, E e K. È ricca di fibre solubili, quindi ha un alto potere saziante e favorisce il transito intestinale: calcolando che raramente il sushi viene accompagnato dalla verdura, abbinarvi una porzione di wakame potrebbe avere i suoi vantaggi.

Kombu, amica dei legumi

Al ristorante la trovi quasi sempre nella zuppa di miso. Un’alga bruna utilizzata nella cucina giapponese per insaporire e addolcire i cibi, oltre che arricchirli di fibre, selenio, iodio, calcio, potassio e magnesio. Contiene diverse vitamine del gruppo B, A, E, F, K e PP. Un trucchetto in cucina: se aggiunta all’acqua dei legumi in ammollo, ne migliora la cottura e li rende più digeribili.

Nori, regina del sushi

La classica “alga da sushi”, quella che viene utilizzata per avvolgere il riso. È un’alga rossa tra le più nutrienti, fonte di iodio, vitamine A, C, PP, B9 e B12. Non è l’unica alga a contenere questa vitamina, ma sembra che sia tra le poche ad averla in una forma che il nostro organismo riesca ad assorbire. È anche ricca di acido glutammico, l’aminoacido responsabile del sapore “umami”.

Posidonia: non si mangia, ma fa tanto bene

È quella poltiglia marroncina che si trova a cumuli sulle nostre spiagge e rovina le tue Instagram stories. Quelle foglie marroncine, allungate e sottili, che quando la vedi in grossi cumuli dici “che schifo, ci sono le alghe”. Eccoti una chicca per stupire i tuoi amici: la posidonia non è un’alga, ma una pianta rizomatica che cresce solo nei fondali del Mar Mediterraneo. È molto importante per l’ecosistema, perché protegge le coste dall’erosione, ospita molti organismi animali e vegetali fornendo loro protezione e nutrimento e libera 20 litri di ossigeno per metro quadrato al giorno! La prossima volta che senti qualcuno lamentarsi per la presenza di Posidonia, spiega loro perché dovremmo invece esserle riconoscenti.

“Sì ma… si mangia?” Beh… se la provi faccelo sapere!

Facciamo pace con i legumi

I legumi sono un ottimo alimento, con pochissimi grassi e un rapporto bilanciato di carboidrati e proteine. Sono anche ricchi di minerali come ferro, potassio e fosforo, oltre che vitamine del gruppo B e polifenoli.

Peccato che abbiano quel “piccolo” effetto collaterale, vero? Ma perché succede?

Il gonfiore è dovuto alla fermentazione di alcuni polisaccaridi: i nostri enzimi non sono in grado di digerirli, perciò si comportano come fibre alimentari. Una volta raggiunto l’intestino, vengono fermentati dai nostri batteri che invece ne vanno ghiotti. Si tratta di un processo fastidioso, ma in realtà molto benefico, in quanto sembra favorire l’espulsione di sostanze nocive dall’intestino, prevenendo l’insorgenza di malattie croniche.

Privarsi delle preziose proprietà dei legumi è un vero peccato: scopri come reintrodurli nella dieta senza fastidio seguendo questi 5 consigli.

1- inseriscili gradualmente

Abituare pian piano la flora batterica a consumare i legumi e mantenerla “allenata” li rende molto più efficienti nel digerirli e riduce drasticamente gli episodi di flatulenza. Inizia con piccole porzioni due-tre volte a settimana e aumentale via via, ricordando di mantenere il consumo regolare.

2- elimina la buccia

Puoi acquistarli decorticati o setacciarli al passaverdura: i legumi privati della buccia sono di più semplice digestione!

3- scegli preparazioni con poca acqua

L’acqua rallenta i processi digestivi: prediligi inizialmente le preparazioni che includono poca acqua, come burger, polpette e hummus.

4- aggiungi l’alga kombu

Una striscia di alga kombu nell’acqua dell’ammollo e durante la cottura contribuisce ad ammorbidire la buccia e garantire una cottura più uniforme, rendendo il tutto più digeribile. Ricorda anche di aggiungere il sale solo a fine cottura.

5- usa gli aromi

Rosmarino, salvia, finocchio ed alloro nell’acqua di cottura avranno un effetto digestivo, oltre che un ottimo sapore!

I benefici del curry

Il curry è una miscela di spezie di origine indiana sempre più utilizzata nella cucina occidentale per insaporire molti piatti, dai primi, come riso e pasta, ai secondi di pesce e di carne. Uno su tutti, il pollo al curry, piatto ormai sdoganato e rivisitato in molte ricette. Se volete provare la nostra versione, la trovate qui.
Che cosa contiene il curry? Nella sua preparazione non esiste una ricetta unica. In India infatti, a seconda della regione, ne esistono infinite varianti, con l’aggiunta ad esempio di latte di cocco, yogurt o burro. Tuttavia le spezie che non possono mancare sono la curcuma, lo zenzero, il cardamomo, il coriandolo, il pepe nero, il cumino, la noce moscata, il fieno greco, i chiodi di garofano, la cannella, lo zafferano e il peperoncino.
La miscela del curry apporta dei veri e propri effetti terapeutici nei confronti di svariate affezioni, tanto da spingere ricercatori di tutto il mondo a compiere indagini più approfondite. Le proprietà benefiche derivano principalmente dalla presenza della curcumina, responsabile anche della colorazione gialla del curry.

La curcumina svolge un’azione anticancro, possiede inoltre proprietà antinfiammatorie utili a ridurre i fastidi di artrite e reumatismi e, da recenti studi delle Università di Catania e di Pavia in collaborazione con il New York Medical College, ha anche un ruolo cruciale nella prevenzione di malattie neuro-degenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Cardiology infatti ha rilevato che le persone che assumono curcumina avrebbero ben il 65% in meno di probabilità di avere un infarto.

Grazie alla presenza del peperoncino, il curry ha un’azione vasodilatatrice ed è utile anche per lo stomaco perché favorisce la digestione.
Peperoncino e zenzero aiutano a ridurre l’assorbimento di colesterolo a livello intestinale e, innalzando la temperatura del corpo, inducono al naturale consumo di calorie.
La cannella, invece, si comporta come modulatore del rilascio del glucosio nel sangue, rallentando così la comparsa del senso di fame.

Il cumino veniva utilizzato dalle popolazioni indiane fin dall’Antichità perché combatte il gonfiore addominale e l’alitosi ed è utile per favorire la digestione.
chiodi di garofano svolgono un’azione antibatterica utile sia contro le infezioni del cavo orale, sia a livello intestinale per regolarizzare la flora batterica.

Il curry è indicato nei regimi alimentari ipocalorici perché non fa ingrassare e insaporisce i cibi usandolo in quantità davvero modeste.
Sostituendo il curry al sale, inoltre, si migliora la circolazione sanguigna e si elimina la causa della ritenzione idrica.

Il curry si può acquistare ormai in quasi tutti i supermercati ed è preferibile consumarlo in un beve periodo dopo l’apertura poiché non conserva a lungo il suo aroma. La versione in pasta potrebbe essere un’alternativa più durevole. Le spezie che lo compongono non contengono glutine, rendendolo adatto anche per i celiaci. Tuttavia, in quello più industriale e, ancora di più, in quello usato nella preparazione dei cibi pronti, vengono spesso aggiunti degli amidi, tra cui quello di frumento.
Il consiglio è quindi quello di leggere sempre bene l’etichetta del prodotto, per beneficiare delle proprietà di questo portentoso ingrediente senza preoccupazioni.

La sorprendente intelligenza dei corvi

Il corvo è un animale carico di simbolismo per diverse culture intorno al mondo: forse per via del suo colore nero lucente, significante del principio delle cose (il buio del ventre materno e quello della terra dove germina il seme), ma anche della fine (il colore della notte e della morte).
Che sia messaggero degli dei o portatore di malasorte, una cosa è certa: il pennuto ha le idee chiare. 

Diversi studi dimostrano che i corvi comprendono la correlazione causa-effetto; possono utilizzare (e in alcuni casi addirittura scambiare e creare) degli strumenti, come rametti o sassolini; possono pianificare il futuro: un esperimento ha rivelato come queste creature siano in grado di autocontrollarsi e aspettare a mangiare i bocconcini che gli venivano offerti in modo da scambiarli in seguito con cibi da loro preferiti. Queste abilità li rendono in grado di svolgere dei puzzle piuttosto complessi, che richiedono a volte una pianificazione degli step da eseguire e la capacità di ignorare potenziali distrazioni. 

I corvi sono tra i pochissimi animali ad avere una Theory of Mind: la capacità di attribuire agli altri stati mentali diversi dai propri. Sono animali sociali: sono monogami, sanno collaborare tra loro e anche punire con ostracismo i soggetti egoisti. 

Sono in grado di comunicare attraverso i gesti: un comportamento che non era mai stato osservato all’infuori dei primati. I corvi utilizzano infatti il becco per indicare, e afferrano oggetti per mostrarli ai loro compagni o per offrirli

Sanno anche comunicare il proprio astio: quando i ricercatori lavorano con questi animali, spesso indossano delle maschere. Succede che quando una persona si comporta con un corvo in maniera sgradevole per l’animale (ad esempio lo cattura), l’uccello ricorda il volto dell’umano e trasmette il suo odio anche agli altri corvi. Il risultato è plateale: nel momento stesso in cui il ricercatore indossa la maschera, l’intero stormo manifesta un gracchiare ostile. 

Alla stessa maniera, i corvi si ricordano di chi si è comportato bene con loro, e mostrano una crescente collaborazione e addirittura alcuni gesti di riconoscimento, come la consegna di veri e propri doni

Studi dimostrano che i corvi più socievoli sono quelli più in salute. I membri dei gruppi esprimono le loro relazioni in diversi modi: uno di questi è una specie di celebrazione dei funerali. Quando un corvo viene trovato morto dai suoi simili, questi si raggruppano intorno al cadavere, gracchiando rumorosamente. In questo modo, gli animali imparano a riconoscere elementi di pericolo

Ma chiudiamo con una nota positiva: i corvi amano giocare! Sono stati osservati addirittura esemplari posizionare un oggetto sotto le loro zampe e scivolare lungo i tetti innevati, per poi volare di nuovo in cima e ripetere l’operazione… I corvi sciano!

La birra che si mangia

Il processo produttivo della birra genera numerosi scarti, che spesso vengono riutilizzati nell’ottica di una razionalizzazione delle risorse e un contenimento dei costi. 

I modi in cui questi scarti vengono rimessi in circolo sono moltissimi: le trebbie che vengono impiegate come mangime per il bestiame, il pane di scarto che diventa base fermentabile, i cereali che diventano imballaggi ecosostenibili. 

Esistono però riusi alternativi meno noti, quelli che trasformano gli scarti della birra in… cibo! 

Dunque, nuova vita agli avanzi della birrificazione! Vediamo qualche esempio.

Da birra a farina

Le trebbie essiccate possono venire sottoposte a macinazione e setacciatura al fine di produrre farina, più o meno grezza a seconda delle esigenze.

La farina ottenuta dalle trebbie di birra è un ingrediente innovativo, eco-friendly, versatile e molto nutriente. È infatti ricca di proteine, di amminoacidi essenziali, di lisina, fibre, contiene diversi fenoli antiossidanti ed è povera di zuccheri.

Snack alla farina di trebbie

La farina di trebbie può essere ricombinata con altri ingredienti per la realizzazione di snack salati o dolci, per prodotti da forno e della panificazione. 

Pizza gourmet

Un altro modo di impiegare la farina di trebbie è per fare una pizza altamente digeribile. È ricca di proteine e amidi, che aiutano la lievitazione e rendono l’impasto leggero e digeribile.

Crema spalmabile

Si chiama Marmite, è una crema spalmabile ampiamente diffusa in Regno Unito, Nord Europa, Sudafrica. In Australia invece è molto amata un’altra variante il Vegemite. È a base di estratto di lievito, di colore scuro e dalla consistenza vischiosa. È possibile reperirne prodotti simili anche in Italia e usarla per insaporire toast, crostini, colazioni e merende. 

Barrette energetiche

Si stanno lentamente diffondendo sul mercato anche le barrette energetiche per sportivi che mantengono vive tutte le caratteristiche nutritive dei cereali avanzati dal processo di birrificazione. Niente zuccheri quindi, ma solo proteine e fibre residue per un prodotto dal basso contenuto calorico e spiccatamente energetico.

Scommettiamo che non vedi l’ora di assaggiare tutta questa birra che si mangia!