Che fico!

Oggi parliamo del frutto di un cactus originario del Messico, diffuso anche sul nostro territorio nelle zone più calde della penisola. La polpa dolce e le sue qualità benefiche lo rendono un frutto davvero fichissimo!

L’Opuntia Ficus Indica è una pianta sempreverde di origine messicana. La forma oblunga e peduncolata dei frutti che produce richiama quella delle pere, ma vista la presenza delle spine americani e britannici hanno soprannominato il fico d’India prickly pear (letteralmente “pera spinosa”). Il nome con cui lo conosciamo oggi lo dobbiamo a Cristoforo Colombo che ha portato questi originali fichi dall’America o, più precisamente, dalle “Indie”. Arriva in Europa intorno al 1500, diffondendosi nel Sud dell’Italia – in particolare in Sicilia e in tutto il bacino del Mediterraneo – per via del clima temperato e particolarmente favorevole al suo sviluppo.

Esistono fichi di vari colori, a seconda delle varietà. I frutti giallo-arancioni appartengono alla variante sulfarina, la più diffusa. I fichi rosso porpora sono di varietà cosiddetta sanguigna. E infine i fichi bianchi, della pregiata varietà muscaredda. A seconda del periodo in cui nascono, i fichi avranno anche forma diversa: i primi sono generalmente tondeggianti, mentre quelli più tardivi hanno forma allungata.

Forse non tutti sanno che le parti commestibili della pianta del fico d’India sono in realtà tre. Le pale hanno la consistenza delle taccole e possono essere cucinate come una comune verdura e potranno essere usate per realizzare delle sfiziose cotolette vegetariane. Bisognerà bollirle per circa 10 minuti per eliminare il gel che contengono. Panarle con del pangrattato e friggerle in olio caldo finché non saranno dorate. I fiori invece – come altre erbe selvatiche – possono essere usati per arricchire un’insalata. Infine coi frutti è possibile realizzare confetture, sciroppi, gelati, granite e persino risotti. 

Proprietà

Oltre ai tantissimi semi che contiene (circa 300 per ogni frutto), il fico d’India è ricco di fibre, consigliato dunque per regolarizzare il transito intestinale. Contiene una gran quantità di vitamina C, dettaglio che lo rende un ottimo antiossidante e utile per incentivare il rinnovamento cellulare. È anche un frutto particolarmente dissetante perché costituito all’80% da acqua.

Oltre all’acqua, i fichi d’india (nello specifico le pale) contengono un gel naturale, molto simile a quello di aloe per utilizzo e proprietà. Per godere dei benefici di questo gel sarà meglio assumerlo per via interna e sempre con cautela. Le sue proprietà potrebbero infatti impedire l’assorbimento di farmaci. È molto usato come cosmetico per lenire la pelle ustionata o graffiata, eritemi o curare i foruncoli.

Versatile in cucina e ricco di qualità benefiche per tutto l’organismo, il fico d’India è uno dei frutti protagonisti dell’estate: cosa aspetti ad assaggiarlo?

La birra e la fermentazione

Non di rado accade sentire, in qualità di barman, publican, addetti alla spillatura in eventi e manifestazioni, frasi del tipo “Mi dai una birra poco fermentata?”, “Io preferisco la bassa fermentazione perché non mi dà problemi di digestione” o “Posso avere una birra con poco o senza lievito?”. È necessario fare un po’ di chiarezza circa la questione della fermentazione birraria. Innanzitutto essa avviene quando i lieviti (ingrediente fondamentale della birra!) aggrediscono la parte fermentiscibile del mosto trasformando la componente zuccherina in alcol e anidride carbonica. Esistono principalmente due tipi di fermentazione: bassa o alta.

Bassa: le Lager

A bassa fermentazione viene prodotto oltre il 90% delle birre mondiali, le cosiddette Lager. È un metodo produttivo mediante il quale i lieviti del ceppo Saccharomyces Carlsbengensis lavorano prevalentemente sul fondo del tino a temperature comprese tra i 6 e i 9 gradi. Con questo tipo di tecnica vengono prodotte birre rigorose che, nella maggior parte dei casi, rientrano nello stile cui appartengono e valorizzano il puro utilizzo di acqua, malto d’orzo, luppolo e lievito. Non a caso sono la Germania e la Repubblica Ceca a esprimere le migliori birre con tali caratteristiche. L’unica accortezza, necessaria a trattare le Lager come si deve, è fare in modo che la catena del freddo sia sempre mantenuta e che il prodotto venga consumato entro 3-4 giorni al massimo dal momento in cui il fusto viene attaccato all’impianto di spillatura.

Alta: le Ale

Quando parliamo, invece, di alta fermentazione ci riferiamo al mondo delle Ale, birre generalmente di derivazione belga, inglese o americana. In questo caso i lieviti utilizzati sono del tipo Saccharomyces Cerevisiae e lavorano nella parte alta del tino a temperature comprese tra i 15 e i 23 gradi. È un metodo produttivo che permette al mastro birraio una libertà creativa maggiore, grazie anche alla possibilità di elaborare ricette che comprendano l’impiego di un quantitativo di spezie pressoché illimitato. Ne risultano birre molto ricche dal punto di vista sensoriale: gustativo quanto olfattivo. Tuttavia la produzione mondiale di prodotti ad alta fermentazione conta meno del 10% del totale. Per quanto riguarda l’universo della birra artigianale, è comunque la tecnica preferita dei mastri birrai italiani, artisti sapienti nell’utilizzo di materie prime di qualità anche provenienti dal territorio nazionale.

Fermentazione spontanea: il Lambic

Esiste, poi, un terzo tipo di fermentazione meno conosciuta e comune tra i consumatori di birra tradizionale: la fermentazione spontanea. È un procedimento caratteristico con cui viene prodotto il Lambic, tipologia di birra tipica del Belgio (regione del Pajottenland) e, in particolare, derivante dalla città di Lambeek. È definito spesso come l’anello mancante tra il mondo della birra e quello del vino per le sue note acide caratteristiche. La tecnica produttiva consiste nel lasciare il mosto in grandi vasche all’aperto, durante i mesi freddi, cosicché avvenga una fermentazione grazie ai batteri “selvaggi” autoctoni che trasformano gli zuccheri in alcol. Alcuni di questi lieviti sono stati selezionati e catalogati come Batteriomyces Bruxellensis e B. Lambicus. Successivamente avviene una rifermentazione in botte che può durare da un anno (giovane) ad anche più di tre (vecchio). Data la notevole (e spesso ostica per i palati “comuni”) acidità, viene talvolta aggiunta della frutta. A seconda del prodotto impiegato il Lambic, cambia nome: Kriek (ciliegie), Framboise (lamponi), Faro (zucchero candito) o Geuze (blend di lambic giovane e vecchio). Alcune aziende aggiungono anche pesche, uva o sciroppi di frutta per dolcificare il risultato finale e raggiungere un target più ampio di consumatori. Negli ultimi anni, in Italia, questa tipologia sta prendendo largamente piede e sono molti i mastri birrai che si sono cimentati in birre artigianali con elevata acidità, riscuotendo anche un buon successo nel resto del mondo.

Il pesce allevato è buono?

Le origini dell’acquacoltura sono molto antiche, con testimonianze che risalgono al 2500 a.C.. Gli antichi Romani la praticavano su branzini, orate, murene e molluschi, ma fu poi abbandonata in seguito alla caduta dell’Impero. La pratica divenne poi importante in Europa nel Medioevo e nel 1741, con la scoperta della fecondazione artificiale sulle trote di fiume, iniziò l’acquacoltura moderna.

Una scelta sostenibile

L’allevamento in acqua dolce e salata è al momento la risposta più efficace alla crescente richiesta del prodotto sul mercato e alla necessità di tutelare gli ecosistemi di mari e fiumi. L’allevamento in vasche permette di tutelare gli ecosistemi acquatici e garantisce la completa tracciabilità dell’alimento, che non sarà peraltro soggetto al bioaccumulo di metalli pesanti.

Va tuttavia precisato che non tutti gli allevamenti sono uguali: esistono diverse modalità di gestione che possono rendere uno stabilimento più o meno sostenibile o rispettoso del benessere animale.

Erede Rossi Silvio

È per questo che Pam Panorama ha selezionato come fornitore delle proprie trote salmonate l’azienda Erede Rossi Silvio, che dalla fondazione, negli anni Quaranta, è cresciuta sfruttando l’innovazione tecnologica e le energie rinnovabili.

La Certificazione ASC (Acquaculture Stewardship Council) attesta la sostenibilità dell’azienda, coprendo aspetti che vanno dal rispetto della biodiversità all’utilizzo responsabile di farmaci, dalla qualità dei mangimi alla riduzione di rifiuti ed emissioni. Il bilancio non si ferma qui: vengono prese in considerazione anche le condizioni di lavoro, il rispetto delle norme igieniche e di sicurezza e le interazioni con la comunità e il territorio.

Ma il pesce allevato è buono?

Spesso il pesce da allevamento è soggetto ad alcuni pregiudizi negativi, dovuti alle lacune delle tecniche più obsolete e meno rispettose del benessere animale.

Le pratiche di acquacoltura del Gruppo Rossi ripongono una grande attenzione all’ossigenazione delle vasche e al rispetto degli spazi vitali dei pesci, generando anche correnti artificiali per stimolarne il moto. Favorendo in modo naturale lo sviluppo muscolare degli animali, si ottengono carni di qualità paragonabile a quella del pescato: un alto contenuto proteico e pochi grassi, principalmente Omega3, fondamentali per la salute del sistema cardio-circolatorio.

Le sue proprietà nutrizionali dipendono molto dalla dieta: i mangimi utilizzati conterranno algheolio e farina di pesce. Non si tratta di sottoprodotti, ma di pesce fresco che costituirebbe la normale dieta delle trote anche in natura. Non mancano poi componenti vegetali, provenienti da produzioni proprie e completamente italiane, mentre sono del tutto esclusi gli antibiotici, sin dalla nascita.

Acquistando la Trota Salmonata Pam Panorama hai la garanzia di un prodotto sicuro e sostenibile, la cui filiera produttiva è italiana al 100%.

Ma cos’è la trota salmonata?

La trota è un pesce dello stesso genere del salmone. Rispetto al salmone ha una carne molto più magra, dal sapore delicato che caratterizza le specie di acqua dolce. Entrambi questi pesci hanno una peculiarità: la loro carne diventa rosa quando la loro dieta è ricca di carotenoidi, pigmenti contenuti nei piccoli crostacei di cui si cibano. Quella che definiamo “trota salmonata”, quindi, non è una specie particolare di trota, ma qualsiasi trota che mangia carotenoidi a sufficienza.

Piccola curiosità: anche i fenicotteri sono rosa per lo stesso motivo!

I polpi sono piuttosto intelligenti

Sui polpi se ne sentono tante: sono in grado di fuggire dagli acquari, scegliere nascondigli fantasiosi, mimetizzarsi e risolvere problemi. Sono animali parecchio curiosi ma che preferiscono la solitudine alla compagnia del gruppo. Cosa sappiamo dire sulle loro capacità intellettive?

Le cosiddette “teste pensanti” del regno animale (grandi scimmie, elefanti, delfini, balene, pappagalli) hanno in comune due peculiari tratti: vivono in gruppo e a lungo. Questo perché il loro cervello ha bisogno di tempo per svilupparsi e, crescendo, impara a difendersi dai pericoli. Se includiamo però anche il polpo fra le creature pensanti, scopriamo subito a malincuore che è un animale schivo e decisamente poco longevo. Preferisce stare lontano dai propri simili e vive circa due anni, morendo poco dopo l’accoppiamento.

Neuroni e tentacoli

Sono circa mezzo miliardo i neuroni di un polpo, tanti quanti quelli di un gatto domestico. La conformazione cerebrale dell’ottopode prevede la presenza di un cervello centrale che comunica attivamente con otto tentacoli. Da uno studio condotto dagli esperti dell’Okinawa Institute of Science and Technology Graduate University (OIST) è emerso che il polpo ha un solo cervello ma anche otto tentacoli “intelligenti”, ognuno capace di muoversi e prendere decisioni indipendentemente dagli altri. Con i tentacoli, i polpi sono in grado di muoversiannusare e persino cacciare. Quasi come se avessero otto cervelli ausiliari!

Ma com’è possibile?

Ciò che ha permesso alla mente del polpo di evolversi è probabilmente la perdita del guscio. I primi cefalopodi si differenziavano dagli altri molluschi poiché erano muniti di una corazza protettiva che permetteva loro di camminare sui fondali, nuotarvi al di sopra ma soprattutto di difendersi dagli attacchi delle altre creature marine. Nel momento in cui gli antenati del polpo ebbero la necessità di raggiungere maggiori profondità per sopravvivere, furono avvantaggiati gli (allora pochi) esemplari senza guscio, caratteristica che diventò poi la regola per l’intera specie. Questo permetteva loro di nuotare con più facilità ma non di proteggersi dai predatori. Ecco che, in mancanza di una corazza, i cefalopodi han dovuto, per così dire, “spremersi le meningi”, imparando a difendersi dai pericoli del mare servendosi della propria propria intelligenza. Solo gli esemplari più astuti riuscivano infatti a sopravvivere e riprodursi, trasmettendo queste capacità alla prole. I polpi sanno cambiare colore per mimetizzarsi e addirittura mimare altri animali per confondere un predatore o una preda… E tutto questo senza saper distinguere i colori!

Come fanno? Ne parleremo in un altro articolo. Continua a seguirci!

4 piante per la tua casa

Ottime per arredare in tutte le stagioni, le piante da appartamento regalano molta gioia anche ai meno pratici di giardinaggio: non necessitano di cura costante né di luce diretta. Se stai pensando di utilizzarle per arricchire la tua casa anche nelle stagioni fredde, eccone quattro che potrebbero piacerti! 

Pothos 

Pianta rampicante con foglie lucide a forma di cuore, con variegature bianche o dorate. Basta innaffiarla due o tre volte a settimana in estate e con minore frequenza in inverno e resiste bene in condizioni di scarsa illuminazione. urifica l’aria, bella in vaso a terra o sospeso. Tollera bene la mancanza di acqua e luce.

Aloe

Pianta dalle mille proprietà medicinali e cosmetiche, l’Aloe non dovrebbe mai mancare in casa: il gel contenuto nelle foglie dona sollievo alla pelle subito dopo una scottatura e può essere applicato anche sul viso come maschera riequilibrante. La pianta può crescere molto, se in un vaso capiente

Edera da appartamento

Molto scenografica ed elegante, l’edera richiede pochissima cura. Posiziona il vaso in una posizione fresca e luminosa: puoi farla scendere a cascata da un mobile alto o appendere il vaso direttamente al soffitto. 

Ficus

Ne esistono diverse specie. Ha generalmente foglie lucide e richiede un terriccio fertile e ben drenato. Ottima in casa perché assorbe la formaldeide emessa da alcuni materiali d’arredo, ma occhio alle foglie e la linfa, che sono tossici se ingeriti! 

I benefici della soia

Nel mondo globalizzato è sempre più facile assaggiare i cibi di un’altra cultura: non è neanche più necessario recarsi in una città cosmopolita. La scelta ricade spesso sul sushi o sul cinese? Allora sicuramente non manca la soia, nella classica salsa o sotto forma di tofu. 

In generale 

La soia è un legume che contiene tutti e tre i macronutrienti principali: proteine, grassi e carboidrati. Per ogni 100g di prodotto crudo si registrano in media 36g di proteine, 20g di grassi e 30g di carboidrati. 

È inoltre ricca di vitamina Cvitamine del gruppo B ed è una buona fonte di fibre. Anche i micronutrienti più importanti fanno quindi parte dei valori nutrizionali del legume “orientale”. 

I prodotti a base di soia più conosciuti in Occidente sono tre:

  • la bevanda di soia (detta anche “latte di soia“) si ottiene filtrando una miscela di acqua e fagioli di soia bolliti e frullati. È usata come alternativa al latte per gli intolleranti al lattosio, ma non contiene naturalmente calcio, perciò va integrato o addizionato, come avviene per le bevande di soia in commercio.
  • Il tofu è un formaggio fresco di soia: si ottiene facendo cagliare il latte di soia con qualche goccia di succo di limone e pressando la cagliata. I valori sono simili a quelli della bevanda, ma con una maggior percentuale di proteine rispetto ai carboidrati. I grassi restano pochi, principalmente polinsaturi
  • La salsa di soia è un condimento che si ottiene dalla fermentazione della soia. Esiste in diverse varianti, ma le più conosciute solo la Tamari, più salata, tipica della cucina cinese, e la Shoyu, a cui viene aggiunto del frumento. È un condimento povero di grassi, ma anche ricco di sodio, quindi va usato con moderazione.

Soia e derivati giocano un ruolo cruciale anche nell’alimentazione vegetariana e vegana: questo perché, a differenza degli altri legumi, contiene tutti gli amminoacidi essenziali. 

A suscitare grande interesse però è anche il contenuto di “isoflavoni”, molecole strutturalmente simili agli ormoni femminili (gli estrogeni) che potrebbero essere utili per curare alcuni disturbi tipici della menopausa, come le vampate di calore e l’aumento di peso. 

Per le ossa

Un gruppo di ricercatori della University of Hull (Inghilterra) ha selezionato 200 donne che attraversavano la prima fase della menopausa, dividendole in due gruppi. Il primo avrebbe assunto per sei mesi un preparato di proteine di soia, mentre il secondo avrebbe assunto lo stesso alimento, ma addizionato di isoflavoni.

Entrambi i gruppi hanno dimostrato buoni risultati nelle analisi sulla salute delle ossa, che dopo la menopausa sono più soggette a fratture per la bassa produzione di estrogeni. Dallo studio sarebbe emerso un effetto positivo della soia, e ancor più degli isoflavoni, sulla mineralizzazione dello scheletro; va anche detto, però, che sei mesi sono una durata limitata e gli effetti a lungo termine sono ancora tutti da dimostrare.

Per il cuore 

Secondo uno studio internazionale, che ha tenuto conto di 11 lavori diversi volti a dimostrare le proprietà anti-colesterolo della soia, il legume è in grado di abbattere del 10 – 15% il colesterolo cosiddetto “cattivo” (LDL)

Un’altra analisi sul medesimo argomento, condotta da alcuni esperti della University of Toronto (Canada), ha evidenziato che aggiungendo alla soia cibi di origine vegetale (come la frutta secca), già noti per ridurre il colesterolo nel sangue, si riducono i fattori di rischio cardiovascolare del 30%

Un flash per gli sportivi 

Le proteine della soia sono tra le pochissime proteine considerate “complete”, costituite cioè da tutti i 9 amminoacidi essenziali. La soia inoltre è un’ottima fonte di aminoacidi a catena ramificata (BCAA), che svolgono un ruolo decisivo nella costruzione muscolare. 

Gli integratori di amminoacidi BCAA vengono utilizzati per migliorare le prestazioni fisiche e soprattutto in seguito a intensi sforzi, per accelerare il processo di recupero

La soia può essere quindi considerata un ottima alternativa “naturale” agli integratori. 

Controindicazioni

Essendo la soia ricca di isoflavoni, negli anni si è discusso il problema di una esagerata assunzione per gli uomini. Ci si chiedeva in particolare quali effetti avrebbe potuto avere sul testosterone, l’ormone androgeno prodotto dai testicoli. In pochissimi casi si è registrato l’abbassamento di testosterone, ma secondo gli studiosi ciò era dovuto a un’eccessiva quantità di soia consumata, legata anche a una dieta generalmente sbilanciata

Abitudini alimentari equilibrate che includano un’assunzione controllata di soia porterebbero, secondo gli esperti, a un effetto neutro sul testosterone. 

Ultima curiosità per chi segue una dieta vegana: da una ricerca della McGill University (Canada) è emerso che il latte di soia, comparato agli altri più comuni di origine vegetale (mandorla, riso e cocco), è il più equilibrato dal punto di vista nutrizionale

Conclusione

“Siamo quello che mangiamo” diceva il filosofo Feurbach più di duecento anni fa. 

L’alimentazione è una cosa seria, da essa dipende gran parte della nostra salute. Gli effetti benefici della soia in determinate situazioni sono stati ampiamente dimostrati, ciò non la esclude da un principio comune a tutti gli alimenti: non esagerare

I medici concordano sui benefici di una dieta varia, basata principalmente su frutta e verdura, cereali integrali, legumi e pesce. Prima di assumere integratori o aumentare considerevolmente il consumo di un singolo alimento è sempre bene rivolgersi a un nutrizionista o dietista esperto. 

In vino veritas?

Più di altri alcolici, e forse proprio per il suo valore nella nostra cultura, il vino è la bevanda che porta quel caratteristico stato di euforia, capace di indurre l’individuo a parlare con maggiore franchezza e a rapportarsi agli altri senza troppe inibizioni. Per questo il vino si è rivelato un potente alleato della verità, usato dai potenti per interrogare chi, da sobrio, avrebbe potuto ingannarli.

Era il II secolo d.C. quando il sofista greco Zenobio usò la famosa espressioneper dire che proprio nella bevanda rubina giaceva la verità. Chi ne beveva risultava più espansivo e spesso propenso a confessare segreti che, altrimenti, avrebbe mantenuto tali.

Chi ha fatto di questo detto un vero e proprio mantra – come ben dimostra la lingua in cui tutt’ora circola – furono i latini. In origine l’espressione usata era più ampia: in Vino veritas, in Aqua sanitas. Fu trasmessa per la prima volta da Plinio il Vecchio che pare volesse contrapporre al potere disinibitorio e pericoloso del vino, quello purificatore dell’acqua. Quest’ultima, da tale contrapposizione, sembra essere la bevanda perfetta per fare scelte morigerate e consapevoli. 

Persiani presero spunto dall’analisi di Plinio il Vecchio per affermare che qualunque cosa venisse proferita sotto gli effetti del vino, doveva essere riesaminata una volta che l’individuo in questione fosse tornato sobrio.

E dunque la verità dove sta? Probabilmente andrà sostenuta la tesi di Erasmo da Rotterdam, il quale distingue fra due tipologie di ebbrezza. Una “sfrenata”, che mette a repentaglio la salute dell’uomo e altera la propria visione della realtà, e una “moderata”. Quest’ultima è quella che favorisce la convivialità e libera le emozioni. Ecco che forse, come virtusin medio stat anche veritas!

Perché scegliere frutta e verdura di stagione?

È molto importante conoscere i cicli della natura per assencondarli nel rispetto dell’ambiente, ma anche per variare la propria dieta costantemente e nel segno del risparmio!

Vediamo insieme cosa portare in tavola a aprile.

L’importanza di consumare frutta e verdura di stagione

Ormai è molto facile reperire tutti i prodotti che desideriamo durante tutto l’anno, ma è fondamentale indirizzare la propria alimentazioneverso scelte alimentari consapevoli, evitando gli sprechi, riducendo il consumo di prodotti con costi di trasporto elevati e affidandosi ai cicli della natura. 
Durante i periodi più freddi, dunque, scegliamo di cucinare zuppe, vellutate, minestroni e piatti caldi a base di verdure invernali, mentre nei mesi soleggiati possiamo optare per insalatone, paste fredde, insalate di riso, verdure crude e tante macedonie.

I vantaggi della frutta e verdura di stagione

Alimentarsi secondo i cicli naturali è più soddisfacente a livello di gusto e ci consente di risparmiare.

Acquistare prodotti di stagione infatti costa meno, poiché la loro produzione non prevede i costi della coltivazione in serra e di trasporto: un aspetto particolarmente evidente per quanto riguarda i prodotti cosiddetti a “km 0”, ovvero coltivati in loco.

La frutta e la verdura di stagione sono inoltre più ricche di principi nutrienti. Insomma, scegliere prodotti di stagione conviene: ci consente di risparmiare e di mangiare in maniera più salutare e gustosa!

Una scelta green

Certamente mangiare frutta e verdura, in generale, fa bene. Ma la consapevolezza negli acquisti aiuta la terra e rispetta le persone. Scegli consapevolmente, fa bene a tutti!

4 dritte per allenarsi a casa

La chiusura delle palestre ti ha buttato giù? O sei sempre stato un campione di pennica sul divano? Alla luce dal periodo che stiamo attraversando, allenarsi a casa è una pratica che tanti hanno rivalutato e inserito nella propria routine. Un modo alternativo e pratico di tenersi in forma che può tornare utile per digerire un pasto più abbondante del solito.

Sei pronto a sfruttare 4 semplici consigli e iniziare ad allenarti a casa?

Attrezzatura fai-da-te

Dopo aver reperito un tappetino antiscivolo o un telo mare sufficientemente spesso, rivaluta gli oggetti che hai in casa. Ciascuno di essi può essere usato durante l’allenamento, senza dover acquistare alcun attrezzo. Pratiche ed economiche, le bottiglie d’acqua sono un’alternativa ai tradizionali manubri. Nonostante il loro peso oscilli da 1 a 2 chili – a seconda si utilizzino bottiglie da 1 o 2 lt–, amplificheranno l’impatto del nostro workout, specie se questo si concentra sulla parte alta del corpo. Se vogliamo invece allenare la parte inferiore, le casse d’acqua intere simulano l’utilità di una kettlebell o di un bilanciere olimpico: non sono altrettanto stabili, ma di sicuro sono economiche e funzionali.

Low-impact workout

L’impatto a cui si fa riferimento è quello su ossa e giunture le quali – limitando o omettendo movimenti bruschi come i salti – non verranno sollecitate troppo. Per low-impact workout si intendono esercizi eseguiti facendo aderire uno o entrambi i piedi al pavimento, che si susseguono in maniera fluida e che evitano di infastidire sia le giunture che i vicini del piano di sotto. Anche se senza salti o scatti, un allenamento definito “low-impact” non è necessariamente meno efficace funzionale: nonostante i movimenti compiuti siano limitati, la velocità alla quale si susseguono e la durata totale del workout determina l’incremento del battito cardiaco e della fatica impiegata. Sarà perciò possibile bruciare calorie e tonificare il proprio corpo anche un workout a “basso impatto”.

Esercizio culinario

Si dice che la propria forma fisica dipenda solo al 20% dall’allenamento e all’80% dall’alimentazione. Nessun allenamento sembrerebbe efficace senza un bel po’ di attenzione ai fornelli. La cucina gioca un ruolo fondamentale nell’allenamento casalingo, poiché il cibo assunto deve essere commisurato al movimento svolto nell’arco della nostra giornata (che spesso tendiamo a sovrastimare). Cucinare con attenzione non vuol dire escludere i grassi o i carboidrati dalla propria alimentazione, privando il corpo di nutrienti fondamentali, ma cucinare e mangiare con consapevolezza.

Bisogna allenarsi anche nella scelta degli alimenti per fornire al proprio corpo tutti i nutrienti necessari, limitando i cibi ricchi di grassi saturi e assumendo una porzione di carboidrati prima di allenarsi. Proprio i carboidrati sono utilissimi per il corretto svolgimento dell’attività fisica, dandoci modo di recuperare sostanze ed energie spese durante l’allenamento.

Costanza e determinazione

Chi era abituato ad andare in palestra 4-5 volte a settimana ha dovuto reinventare la propria routine e trovare lo stimolo per allenarsi nel luogo solitamente dedicato al relax. Essere determinati nell’allenamento casalingo non è facile proprio per l’associazione fra il concetto di casa e quello di riposo. Ma se l’idea di affrontare un’ora e mezza di allenamento ci fa subito desistere dal lasciare la nostra comodissima poltrona, ridurre il tempo del workout potrebbe aiutarci. Scegliamo di allenarci per massimo 20-30 minuti aumentando l’intensità, svolgendo esercizi ad alto impatto o incrementando le ripetizioni per esercizio. Selezioniamo 3-4 movimenti che ci permettano di allenare tutte le parti del corpo (addome incluso) e serviamoci di un timer per cronometrare il nostro workout.

Cambiare abitudini e usare casa come una palestra è tutt’altro che impossibile: basta munirsi dell’attrezzatura giusta, creare la propria routine di allenamento, e fare sempre attenzione al ruolo che giocano alimentazione e forza di volontà in questo nuovo modo di allenarsi.

Gazpacho, delizia spagnola

L’ideale per la bella stagione: il gazpacho è una zuppa fredda tipica della Spagna, composta generalmente da olio, aceto, pane e ortaggi crudi, solitamente pomodori, peperoni, cetrioli, cipolla e aglio.

Le origini dell’alimento sono incerte ma pare che provenga dall’Andalusia, regione che abbonda dei suoi ingredienti e dalle estati calde e aride. Anche risalire alla genesi del nome non è compito facile: c’è addirittura chi sostiene che derivi dal dialetto toscano.

contadini iberici si sono nutriti di pane, olio e aceto per secoli: secondo le fonti scritte, almeno dal periodo di dominazione mussulmana, nell’VIII secolo.
Con l’arrivo dei prodotti dall’America, come il pomodoro e il peperone, il piatto si arricchisce e si evolve nel tempo fino a diventare quello che conosciamo oggi.
In origine quindi questo piatto somigliava più a quello che viene chiamato attualmenteajoblanco: una zuppa fredda tipica di Malaga fatta di aglio, acqua, olio, pane e mandorle tritate.

La variante di Cordoba, chiamata salmorejo, è più cremosa, visto l’abbondante uso di pan grattato. Esistono anche versioni calde: sono i gazpachos manchegos, che accompagnano piccola selvaggina come coniglio o lepre, oppure carni bianche come pollo o pernice.

Come si diceva in apertura, il gazpacho è un ottimo pasto durante i mesi caldi: è idratante, ha un bassissimo importo calorico, è fonte di vitamine (A, C, E), minerali come fosforo, ferro, calcio, magnesio, manganese, zinco, rame, potassio e sodio, fibre e antiossidanti come il licopene.

Preparare il gazpacho è facilissimo. Ci vogliono: 1 kg di pomodori datterino, 1 peperone verde, 1 cetriolo, 2 spicchi d’aglio, 50 ml di olio extravergine d’oliva, 50 grammi di pane di grano duro, 250 ml di acqua, 5 grammi di sale e 30 ml di aceto. A discrezione l’aggiunta delle cipolle: in Spagna ogni famiglia ha la sua ricetta tradizionale. Frullare il tutto, filtrare in un colino e lasciare riposare in frigorifero per almeno un’ora. 
Infine, gustare e dissetarsi!