Selvaggio come il lievito

“Selvaggio”; se fossi un lievito, ti piacerebbe questo appellativo? Non che sia da intendere in senso dispregiativo, ma forse preferiresti essere chiamato col tuo nome di battesimo. Quello scientifico, ovviamente. La categoria di lieviti di cui si parla in questo articolo è quella dei non-Saccharomyces, ossia i primi ad insediarsi e svilupparsi in composti fermentescibili e sostituiti poi dai più famosi Saccharomyces, responsabili della trasformazione degli zuccheri del mosto in alcol.

Negli ultimi anni i lieviti selvaggi sono stati oggetto di vari studi, sia per le loro caratteristiche metaboliche che per le possibilità di utilizzo in campo enologico e soprattutto brassicolo. Controllandoli e bilanciandoli con altri lieviti, è possibile creare bevande dal gusto molto particolare, aromatico e singolare. Scopriamo insieme le varie tipologie di lieviti selvaggi.

Brettanomyces

I “selvaggi” per antonomasia vengono impiegati nell’industria brassicola per la loro capacità di produrre aromi speziati, altri più “rustici” ed altri ancora addirittura rancidi. Vengono spesso aggiunti dopo una prima fermentazione avvenuta ad opera dei Saccharomyces, per creare profili organolettici più complessi ed equilibrati. Ma possono anche essere usati come unico lievito per ottenere birre spiccatamente acide.

Kluyveromyces

In particolare la specie Kluyveromyces Thermotollerans risulta interessante per la sua capacità di metabolizzare il glucosio e ottenere non solo alcol ma anche quantità considerevoli di acido lattico. Queste birre hanno un profilo acido ma intervallato da sentori fruttati e piacevolmente floreali.

Candida

Si tratta di una categoria di lieviti molto diffusi nell’ambiente, capaci di trasformare l’alcol in acqua e anidride carbonica, rendendo la birra particolarmente acquosa. Gli aromi percettibili al gusto saranno invece quelli di mela verde e, per la consistente formazione di acido acetico, aceto.

Torulaspora

Questi lieviti hanno buone capacità fermentative e sono usati per conferire alla birra aromi complessi e interessanti, come quello di banana o chiodi di garofano ben riconoscibili nelle Weizen.

Gatti storici

Oggi vogliamo parlarti di alcuni felini che, accanto a padroni di spicco, hanno fatto la storia.

Brillant

I reali di Francia hanno sempre adorato i gatti, specie il re Luigi XV. Il monarca era legatissimo era molto legato al suo gatto d’angora, un micio di notevoli dimensioni ma estremamente docile, che era solito dormire nel cabinet du Conseil su un cuscino di damasco cremisi posizionato sopra al camino. Insomma, una postazione davvero regale per un gatto di alto lignaggio!

White Heather

La Regina Vittoria non era famosa solo per la sua morigeratezza e per aver dato vita a un vasto e longevo impero, ma anche per la sua passione per i gatti. Tra tutti spiccava White Heather, un persiano che fra le mura di Buckingham Palace era trattato come un vero e proprio principe. Da felino aristocratico qual era, non erano tollerati giri per le cucine o in giardino, ma doveva sempre e solo accompagnare la monarca e ricevere gli ospiti nei salotti migliori della residenza reale. Era il gatto più amato e riverito, visto che era la regina in persona a spazzolarlo ogni giorno.

Nelson

Dopo Mickey, un robusto soriano, e Tango, dal caratteristico manto arancione striato, ci fu il carismatico Nelson, il micione grigio di Sir Winston Churchill. Il primo ministro britannico amava circondarsi di gatti ma Nelson era di sicuro il suo preferito, visto con che assiduità partecipava al Consiglio dei Ministri, accoccolato su una sedia riservata esclusivamente a lui!

Snow White

Come molti colleghi scrittori (inclusi Petrarca e Dante, che scriveva spesso con un micio nero acciambellato sulle sue gambe), anche lo statunitense Ernest Hemingway amava i felini. Si dice che nella sua residenza a Key West, in Florida, vivessero tantissimi gatti ma Snow White era la più amata. Ricevuta in dono, la gattina in questione aveva le zampette polidattili, ciascuna con sei “dita”. In quella che oggi è la casa-museo di Hemingway vivono ancora i discendenti di Snow White e ben 23 sono polidattili come lo era lei.

Il mestiere del cervoisier

La birra non ha nulla da invidiare al vino e, vista la rapida diffusione della cultura che gravita attorno a questa bevanda, la figura del cervoisier (o beer sommelier) è sempre più richiesta sia in ambito commerciale che in quello della ristorazione. Ma di cosa si occupa precisamente?

Le mansioni richieste a un cervoisier sono simili a quelle di un sommelier di vino. È infatti un esperto di birra che si occupa sia di fornire dettagli circa il prodotto finito, sia di valutare il processo produttivo. Piccoli e grandi produttori si possono rivolgere a questa figura per ottenere consulenze professionali o ricevere assistenza per la selezione delle materie prime, dei metodi di lavorazione e del modo in cui presentare i prodotti al pubblico.

Specialisti nel settore del food-pairing, i cervoisier consigliano chef e avventori del ristorante sull’abbinamento birra e pietanze, guidando questi ultimi nella scelta del prodotto migliore in base alle sue caratteristiche e alla sua storia. Senza di loro non sarebbe possibile consultare una carta delle birre, presente ormai in ogni pub o ristorante per rispondere alle diverse esigenze dei clienti.

Per quanto riguarda l’ambito più strettamente commerciale, il cervoisier conosce le tendenze del mercato brassicolo ed è in grado di lavorare nella grande distribuzione selezionando i prodotti del catalogo, occupandosi di import-export e rivendita o, ancora, organizzando eventi di degustazione rivolti a clienti diretti o agli addetti alle vendite.

Esistono diversi corsi che permettono di diplomarsi come cervoisier, a cominciare da quello dell’Istituto tedesco Doemens, rivolto a professionisti del settore (mastri birrai, rivenditori, responsabili commerciali), docenti di scuole alberghiere e turistiche, professionisti della ristorazione o appassionati che vogliono intraprendere un percorso di formazione e ottenere un titolo riconosciuto in tutto il mondo. Altri importanti corsi sono poi tenuti dalla Beer Academy nel Regno Unito, e nel Nord America con il Cicerone Certification Program.

In Italia anche l’AIS (Associazione Italiana Sommelier) organizza corsi dedicati interamente all’ambito brassicolo per tutti coloro – più o meno esperti – che vogliono ampliare le proprie conoscenze circa una delle bevande più amate al mondo!

Sogni o sei desto?

Un occhio chiuso e l’altro aperto. È in questo modo che molti cetacei e uccelli si riposano, lasciando dormire un solo emisfero del proprio cervello e tenendo parzialmente o completamente attivo l’altro. Delfini e balene sfruttano il sonno uniemisferico per avvertire i pericoli in arrivo e continuare a respirare mentre dormono, mentre gli  uccelli migratori lo utilizzano per riposarsi senza interrompere la loro traversata.

Questo tipo di sonno comporta un’asimmetria tra un emisfero cerebrale e l’altro. Monitorando il cervello dei mammiferi (e dunque anche dell’uomo) si nota che gli stati di sonno e di veglia sono distinguibili dalla diversa attività elettrica cerebrale: sincronizzata nel primo caso e caotica nel secondo. Nel caso di sonno uniemisferico, le differenze si notano nel tipo di sincronizzazione dell’attività neurale: mentre l’emisfero destro è impegnato in un sonno a onde lente, il sinistro mostra un sonno meno profondo, indice di un più alto livello di allerta.

E noi?

Fino a poco tempo fa il sonno uniemisferico sembrava interessare solo gli animali ma studi recenti hanno dimostrato che anche gli esseri umani possono sperimentare un fenomeno simile quando per la prima volta in un luogo poco familiare come può essere la casa nuova o una stanza d’albergo. Questo viene definito “first night effect”, “effetto della prima notte”. 

La Brigham Young University ha cercato di ricavare ulteriori informazioni monitorando la mente e il corpo di 122 persone, e notando che chi aveva difficoltà ad addormentarsi rimaneva cerebralmente vigile anche mentre sonnecchiava.

Una possibile origine

Questa capacità di dormire con metà cervello per volta potrebbe derivare dalle asimmetrie strutturali dei due emisferi cerebrali, suddivisi in aree di diverse dimensioni, e con diverse densità neurali. Ma le ricerche fatte finora non bastano a dare una risposta certa all’origine di questo fenomeno.

Se non ci è mai capitato, possiamo solo continuare a interrogarci: cosa di prova a dormire senza farlo davvero?

La tua casa shabby chic

Quando il termine inglese shabby – “sciupato” – incontra l’aggettivo chic, nasce uno stile elegante e particolare. Uno in cui si valorizza o si simula l’usura del tempo su mobili e complementi d’arredo, come se fossero stati recuperati dalla soffitta e utilizzati senza un restauro accurato. Arreda la tua casa secondo questo originale stile!

Mobili

A rendere così affascinante il mobilio shabby chic è la patina del tempo, vera o simulata, che li trasforma in oggetti d’epoca. In cucina, per esempio, credenze e tavoli sono prevalentemente in legno naturale, o verniciati con tinte opache e gessose. Se non si è amanti del fai-da-te, si possono sempre recuperare dei mobili antichi presso i mercatini dell’usato, utili ad arricchire anche altre stanze della casa. Vasche da bagno con piedini, gabbiette a cupola puramente ornamentali, cappelliere, lampadari in ferro battuto, quadretti realizzati con foglie o fiori essiccati, perfetti anche per la zona notte.

Particolari

Una delle caratteristiche di questo stile sta nel dare risalto a oggetti di uso pratico tramite aggiunte “ricercate”, trasformandoli in veri e propri complementi d’arredo. Grazie a qualche pizzo e dei merletti, un normale cesto porta-biancheria avrà tutto un altro aspetto e sarai felice di tenerlo in bella vista.

Anche le pareti possono risultare più chic se abbellite con pannelli di legno pittati, intarsiati o incisi: si tratta delle boiserie, una decorazione molto diffusa nel ‘700 francese e tornata in voga intorno al 1950.

Colori

Le palette sono prevalentemente composte da colori chiari e polverosi: bianco, beige, panna, avorio, grigio perla e azzurro carta da zucchero. Sono tonalità particolari, spesso usate in una variante desaturata, per dare agli arredi l’aspetto retrò richiesto dallo stile.

Essenze e profumi

La creatrice dello Shabby chic, la britannica Rachel Ashwell, suggerisce di curare l’aspetto olfattivo dell’ambiente arricchendolo con candele, diffusori di profumo o sacchetti profumati di potpourri. Sei pronto a rinnovare la tua casa secondo questo stile?

Il patrimonio immateriale

Abitiamo una terra ricca di bellezze, posti suggestivi e piccoli gioielli architettonici di cui spesso trascuriamo il valore o ignoriamo l’esistenza. Indipendentemente dalla loro ubicazione o dimensione, l’UNESCO è l’organizzazione che si è sempre impegnata per proteggere questi luoghi, riconoscendoli parte integrante del patrimonio culturale internazionale. Eppure non tutti sanno che in questo patrimonio rientrano anche i cosiddetti beni immateriali. Cibi, usanze, riti e tradizioni che, al pari di qualunque altro cimelio artistico, vengono salvaguardati, apprezzati e promossi dall’UNESCO. Conosci i beni immateriali (commestibili e non) custoditi in Italia? Scopritelo in questo articolo

Dieta Mediterranea

È il 16 Novembre 2010 quando la Dieta Mediterranea entra a far parte del Patrimonio Culturale Immateriale. Rinomato modello alimentare, la Dieta Mediterranea viene oggi promossa come vero e proprio stile di vita: un insieme di usanze, simboli e tradizioni che caratterizza l’Italia e tanti altri paesi che si affacciano sul Mare Nostrum. Secondo l’UNESCO la Dieta Mediterranea è molto più di un semplice elenco di alimenti: è un complesso di valori e riti riguardanti il cibo in tutti i suoi aspetti e fasi, dalla coltivazione al modo di condividerlo. È un insieme di comportamenti che i popoli del Mediterraneo assumono nei confronti degli alimenti, nel rispetto della propria identità, simbologia e stagionalità. Per come viene vissuta e promossa, dunque, la Dieta Mediterranea è capace di incuriosire anche le popolazioni geograficamente più distanti, di affascinarle e convincerle a salvaguardarla.

Liuteria

Realizzare uno strumento musicale funzionante, assemblare tutti e 70 i pezzi che lo compongono in 250 ore, è un’arte a tutti gli effetti. Il saper fare liutario – forma di artigianato tipica del cremonese – consiste nel costruire e restaurare strumenti ad arco come violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Dal 2012 è un bene immateriale protetto dall’Unesco, le cui radici affondano però nel 500, quando intere famiglie si dedicavano al lavoro di bottega e indirizzavano i membri più giovani a un percorso di apprendistato meticoloso e impegnativo. Ad oggi sono due gli organi che a livello nazionale tutelano questa antica e prestigiosa forma d’arte: il Consorzio Liutai Stradivari e l’Associazione Italiana Liutaria. Due realtà che, rappresentando più di 100 artigiani, testimoniano il legame profondo fra gli artigiani, la musica e la storia del proprio paese.

Falconeria

“Non è solo un modo di cacciare, ma l’arte che sancisce la più pura alleanza fra uomo e animale”. Félix Rodríguez De La Fuente descrive così la falconeria, un’arte fondata sul legame dell’uomo con la fauna e col territorio in cui esercita questa pratica millenaria, riconosciuta e preservata dal 2016. I falconieri si tramandano tecniche e competenze di generazione in generazione, approfittando di eventi e manifestazioni per promuovere la diversità che – nonostante i metodi simili – li caratterizza. Nel mondo esistono ancora associazioni e club a sostegno di quella che è comunemente definita una pratica venatoria, ma che in realtà è un’antica e nobile arte basata sulla piena fiducia fra il falconiere e il proprio rapace.

Pizza

O più precisamente chi sa farla. I pizzaiuoli napoletani si aggiudicano il titolo di templari del piatto-simbolo della penisola solo nel 2017, sebbene quella della pizza sia una storia ben più antica. La prima pizza di pasta lievitata e condita con salsa di pomodoro la troviamo a Napoli a fine 700, tempo in cui questo piatto veniva consumato e apprezzato sia dai poveri, sia dai nobili. Oggi la pizza è un piatto amato da tutti anche oltre i confini italiani, ma prepararla alla maniera napoletana è un’arte che accademie (come quella dei pizzaiuoli di Napoli) e famiglie insegnano, tramandano e proteggono. Un’arte attraverso cui l’Italia esprime e veicola la propria unicità nel mondo.

Viviamo in una terra colma di bellezze, molte da ammirare con gli occhi ma tante da gustare col palato e da apprezzare attraverso i sensi. Una terra che ospita un patrimonio di beni, storico-culturali tutti da vivere. Tanti beni che, pur immateriali, vanno protetti e custoditi nel proprio cuore.

Tutto sugli asparagi

Stagione e raccolta

Gli asparagi sono ortaggi tipicamente primaverili: la loro stagione comincia a fine marzo e termina agli inizi di giugno. Il periodo di maggiore produzione è a maggio.

La produzione in Italia

Gli asparagi nostrani sono prodotti in PugliaCampaniaBasilicataSardegna ma anche in alcune zone del Nord Italia, come VenetoEmilia RomagnaPiemonte.

Le varietà di asparagi coltivate nella nostra penisola sono parecchie: dall’asparago bianco di Cimadolmo, di Bassano e di Cesena, all’asparago violetto di Albenga e di Napoli, da quelli verdi pugliesi a quelli di Santena, particolari per essere verdi con gran parte del gambo bianco.



Consigli per l’acquisto e la conservazione

Stai per acquistare i tuoi asparagi. Per fare un’ottima scelta ti basterà innanzitutto fare attenzione alle punte, che ne indicano la freschezza e lo stadio di crescita. Le punte ideali dovranno risultare ben sode e compatte, non troppo aperte o ammaccate, e non devono mostrare segni di marciume. Sposta adesso lo sguardo dalle punte ai gambi: anche questi devono essere ben sodi, senza grinze o segni di appassimento, e poco fibrosi. Infine, controlla la base del taglio: se questa è scura ed è anche molto bagnata significa che gli asparagi sono stati tagliati diversi giorni prima e messi a bagno in acqua per durare (e pesare!) di più.  

Dopo l’acquisto, puoi conservare i tuoi asparagi in frigo per non oltre 4-5 giorni (anche meno se non sono freschissimi) riposti in una busta di carta o avvolti in un panno umido che va rinnovato almeno una volta.
 In alternativa, puoi conservarli fuori frigo, ma attenzione: potrai tenerli così per un massimo di uno o due giorni, in un luogo fresco, preferibilmente con la base del gambo immersa in acqua fredda che rinnoverai ogni giorno.

Consigli per la cottura

Mano ai fornelli! Procurati un coltello abbastanza lungo e robusto, raggruppa i tuoi asparagi in un mazzetto uniforme e rimuovi qualche centimetro di parte legnosa dal gambo. A questo punto pulisci ogni gambo raschiandone la base con un coltello più sottile e affilato o con un pelapatate. Lavali bene con acqua corrente, quindi legali a mazzetti per cuocerli in padella o in tegame senza che se ne rovinino le punte (da 7 a 14 minuti, secondo le dimensioni). Infine, scolali appena scottati, per non disperderne in acqua tutte le proprietà. 

Per la bollitura degli asparagi ti consigliamo una pentola alta e stretta, nella quale sistemare gli asparagi con le punte in su al di fuori dell’acqua; essendo più tenere dei gambi sarà sufficiente il vapore per cuocerle. 

Un trucco da maestro? Se cuoci i tuo asparagi immergendoli completamente in acqua, è meglio che questa sia salata: ne ravviva anche il colore verde e ti risparmia un passaggio al momento di servirli. Per mantenerne il colore vivo e fermare la cottura, puoi anche raffreddarli in acqua e ghiaccio.

Ballaci su!

Quando senti il bisogno di sgomberare la mente e ricaricare le pile, accendi la musica e inizia a ballare. Ondeggiando al ritmo delle tue tracce preferite riuscirai a distrarti, migliorando nel contempo la salute del tuo corpo. Il ballo si rivela infatti un importante alleato del benessere fisico ed emotivo. Vediamo in che modo.

Un toccasana per il corpo…

Già nel 2004, al congresso della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC), si era parlato del ballo come un’ attività “di eccellenza” per combattere ipertensione e altre patologie dell’apparato circolatorio. L’80% di queste malattie è strettamente legata a fattori di rischio comportamentali quali fumo e alcool, dieta non sana e soprattutto inattività fisica. Come hanno dimostrato diversi studi internazionali, per ballare non esistono limiti di età. Anche i pazienti over 60, a prescindere dallo stile praticato, possono infatti migliorare resistenza muscolare, agilità, equilibrio e coordinazione attraverso il ballo, prevenendo osteoporosi, patologie cardiovascolari e neurodegenerative. La lista dei benefici relativi alla danza include anche la perdita di peso, un aumento di elasticità e resistenza di muscoli e tendini e a un incremento dei livelli di energia.

… E per la mente

La carica che viene data al corpo attraverso il ballo stimola il buonumore e aiuta a combattere stress e depressione. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Neuroscience dimostra che il ballo regola i livelli di serotonina e dopamina, altrimenti conosciuti come “ormoni del benessere”. Inoltre, trattandosi di un’attività sociale, le persone che la praticano sono portate a interagire tra loro, vincendo la timidezza e combattendo il senso di solitudine tipico dei soggetti depressi. Il ballo permette a chiunque di acquisire una maggiore consapevolezza del proprio corpo nello spazio, e lavorare la propria autostima per sentirsi a proprio agio in qualunque contesto!

Ora non ti rimane che scegliere la tua compilation preferita e iniziare a dimenarti a ritmo di musica: il tuo corpo e la tua mente ti ringrazieranno!

Ricette salate con gli agrumi

Marzo, il mese a cavallo tra l’inverno e la primavera, ci offre ancora la possibilità di assaporare tra i più gustosi agrumi disponibili in commercio. Ecco qualche ricetta salata per gustare appieno e in maniera alternativa limoni, arance, mandarini, cedri e pompelmi.

Arance

Le arance sono la tipologia di agrume più diffusa e coltivata nel mondo. Le varietà presenti sul mercato sono moltissime e tra le più pregiate vediamo le sicilianissime Tarocco: arance dalla polpa rossa, dolce e succosa. Essendo un agrume molto versatile, va d’accordo con tanti ingredienti tipici delle ricette salate.
Potete usare il succo di arancia per accompagnare carne e pesce, la scorza per aromatizzare risotti e salse, gli spicchi per impreziosire le insalate. 

Mandarini

Con un sapore meno aspro dell’arancia, può diventare uno sfizio di contrasto da aggiungere alle nostre pietanze salate, in particolare nei secondi a base di pesce.
I pesci che si sposano bene con i mandarini sono quelli con le carni più delicate: le spigole e le sogliole. Altrettanto gustoso, per gli amanti delle carni rosse, il manzo accompagnato da una salsa di succo di mandarino e senape e servito con scorza di mandarino grattugiata.

Cedri

Il cedro è famoso per essere l’agrume pià grande di tutti e il più adatto per le preparazoni fredde. Profumatissimo, con un sapore inconfondibile, può essere usato per preparare carpacci di pesce e insalate davvero speciali.  Il suo aroma, molto più delicato di quello del limone, si sposa perfettaente con tutte le pietanze di pesce, in particolare ai filetti teneri. 

Potete consumare il cedro anche tagliandolo a pezzetti con tutta la scorza e la polpa; conditelo con un trito di basilico e prezzemolo freschi, una cipollina o uno scalogno affettato sottile e una manciata di olive nere, origano, sale, pepe e olio.

Limoni

Il limone è uno dei protagonisti indiscussi della cucina Mediterranea. Il suo succo esalta qualunque sapore ed è ricco di proprietà preziose. Per questi motivi sin dall’antichità è stato impiegato in moltissime occasioni diverse; non solo in cucina, ma anche in fitoterapia, per le sue proprietà antisettiche e antibatteriche, inoltre viene usato per intenerire i carciofi e altre verdure fibrose, o per arrestare i processi di ossidazione di frutta e verdura, che immerse nel suo succo non anneriscono mai.

In cucina lo consigliamo per marinare carne e pesce, aggiungendo olio, sale e pepe.  Oppure sfruttatene la scorsa, molto aromatica, per profumare salse, risotti e secondi piatti arrosto. 

Pompelmi

Il pompelmo è un agrume assolutamente particolarissimo: il suo sapore è amaro nonostante sia molto ricco di zuccheri. Per questa caratteristica unica, la sua polpa viene impiegata in preparazioni a base di carni e pesci molto grassi o per ricette esotiche come insalate di pollo e crostacei o come abbinamento a granchio e gamberetti. 

Un’altra Atlantide

In Italia, tra mete storiche e paesi fantasma, non mancano le città sommerse, realtà più o meno antiche che le acque hanno sorprendentemente preservato, lasciando intatti monumenti, edifici e piazze. Una di queste è proprio Baia, nel Golfo di Napoli, un esempio unico di protezione archeologica e naturalistica.

Il parco sommerso si estende per circa 177 ettari e  fa parte del contesto dei Campi Flegrei, sito in una zona d’origine vulcanica caratterizzata dal fenomeno del bradisismo, ossia un innalzamento o abbassamento del livello del suolo molto veloce rispetto ai tempi geologici che ha provocato negli ultimi 2000 anni l’inabissamento di Baia. Intorno al I a.C. questa città era infatti una fiorente stazione commerciale, munita di due porti – Portus Julius e Lacus Baianus – nonché sede della flotta imperiale romana. Ancora oggi sono visibili i resti di ville imperiali come quella dei Pisoni e A Protiro, edifici, botteghe e centri termali, le cui acque risentivano dell’influsso della Solfatara di Pozzuoli e dove i patrizi romani amavano ritemprarsi. Persino Cesare soggiornava a Baia, in una ricca villa che sorgeva sulla sommità dell’attuale castello aragonese.

Alla fine degli anni ‘20, mentre veniva dragato il piccolo porto di Baia dove al tempo attraccavano i battelli della linea per Procida e Ischia, furono dissotterrati pezzi di pavimenti a mosaico, marmi e anche parti di statue. Ulteriori testimonianze di questo angolo paradisiaco compreso tra Cuma e Pozzuoli giungono a noi tramite un vaso di vetro del IV d.C., noto come “vaso Borgia”, sul quale erano raffigurati gli edifici che il navigante poteva osservare veleggiando lungo la costa oltre Capo Miseno. Tra questi erano visibili persino delle palizzate per l’ostricultura, un’attività molto florida e redditizia a Baia per via delle acque tiepide e stagnanti del bacino sul quale sorgeva.

Non sarà possibile visitarla come tutte altre città antiche (ad esempio la vicina Pompei) ma il fascino di Baia sta soprattutto in questo: nel dover letteralmente immergersi nel passato per ammirarne i resti.