Stili di birra for dummies

Sedersi al bar e chiedere “una birra bionda” è un po’ come sedersi in pizzeria e chiedere “una pizza con il pomodoro”. Se non sai cosa ordinare, non puoi sapere cosa ti arriverà. Se poi ti trovi al tavolo con amici che sfogliano il listino arricciando il naso con aria da connoisseur e non vuoi fare brutta figura, questo articolo ti sarà ancor più utile.

Trattandosi di un riassunto, non andremo a descrivere minuziosamente ogni singolo stile e la sua storia, ma elencheremo alcuni dei più popolari, raggruppandoli per categorie. Una piccola guida per ordinare (o acquistare) sapendo cosa troverai nel bicchiere.

Birre a fermentazione spontanea

Sono quelle che fermentano grazie all’insieme di lieviti e batteri naturalmente presenti nell’ambiente e nei cereali, come accade con la pasta madre. Hanno generalmente un sapore dalle tonalità acide, dovute proprio alla presenza di acido lattico prodotto dai batteri.

Lambic

È la principale birra a fermentazione spontanea. Tra le sue varianti, le più famose sono:

  • Geuze, prodotta mescolando Lambic di un anno con Lambic di due o tre anni
  • Kriek,caratterizzata dall’aggiunta di ciliegie

Birre a fermentazione mista

Sono birre invecchiate in cui si succedono più fermentazioni a carico di microrganismi diversi. Il grado alcolico è piuttosto basso, il gusto bilanciato tra acidità e dolcezza.

Red Flemish

Il colore ricorda quello del vino; il sapore è acidulo, mitigato da un accenno zuccherino.

Oud Bruin

Invecchiata a lungo, si presenta di colore scuro per via del malto caramellato, che le conferisce il profumo tostato. È poco carbonata e meno acida rispetto alla Red Flemish.

Birre a fermentazione controllata

Questo è il gruppo che comprende la maggioranza degli stili: in ciascuna di queste birre viene utilizzato un ceppo di lieviti appositamente selezionato per dare al prodotto determinati aromi e caratteristiche. Tra questi distinguiamo due principali famiglie, caratterizzate dalla temperatura a cui fermentano i lieviti scelti.

Lager: Birre a bassa fermentazione

Particolarmente legate alla tradizione tedesca.

  • Pilsener: originarie della Repubblica Ceca, hanno avuto subito successo in Germania. Si tratta di birre chiare, a base di malto d’orzo, abbastanza frizzanti e luppolate.
  • Helles: nascono a Monaco di Baviera, anche queste sono chiare, a base di malto d’orzo. Il sapore è più dolce e meno luppolato.
  • Bock: hanno un colore scuro, dato dal malto caramellato. Sono particolarmente forti e maltate, con aroma tostato. Se sei a dieta, sappi che sono tra più caloriche.

Ale: Birre ad alta fermentazione

La famiglia delle Ale è molto eterogenea. Tra quelle più legate alla tradizione anglosassone troviamo:

  • Bitter Ale,dal colore ambrato e il gusto amarognolo, costituiscono lo stile base inglese.
  • IPA e APA somigliano alle Bitter Ale, ma sono più amare e luppolate. Le IPA ono nate per essere inviate alle colonie inglesi e si abbondava con il luppolo per prolungarne la conservazione. Le APA sono la variante USA.
  • Porter e Stout sono caratterizzate da una lunga tostatura del malto. Si presentano di colore scuro e il sapore amaro, con note di cacao e caffè.

Passando invece a quelle più legate alla tradizione belga, menzioniamo:

  • Blache o Wit, a seconda che siano prodotte nel Belgio francese o fiammingo. Contengono frumento non maltato, perciò sono leggere e rinfrescanti. In Germania si produce la Weisse, che però utilizza il frumento maltato ed è quindi più dolce.
  • Dubbel, scure e maltate, di gradazione medio-alta.
  • Quadrupel, simili alle dubbel ma dagli aromi più complessi, che ricordano il caramello, il cioccolato o la liquirizia. Sono di gradazione più alta.
  • Tripel, più frizzanti e tipicamente chiare, sono caratterizzate da un gusto meno dolce che lascia una leggera secchezza finale, caratteristica rara nelle birre.

C’era una volta in America… La Birra

Abbiamo già visto che il vino iniziò ad essere prodotto in America dai missionari cattolici che portarono la vite europea in Messico. Ma la birra?

Gli esordi

Essendo molto amata dagli Europei, anche la bevanda ambrata fu introdotta nel Nuovo Continente durante la colonizzazione.
Il primo birrificio sorse nel 1665 a New York, ma era da circa 60 anni che gli Olandesi producevano birra nella zona del fiume Hudson e a Manhattan.

Gli Inglesi non rimasero indietro: nel 1685 ne aprirono uno a Philadelphia, seguito poi da tanti piccoli birrifici locali tra Baltimora, Philadelphia e New York.

La Guerra d’Indipendenza Americana dal 1776 pose un freno all’espansione della produzione brassicola, che riprese successivamente alla fine dei conflitti nel 1783.

Arriva la Lager

Nel 1845 l’Irlanda fu travolta da una terribile carestia che portò all’emigrazione di un milione di persone dall’isola. Molte si diressero verso gli Stati Uniti, dove stavano contemporaneamente arrivando i Tedeschi in fuga dalla tensione politica che sarebbe poi sfociata nella Guerra di Prussia.

Mentre gli Irlandesi si adattarono agli stili inglesi, i Tedeschi si adoperarono per riprodurre le caratteristiche delle loro birre tradizionali. Iniziò così la produzione americana di Lager, caratterizzate dall’impiego di lieviti che prediligono le basse temperature (circa 10°C). Queste furono talmente apprezzate che, partendo dal Midwest, divennero la base della produzione di massa. Sfruttando le nuove tecnologie come la ferrovia, la refrigerazione e la pastorizzazione, le lager venivano prodotte nella città di Milwaukee e vendute su larga scala, anche a grande distanza.

Il Proibizionismo

Nei primi anni del Novecento si era instaurata una forte competizione tra i birrifici esistenti, ma le loro attività dovettero cessare con l’approvazione del Proibizionismo nel 1920.

Questo periodo, durato 13 anni, portò a due fenomeni opposti: se da una parte gli adulti già abituati a bere si rivolgevano al mercato clandestino, che per ragioni logistiche favoriva bevande ad alta gradazione, i giovani crescevano abituandosi ai soft-drink che ancora oggi rientrano nelle abitudini degli americani. La produzione di vino e birra fu quindi accantonata, per riprendere in modo incerto dopo la fine delle restrizioni, nel 1933.

A causa della precarietà economica e la concorrenza delle bibite analcoliche, gli stabilimenti si spinsero verso formulazioni più leggere ed economiche, spesso povere di gusto ma largamente pubblicizzate. Anche i piccoli birrifici ripresero le attività, ma subirono molto il confronto con il marketing della grande distribuzione e molti furono costretti a chiudere.

Il Rinascimento

Le cose cambiarono negli anni Sessanta: gli Americani che avevano combattuto la Seconda Guerra Mondiale e i giovani che tornavano da viaggi di piacere cominciarono a desiderare i sapori scoperti in Europa
Fu così che in California crebbe la ricerca di cibo e bevande di qualità: oltre al settore alimentare e vinicolo rinacque quindi quello della birra, e lo fece partendo dal basso, grazie al fenomeno degli Homebrewers, cioè gli appassionati che la producevano a casa, con metodi artigianali. Questa pratica era ancora illegale (lo fu fino al 1978), ma generalmente accettata; per motivi economici e di disponibilità si predilessero lieviti ad alta fermentazione e ingredienti di origine locale. Anche se il malto era organoletticamente più povero, i luppoli americani arricchirono le birre di nuovi aromi: tra questi spicca il Cascade, resinoso e agrumato, che caratterizzerà il sapore delle nuove American Pale Ale.

Pian piano riaprirono i piccoli birrifici e ne nacquero di nuovi, finché nel 1982 fu fondata la Sierra Nevada Brewing Company, la cui Pale Ale diventò popolarissima in tutti gli USA. Nel 1984 fu il turno della Samuel Adams, il cui fondatore sarebbe poi diventato il più grande produttore di birre artigianali.

Nei decenni successivi gli stabilimenti si moltiplicarono, puntando sempre sulla varietà, la sperimentazione e il recupero degli stili precedentemente accantonati.
La ricerca in campo agrario creò nuove varietà di luppolo ricche di aromi che alimentarono la creatività dei birrai, tuttora in costante fermento.

La Dama Bianca delle birre

La parola “Blanche” è presa in prestito dal francese e sta per “bianco”: l’aspetto distintivo che balza subito all’occhio di una delle birre più gettonate dell’estate poiché leggera (di solito non supera i 5 gradi alcolici) e particolarmente dissetante. Ma non solo. La sua delicatezza si abbina perfettamente alle insalate, il piatto principe della bella stagione. Un condimento con elementi di dolcezza e acidità – come una vinaigrette – va infatti ad incontrare sia la componente dolce del frumento che la delicata nota acidula della birra. Se poi nel dressing si aggiunge un goccio di limone, lime o pompelmo rosa il gioco dei sapori è servito.
Ma per quale motivo le birre blanche non presentano il classico colore giallo dorato ma molto più chiaro e dall’aspetto opalescente? Quale la sua storia e gli abbinamenti “che non ti aspetti”?


Note di degustazione “Blanche”

La Birra Blanche è una tipica birra di frumento prodotta secondo il più antico stile belga, come ad esempio la Weizen.

Nelle Blanche, infatti, non viene utilizzato solo il malto d’orzo, ma anche il frumento. Le proteine di quest’ultimo, insieme all’uso del lievito, spiegano il perché queste birre hanno un aspetto più velato rispetto alle altre. 

In particolare, la presenza di lievito in sospensione, fa in modo che la maturazione della birra non termini una volta imbottigliata, ma continui anche dopo.

In alcune versioni si può usare fino al 5-10% di avena cruda. 
Caratteristico l’utilizzo di coriandolo macinato di fresco e curaçao o talvolta buccia d’arancia, che fanno da complemento all’aroma dolce. Si possono usare altre spezie (camomilla, cumino, cannella, grani del paradiso) per aggiungere complessità, ma secondo gli intenditori devono essere molto meno identificabili.

Il sapore di questa tipologia di birra è leggermente acidulo, fresco e speziato, dall’amaro quasi impercettibile, adatta a chi non ama la nota peculiare del luppolo.

La storia della birra Blanche

La birra Blanche, conosciuta anche come Wit o Witbier, è originaria del nord Europa, Belgio e Olanda. La sua ricetta non si discosta molto da quella medievale, quando l’aroma delle birre non era incentrato sul luppolo. Le birre difatti venivano aromatizzate con una miscela che prendeva il nome di gruit, e conteneva alcune erbe come l’achillea millefoglie, zenzero, chiodi di garofano, noce moscata, semi di anice, bacche di ginepro e cumino.

Oltre a conferire sapore, questa miscela di aromi serviva anche a conservare la birra più a lungo. L’azione antiossidante di queste erbe assicurava il suo mantenimento, anche durante la stagione più calda.

Abbinamenti da provare

In virtù delle sue caratteristiche di leggerezza e delicatezza, le Blanche sono le birre predilette per il momento dell’aperitivo. Quindi, il modo migliore per accompagnarle, è servirle insieme a qualche stuzzichino. 
In un brunch all’americana una Blanche può sostituire il classico succo d’arancia per accostarsi a quiche, omelette, tacos e torte salate, specie se includono basilico, prezzemolo, menta e, soprattutto, coriandolo fresco.

Le Blanche amano molto il mare e i suoi frutti: insalate di calamari, polpo e seppie, cozze al vapore o stufate (classico abbinamento territoriale belga), spaghetti alle vongole, pesci delicati come branzino, orata e dentice al vapore, al sale o al forno trovano in questo stile birrario un ideale complemento liquido.

Infine, si può azzardare anche un accostamento con un pesce più impegnativo come il salmone giocando sull’elevata frizzantezza della Blanche per ripulire la grassezza e accostando una salsa agli agrumi o al lemongrass per creare un ponte gustativo. Da provare.

Parliamo di birre analcoliche

Birre a bassissimo tenore alcolico erano già prodotte nell’Europa del Medioevo, perché considerate più sicure dell’acqua contaminata. Per lo stesso motivo vennero utilizzate nelle colonie del Nord America, dove venivano chiamate “small beer”.

Durante il Proibizionismo negli USA i birrifici, per lo meno quelli che ne erano in grado, si dedicarono alla vendita di birre analcoliche. Si trattava di aggiungere un passaggio alla fine del processo produttivo, rimuovendolo una volta ritirate le restrizioni.

Per rendere una birra “light” esistono oggi due metodi:

  1. La birra viene scaldata, in modo da far evaporare l’alcool (il cui punto di ebollizione è più basso di quello dell’acqua). L’utilizzo di cappe aspiranti permette di ridurre il calore necessario.
  2. L’osmosi inversa prevede l’utilizzo di una membrana polimerica che lascia passare soltanto le molecole di alcool e di acqua, separandole dal resto degli zuccheri. L’alcool viene poi eliminato per distillazione e l’acqua re-immessa nel soluto, evitando così di riscaldare l’intera miscela e alterarne troppo i sapori.

Oggi i consumi di birra light sono in crescita, complice la maggiore attenzione delle nuove generazioni verso il fitness e l’alimentazione; si stima che nel 2024 saranno addirittura raddoppiati.Per adesso un terzo della birra analcolica è consumata in Medio Oriente, mentre in Europa è la Spagna il maggior produttore e consumatore.

“Ma che gusto c’è – ti chiederai – a bere una birra senza neppure quel minimo di alcool?”

In effetti la birra è già di per sé una bevanda leggera, ma non sono così rare le situazioni in cui anche quel poco diventa troppo, magari perché si guida o per ragioni di salute, ma anche per scelte religiose o puramente personali. Certo, si può sempre optare per un succo di frutta o una qualsiasi bibita, ma per non rinunciare al fattore psicologico della “birretta”, la versione alcool-free può essere un discreto sostituto.

Ecco cosa devi sapere se stai pensando di provarla.

Light non sempre è 0

Perché sia definita analcolica, il tasso alcolemico di una birra può essere pari o inferiore all’1,2%. Se le tue labbra non devono toccare alcool neanche per sbaglio, assicurati che sia davvero a 0%.

Non è proprio uguale uguale uguale

Un’altra cosa da dire è che no, non ha lo stesso sapore: l’eliminazione dell’alcool comporta la perdita di gran parte delle note amarognole e acide, cosa che può essere più o meno gradita a seconda dei gusti. Anche la schiuma appare meno persistente, vagamente più simile a quella di una bibita gassata. Insomma, un buon surrogato se non puoi scegliere una birra “normale”, ma se lo fai per “vedere se è più buona” forse ti conviene restare sulle artigianali.

Light sì, ma…

L’alcool contiene 7kcal/g, gli zuccheri 4. Una birra analcolica, quindi, sarà leggermente meno calorica rispetto a una normale bionda, ma si tratta comunque di una bevanda a base di acqua e zuccheri semplici. Vero, contiene minerali e polifenoli, ma va consumata con moderazione come qualsiasi altra bevanda zuccherata.

Discorso a parte per gli sportivi, per i quali si rivela un ottimo integratore di elettroliti dopo un allenamento.

La birra e l’inverno vanno d’accordo?

“Chi può mai aver voglia di una birra con questo freddo?”

Dipende, se si è esperti e amanti della birra si dovrebbe sapere che: “la birra si beve ghiacciata” è uno dei tanti luoghi comuni da sfatare. Perché?

Scientificamente

Le sostanze volatili della birra, quelle che trasmettono odori e aromi della bevanda stimolando il nostro gusto e l’olfatto, al di sotto di certe temperature non vengono sprigionate ma rimangono all’interno del liquido. A basse temperature inoltre viene dispersa meno CO2, quindi si garantisce l’adorata frizzantezza.

Quindi conviene servire o comunque bere una birra ghiacciata? 
Se la birra non ha un profilo aromatico interessante, sì: il freddo è un ottimo modo per mascherare la bassa qualità della bevanda eliminando la “parte olfattiva” (non si percepiscono odori). Anche un alto contenuto di gas aiuta a creare una sensazione di freschezza sul palato, nascondendone il sapore.

L’approfondimento

Mark Garrison, un critico gastronomico ed esperto di birra, ha fornitoottimi consigli a produttori e rivenditori.“Non c’è praticamente nessuna birra, tra quelle che valga la pena bere, che dovrebbe essere servita sotto i 4,4 gradi”, ha dichiarato l’esperto in una rivista. 

In linea di massima si consiglia di servire la birra a temperatura comprese tra i 6 e i 18 gradi, in base alla maggiore o minore struttura organolettica.

Se una birra è “povera” da questo punto di vista si dovrà servire a basse temperature (basse, ma mai tendenti allo zero o addirittura in bicchieri ghiacciati). Se invece è ricca di aromi e profumi la temperatura può arrivare anche a 16-18°, poiché le sostanze volatili verrebbero liberate e restituirebbero tutte le caratteristiche organolettiche tipiche di quella birra.

Ricapitolando, cosa succederebbe se si dovesse servire una birra “povera” ad alte temperature e una “ricca” a basse? Che la povera sprigionerebbe quelle poche caratteristiche in tempi brevi e quindi si perderebbe tutto il gusto prima di arrivare in fondo al bicchiere. Al contrario, servendone una “ricca” a basse temperature, non si godrebbe di tutti gli aromi e retrogusti derivanti dalla bevanda.

Qualche esempio

Secondo Garrison, a titolo di esempio, la resa migliore di una Double IPA o di una Bitter inglese si ottiene servendo la birra a 13°.

Una Lager dorata di bassa gradazione alcolica, secondo altri esperti, andrebbe servita tra i 6 e gli 8 gradi. Uno stile da servire ad alte temperature, tra i 16 e i 18°, è ad esempio la Barleywine, molto simile al vino per sapori e gradazione alcolica.

Per concludere rispondendo alla domanda iniziale: quando fuori fa particolarmente freddo e ci si gode il caldo di casa, non bisogna rinunciare a una bella birra solo perché ci hanno fatto credere che si può bere solo ghiacciata. Anzi, ci si può impegnare ancora di più a scegliere la più ricca di aromi, senza metterla in frigo, e gustandola vicino alla stufa, magari anche davanti a un bel film.

Consigli di viaggio dalla gente del luogo

Viaggiare è un’avventura: per non partire troppo allo sbaraglio, però, potrebbe essere utile affidarci ai consigli dei locali.

Vediamo di seguito la classifica, stilata da Momondo, dei dieci Paesi più visitati dagli italiani: per ognuno di essi, chi ci abita ci suggerisce quali città visitare assolutamente, se vogliamo cogliere l’essenza di quella nazione.

  1. USA: la meta più popolare per i turisti italiani. Gli statunitensi indicano New York al primo posto, seguita da New OrleansOrlandoChicago e Las Vegas.
  2. Spagna: gli españoles consigliano MadridBarcellona e Siviglia, ma anche la moderna Santa Cruz de Tenerife e l’antico paesino Benidorm.
  3. Al terzo posto delle mete più apprezzate dagli italiani c’è… L’Italia! Noi non ci sbilanciamo, lasciamo a voi l’arduo compito di auto-consigliarvi!
  4. UK: gli inglesi apprezzano particolarmente, oltre a Londra, anche ManchesterLiverpoolEdimburgo e Blackpool, cittadina affacciata sul Mare d’Irlanda.
  5. Brasile: per scoprire il fascino della cultura locale non possono mancare Rio de JaneiroGramado e Fortaleza. Non sono da meno Porto Seguro e San Paolo.
  6. Olanda: per cogliere tutte le sfumature dei Paesi Bassi, bisogna visitare Nes, uno dei villaggi delle Isole Frisone Occidentali. Vengono citate anche ZoutelandeMiddelburg e, naturalmente, Amsterdam.
  7. Francia: non solo Parigi! I cugini transalpini ci parlano di LioneMarsiglia e Nizza, con una menzione speciale per Magny-le-Hongre, piccolo comune nella zona della Senna.
  8. Germania: i tedeschi mettono al primo posto le città simbolo della cultura, e quindi BerlinoAmburgoDresdaMonaco e Colonia.
  9. Portogallo: è senza dubbio l’Algarve la regione numero 1 secondo i locali, in particolare Monte GordoAlbufeiraArmação de Pêra e Quarteira.
  10. Giappone: a chiudere la Top Ten, i nipponici ci suggeriscono TokyoSapporoFukuokaOsaka e Kyoto.

Mercatini di Natale: qualche idea

Sia prima che durante le feste, i mercatini di Natale sono il contesto perfetto per acquistare i regali evitando lo stress dei grandi magazzini. Certo, anche ai mercatini si può trovare un bel po’ di folla, ma il contesto è molto più appagante. Insomma, non è molto meglio stare in fila sorseggiando vin brulé?

Ecco tre città famose per i loro eventi natalizi dove vale la pena fare un giretto!

Bolzano

I mercatini più antichi e caratteristici sono quelli in Alto Adige, dove i profumi di strudel, mele fritte e biscotti speziati si mescolano nell’aria di montagna. Gli stand sono delle graziosissime casette di legno, che trasformano le piazze in piccoli villaggi magici.
Tra i più noti quelli di Bolzano, aperti dal 28 novembre al 6 gennaio in Piazza Walther, dove 80 espositori proporranno le tipiche decorazioni in vetro, ceramica e legno, insieme a specialità gastronomiche come lo Zelten. Per i più piccini sarà allestito un secondo mercatino di dimensioni ridotte, in Piazza della Mostra.

Milano

Il villaggio di Natale più grande d’Italia poteva forse non essere a Milano? Con 30.000 metri quadri , “Il Sogno del Natale” ospita la casa degli elfi, quella di Babbo Natale, un ufficio postale per spedire le letterine e gli immancabili mercatini di artigianato e gastronomia. Tutto si svolge all’ippodromo SNAI di San Siro e si può accedere acquistando un biglietto sul sito ufficiale .

Un altro mercatino molto apprezzato dalle famiglie si tiene nei Giardini Pubblici di Porta Venezia. Luci, giostre e una pista di pattinaggio sul ghiaccio a ingresso libero diventano il sogno di ogni bambino.

Anche chi predilige uno stile di vita Green troverà panettone per i suoi denti: il Green Christmas, che si tiene nel quartiere Isola nella Fonderia Napoleonica, propone artigianato e abbigliamento eco-sostenibili, cosmesi naturale e la possibilità di partecipare a workshop sullo stile di vita a impatto zero.

Montepulciano

La Toscana vanta una longeva tradizione di mercatini natalizi, meravigliosamente integrati con il fascino dei borghi. Lungo le strade lastricate compaiono graziose casette di legno dove è possibile acquistare prodotti di artigianato ed eno-gastronomici locali. Non possiamo non consigliare quello di Montepulciano, dove la fortezza medievale si popola di elfi e si ricopre di addobbi. I grandi potranno scoprire le sorprese del borgo e i bambini partecipare a laboratori e spettacoli e persino incontrare Babbo Natale!

8 Curiosità italiane

Quanto bene conosci la nostra penisola? Ecco alcune curiosità che forse non sapevi!

  1. La Fontana di Trevi incassa più di 3000€ al giorno, in monetine lanciate dai turisti! A dichiararlo è la Caritas Diocesana, che dal 2006 è l’unica titolata a ritirare e spendere i soldi rinvenuti nella fontana.
  2. L’Italia ha il più alto numero di siti UNESCO nel mondo: sono 51. Medaglia d’argento alla Cina, che ne conta 48, e il bronzo va alla Spagna, con 44 siti. Seguono Francia e Germania con 41 e 40 siti.
  3. Riguardo la diceria che l’Italia possederebbe il 60% del patrimonio artistico mondiale: si tratta di una stima non certificata da alcuna indagine ufficiale.
  4. Siamo i primi produttori di vino al mondo, con quasi 50 milioni di ettolitri imbottigliati ogni anno.
  5. L’Italia è il primo Paese per numero di riconoscimenti DOPIGP e STG conferiti dall’Unione Europea: sono ben 822, su 3036 totali.
  6. Abbiamo l’Università più antica del mondo occidentale, e il primo Festival del Cinema della della storia. Fondata nel 1088, l’Università di Bologna è ancora in attività. Il Festival di Venezia, inaugurato nel 1932, è il più antico festival cinematografico del mondo. Inoltre, la prima banca del mondo è il Monte dei Paschi di Siena, operativa dal 1472.
  7. L’Italia è leader mondiale nella metà dei prodotti del settore meccanico: sono 62 i prodotti made in Italy su 496 nel commercio mondiale.
  8. Il nome “Italia” deriva dal vocabolo Italói, termine con il quale i greci designavano i Vituli: una popolazione nativa della punta calabra che adorava una figura religiosa incarnata da un vitello (vitulus, in latino). Il nome significherebbe quindi “abitanti della terra dei vitelli”.

Capodanno intorno al mondo

3, 2, 1: spumante e fuochi d’artificio! Il Capodanno viene accolto con molta gioia in tutto il mondo, e spesso con rituali particolari. Ad esempio?

  • Scozia: nel festival di Hogmanay, poco prima di mezzanotte, una parata si esibisce in una danza con delle palle infuocate che vengono infine lanciate in mare. Un rituale dalle presunte origine pagane, teso a scacciare gli spiriti maligni.
  • Birmania: il Capodanno buddista è ad Aprile, e si celebra durante il festival dell’acqua di Thingyan. Le città vengono bersagliate da cannoni d’acqua di ogni tipo: una chiara allusione simbolica alla purificazione.
  • Siberia: qui vengono piantati degli alberi nei laghi ghiacciati, a significare nuovi inizi.
  • Spagna: allo scoccare della mezzanotte bisogna mangiare dodici chicchi d’uva, altrimenti si rischia di avere cattiva sorte per tutto l’anno!
  • Stati Uniti e Canada: allo scattare del nuovo anno, scatta anche un bacio!
  • Brasilefiori e candele vengono offerte all’Oceano, come tributo a Iemanja, la dea pagana afro-brasiliana del Mare.
  • Cina: il Capodanno cinese cade quest’anno il 25 Gennaio, ed è usanza dipingere per l’occasione la porta d’ingresso di rosso, il colore della fortuna e della felicità.
  • Colombia: per lasciarsi la negatività alle spalle, vengono bruciati dei fantocci, rappresentazioni di qualcuno che è deceduto, o a cui si vuole male.
  • Giappone: la cerimonia di origine buddista consiste nel suonare le campane esattamente 108 volte.
  • Danimarca: andate a casa di una persona cara e spaccate dei piatti davanti alla sua porta. A quanto pare è un modo per portargli buona fortuna. Se il giorno dopo vi ritrovate una bella montagnola di cocci sulla soglia, vuol dire che tanta gente vi vuole bene!
  • Ecuador: i locali corrono intorno all’isolato dodici volte con una valigia vuota, ma ci dicono che è consentito anche trasportare il bagaglio dentro e fuori casa dodici volte, in caso non si abbia troppa voglia di faticare.
  • Germania: scorpacciata di krapfen! Si tratta di un dolce che nei tempi passati era riservato alle occasioni speciali.
  • Sudafrica: se trascorri il Capodanno a Johannesburg, occhio al mobilio volante! Per simboleggiare un nuovo inizio, è tradizione lanciare dalla finestra divani, frigoriferi, e ogni tipo di arredamento vecchio.
  • Grecia: qui passeggiando per le strade possiamo stare meno all’erta, e ammirare le cipolle appese alle porte. Un’usanza che deriva dal fatto che la “cipolla marina“, una pianta velenosa visibile sulle coste di Creta, continua a sviluppare infiorescenzeanche quando viene tagliata. I Greci sperano quindi che un po’ della sua resilienza si trasferisca sulle loro dimore.
  • Cile: intere famiglie si riuniscono nei cimiteri per trascorrere con i cari defunti l’arrivo del nuovo anno.
  • Turchia e Armenia: in Turchia basta aprire un melograno per assicurarsi un po’ di prosperità nell’anno venturo, mentre in Armenia questi frutti vengono scagliati per terra, e maggiore il numero di pezzi in cui si disgrega, maggiore la fortuna che avremo. La scelta del melograno sarebbe dovuta al fatto che questo ricorda un cuore umano e rappresenterebbe vita, fertilità e salute.
  • Romania: per scacciare i cattivi spiriti, ci si traveste da orsi!
  • Estonia: il paradiso dei golosi, almeno a Capodanno. Qui infatti è usanza il 31 Dicembre mangiare settenove o dodici volte, come augurio di prosperità per l’anno nascente.
  • Argentina: indossare intimo rosa per trovare l’amore!
  • Italia? Lo sapete già, ma in caso anche qui si cerchi dolce compagnia, ve lo diciamo lo stesso: a Capodanno, intimo rosso!

Buon anno nuovo!

Un 2020 molto rock

Come abbiamo già visto, la birra va molto d’accordo con la musica. Quale miglior modo per vivere questa combinazione che ad un concerto rock? Vediamo quali sono le date più attese nella nostra penisola per quest’anno.

gennaio arrivano gli Anti-Flag, gruppo punk-rock noto per il suo coinvolgimento in cause sociali, vicino a Greenpeace e Amnesty International. Li vediamo martedì 14 a Seregno, provincia di Monza e Brianza.

Chiudiamo il mese restando nelle vicinanze, a livello geografico e musicale: il 28 si esibiranno i Sum41 al Lorenzini District di Milano.

Ancora nel capoluogo lombardo, all’Alcatraz, il 6 febbraio possiamo ascoltare gli acuti dei Darkness. Ai Magazzini Generali l’8 è il turno dei Kaiser Chiefs. Gli Stereophonics suonano la stessa sera al Lorenzini District e gli Slipknot martedì 11 al forum di Assago: solo per coraggiosi!

Roma, il giorno 15 si esibisce Liam Gallagher, il fondatore degli Oasis.

Il 16 torniamo all’Alcatraz a sentire i Five Finger Death Punch insieme ai Megadeth, e restiamo in questa location, la più grande della città, anche il giorno successivo per assistere allo show dei Dropkick Murphys: per gli amanti del pogo. Se invece vogliamo trascorrere una serata più tranquilla, in cui musica e comicità vanno a braccetto, al Lorenzini District il 19 ci godiamo lo show dei Tenacious D, il progetto dell’attore Jack Black.

Al Fabrique di Milano, marzo è all’insegna dell’indie-rock: salgono sul palco prima i Cage the Elephant, il giorno 4, seguiti dai The 1975, il 28.

Bologna invece, prima ci scaldiamo il sangue con la passione di Santana all’Unipol Arena; poi cala la notte col “Principe delle Tenebre”: Ozzy Osbourne regna il 10 a Casalecchio di Reno.

Aprile è il mese degli Yes: la leggendaria band prog-rock suona il 28, il 29 e il 30 rispettivamente a Milano, al Teatro dal Verme, a Roma, all’Auditorium della Conciliazione, e Padova al Gran Teatro Geox. Il 29 e il 30 si esibisce anche John Butler, al Politeama Rossetti di Trieste e al Gran Teatro Morato di Brescia.

Il 24 maggio arrivano i Queen a Casalecchio di Reno, Bologna. A cantare i testi di Sir Freddy Mercury è Adam Lambert, talentuosa voce divenuta celebre con la sua partecipazione al reality American Idol. Questo mese Joe Satriani percorre la Penisola: i giorni 10, 12, 14, 15, 16 e 18 sarà al Teatro Europauditorium di Bologna, al Teatro Verdi di Firenze, al Teatro Augusteo di Napoli, al Teatro Politeama Greco di Lecce, all’Auditorium Conciliazione di Roma e al Teatro Dal Verme di Milano.

D’estate le cose si fanno ancora più intense: siete pronti per giugno?

Il 6 al Forum di Assago (MI) e l’8 a Casalecchio di Reno (BO), a suonare la chitarra è una “mano lenta”: quella di Eric Clapton.

Se il 10 e il 13 sentite dei tremori, tranquilli, non è un terremoto: sono i passi di un gigante, Paul McCartney, che arriva in Piazza del Plebiscito a Napoli e al Lucca Summer Festival.

Al Firenze Rocks la più grande rockstar italiana: il Vasco nazionale, si esibisce il 10, seguito il giorno successivo dai Green Day e i Weezer. Segue un giorno di pausa dalla Toscana: il 12 andiamo a Rho (MI) per assistere alla potenza dei System of a Down insieme ai Korn. Torniamo al festival fiorentino il 13, giusto in tempo per non perderci i Red Hot Chili Peppers.

Il 14, a Rho, vanno in scena i Foo Fighters, mentre al castello di Villafranca di Verona, è il turno dei Lynyrd Skynyrd. Sweet Home Villafranca!

Anche luglio è un mese molto caldo: inizia con i Deep Purple, al Bologna Sonic Park il 6, seguiti dai Rammstein allo Stadio Olimpico di Torino il 13. Lo stesso giorno i Kiss danno spettacolo all’Arena di Verona.

La chitarra diventa acustica nelle mani di Yusuf Islam (Cat Stevens), il 18 e il 20, in Piazza Napoleone a Lucca e alle Terme di Caracalla a Roma. Chiudiamo il mese dove l’abbiamo iniziato, al Sonic Park di Bologna, con un altro gruppo particolarmente scenografico: gli Iron Maiden, in concerto il 20.

Ad agosto stiamo più tranquilli, con le melodie di Ziggy Marley il 12 alla Festa di Radio Onda d’Urto (Brescia). Sullo stesso palco salgono i Tre Allegri Ragazzi Morti il 22 e i Subsonica il 23.

Lo sapevi che Johnny Depp ha una band insieme ad Alice Cooper e Joe Perry? Puoi scoprirli il 10 settembre al Forum di Assago(MI). Questo mese inoltre, Zucchero canta tutto il suo amore per Verona: si esibisce all’Arena i giorni 22, 23, 25, 26, 27, 29, 30 (e anche il 2, 3 e 4 ottobre!).

Tash Sultana la conoscete? È una ventiquattrenne australiana che utilizza i pedali degli effetti della sua Stratocaster in maniera decisamente originale: per ascoltarla dal vivo bisogna andare a Segrate, al Circolo Magnolia mercoledì 9.

novembre, semplicemente rosso: i Simply Red suonano al Mediolanum Forum di Milano il 16.

Chiudiamo l’anno con le ballate di Bryan Adams, il 14 e il 15 dicembre a Casalecchio di Reno (BO) e al Mediolanum Forum di Assago (MI).