Batteri amici dello stomaco

Il nostro corpo ospita miliardi di batteri, virus e funghi, e mantenere un’equilibrata relazione con loro è vitale. Questi microrganismi formano la flora intestinale, un ricco sistema che compie una varietà di funzioni nei nostri corpi. I batteri nel nostro intestino possono scomporre molecole che il corpo non riesce a digerire, producono importanti nutrienti, regolano il sistema immunitario e ci proteggono contro germi dannosi. Non abbiamo ancora chiara una mappa dell’esatto tipo di batteri di cui ha bisogno un intestino sano, ma sappiamo che è importante che ci sia un varietà di specie batteriche.

Molti fattori influiscono sulla flora intestinale: l’ambiente in cui viviamo, le medicine che assumiamo (come gli antibiotici), se siamo nati da parto cesareo o no, e la nostra dieta. Quest’ultimo elemento possiamo usarlo per bilanciare i nostri amici microbi.

La fibra che troviamo nella frutta, verdura, frutta secca, legumi e cereali integrali è il miglior combustibile per i batteri intestinali. Quando questi digeriscono la fibra, producono acidi grassi a catena corta, che nutrono le pareti intestinali, migliorano le difese immunitarie e prevengono l’infiammazione.

Quanto maggiore la fibra che uno mangia, tanto più il suo stomaco sarà popolato da batteri che la digeriscono. In uno studio, un gruppo di scienziati ha scambiato la dieta ricca di fibre di un gruppo di abitanti di un villaggio in Sudafrica con la dieta ricca di grassi e carne di un gruppo di persone dagli Stati Uniti. Dopo sole due settimane della dieta occidentale ricca di grassi, i sudafricani mostravano un’infiammazione crescente al colon e una riduzione dell’acido butirrico, un acido grasso a catena corta che riduce il rischio di contrarre cancro al colon. Nel frattempo, il gruppo di statunitensi che si era arricchito di fibre vide il risultato opposto, con un grande miglioramento generale della salute.

Introdurre poca fibra quindi significa affamare i batteri che se ne nutrono, eventualmente fino a ridurre la loro popolazione col risultato di avere una diversità batterica minore nell’intestino. Inoltre i batteri affamati potrebbero nutrirsi dei rivestimenti mucosi del nostro organismo, corrodendoli.

Alcuni alimenti in particolare sono invece molto amici della diversità batterica, in particolare frutta, verdura, tè, caffè, vino rosso e cioccolato fondente. Si tratta di alimenti che contengono polifenoli, antiossidanti naturali. 
Alimenti invece particolarmente dannosi per la diversità microbiotica sono il latte intero e le bevande gassose zuccherate.

È importante anche come viene preparato il cibo. Generalmente i cibi freschi, meno processati hanno più fibre: quindi per esempio i vegetali saranno un miglior combustibili se saranno consumati crudi, al vapore o saltati, piuttosto che fritti.

Ci sono alimenti noti per introdurre nel nostro organismo specifici batteri utili: i probiotici. I cibi fermentati pullulano di probiotici come i lactobacillus e i bifidobatterikimchicrautitempeh e kombucha apportano varietà e vitalità nelle nostre diete, così come lo yogurt (quando non contiene eccessivo zucchero).

Su questo ambito è necessaria ulteriore ricerca scientifica, ma intanto abbiamo delle linee generali: fai il pieno di alimenti fermentati e ricchi di fibre!

Ricette a 1€: il Menù Vegetariano!

Siamo alla seconda puntata della nostra rubrica dedicata alle ricette da 1€ a porzione. Anche oggi puntiamo su ingredienti semplici o di recupero, con un menu sfizioso e vegetariano.

Scopri le ricette e sentiti libero di personalizzarle secondo i tuoi gusti!

Le dosi di questo menu sono per 4 persone.

Polpette di ceci e pomodori secchi

I ceci sono legumi incredibilmente versatili, grazie al sapore delicato e la consistenza adatta agli impasti. Qui li abbiamo trasformati in delle deliziose polpette, da cuocere al forno o fritte!

Ingredienti

  • 1 confezione da 240g di ceci Pam Panorama
  • 4 pomodori secchi
  • 1 uovo
  • 2 cucchiai di grana
  • basilico q.b.
  • pan grattato Pam Panorama
  • Olio Evo Pam Qualità Per Te

Procedimento

  1. Sgocciola i ceci e sciacquali in uno scolapasta sotto acqua corrente
  2. Frullali con l’uovo, il grana, il basilico e i pomodori secchi, fino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungi un cucchiaio di pan grattato e frulla per 3 o 4 secondi
  3. Lascia riposare il composto in frigo per 30 minuti, in modo che il pan grattato assorba l’umidità in eccesso
  4. Forma delle palline e passale nel pan grattato
  5. Friggile in olio caldo per circa due minuti o cuocile al forno per circa 20 minuti o comunque finché non saranno croccanti

Risotto noci e stracchino

Una ricetta molto semplice, ma sostanziosa e saziante. Buon appetito!

Ingredienti

  • 400g di Riso arborio Pam Qualità Per Te
  • 1L di brodo vegetale
  • 1 cipolla
  • 80g di stracchino Pam Qualità Per Te
  • 40g di noci sgusciate
  • 100mL di vino bianco
  • Olio evo Pam Qualità Per Te q.b.
  • sale q.b.

Procedimento

  1. Trita la cipolla e soffriggila in padella con un po’ di olio
  2. Aggiungi le noci tritate, il riso e il sale, lasciando tostare per qualche minuto
  3. Sfuma con il vino bianco e, una volta evaporato, aggiungi il brodo un mestolo alla volta, finché non si assorbe
  4. A fine cottura aggiungi lo stracchino e manteca il risotto per qualche minuto

Uova alla contadina

Un altro piatto “povero” ma ricco di gusto: le uova alla contadina si prestano a molte varianti, in base agli ingredienti che hai nella dispensa. Tu cosa aggiungeresti?

Ingredienti

  • 8 uova
  • 400g di passata di pomodoro
  • 140g di scamorza
  • Sale q.b.
  • Rosmarino q.b.
  • Pepe nero q.b.

Procedimento

  1. Spalma qualche cucchiaio di passata sul fondo di una pirofila, insaporendo con un filo d’olio
  2. Sguscia le uova e adagiale sul pomodoro, avendo cura di non rompere il tuorlo
  3. Aggiungi la scamorza a pezzetti e il rosmarino, quindi inforna a 180°C per 20 minuti

Torrijas

Un dolce spagnolo a base di pane fritto e aromatizzato alla cannella.

Ingredienti

  • 4 fette di pane raffermo, alte 1-2 cm
  • 300mL di latte
  • 2 uova
  • 1 cucchiaio colmo di zucchero
  • Bacca o aroma di vaniglia q.b.
  • Cannella q.b.
  • Olio di semi

Procedimento

  1. Mescola il latte e lo zucchero in un pentolino, aggiungendo l’estratto di vaniglia e la cannella
  2. Versa il latte in una teglia e adagiaci sopra le fette di pane, quindi lascia riposare per 30 minuti in frigo
  3. Scalda l’olio di semi in una padella e friggi le fette di pane per qualche minuto, avendo cura di girarle a metà cottura.
  4. Una volta dorate, trasferiscile su un piatto e coprile con della carta assorbente per assorbire l’olio in eccesso
  5. Puoi servirle spolverizzandole di zucchero o con della crema al limone.

Ricette a 1€: il Menù Rosso Vivo

L’estate è ormai alle porte e vogliamo celebrarla con un menu rosso acceso: il pomodoro sarà protagonista delle prime tre ricette, mentre il dessert sarà un fresco dolce di fragole al cucchiao.

Scopri il nuovo menu da due persone: ogni ricetta si può preparare spendendo circa un euro a porzione!

Antipasto: ceci croccanti alla pizzaiola

Un ottimo antipasto che si presta anche per uno snack sano e saporito.

Ingredienti: 

  • 5-6 fette di Pane bianco Pam Qualità Per Te
  • 300g di Passata di Pomodoro Pam Panorama
  • 125 g mozzarella Pam Qualità Per Te
  • ½ cipolla
  • Basilico q.b.
  • Origano q. B.
  • Olio evo q.b.

Procedimento: 

  1. Mescola in una ciotola la passata di pomodoro, l’olio, il sale, il pepe e l’origano
  2. Aggiungi i ceci e mescola per amalgamare bene
  3. Disponi i ceci su una teglia foderata di carta da forno, facendo in modo da distanziarli l’uno dall’altro
  4. Inforna a 180°C per 20-25 minuti, finché non saranno dorati e croccanti

Primo: Lasagna di pane

Un’ottima idea per recuperare il pane raffermo!

Ingredienti: 

  • 5-6 fette di Pane bianco Pam Qualità Per Te
  • 300g di Passata di Pomodoro Pam Panorama
  • 125 g mozzarella Pam Qualità Per Te
  • ½ cipolla
  • Basilico q.b.
  • Origano q. B.
  • Olio evo q.b.

Procedimento: 

  1. Mescola la passata di pomodoro con la cipolla tritata, un cucchiaio d’olio e gli aromi
  2. Taglia la mozzarella a fette e lasciala scolare per eliminare l’acqua in eccesso
  3. Disponi le fette di pane sul fondo di una pirofila leggermente unta
  4. Disponi sul pane qualche cucchiaiata di pomodoro e pezzetti di mozzarella, quindi crea un secondo strato di pane e pomodoro

Secondo: Pomodori ripieni di ricotta

Una ricetta semplicissima e fresca, perfetta per l’estate.

Ingredienti: 

  • 4 pomodori ramati grossi
  • 150g di ricotta Pam Qualità Per Te
  • 1 cucchiaio di Olio extravergine Bio Pam Panorama
  • Un ciuffo di erba cipollina
  • Sale q.b.

Procedimento: 

  1. Taglia orizzontalmente la parte superiore dei pomodori e svuotali della polpa e dei semi
  2. Trita l’erba cipollina, quindi amalgama con la ricotta e il pepe
  3. Riempi i pomodori con il composto ottenuto

Dessert: Tiramisù light alle fragole

A metà tra il tiramisù e le fragole con panna: un dessert leggero e colorato!

Ingredienti: 

  • 100g di fragole Pam Panorama
  • 4 savoiardi Pam Panorama
  • 100g di mascarpone Pam Qualità Per Te
  • 100mL di panna fresca per dolci
  • 1 limone
  • Zucchero a velo 20g

Procedimento: 

  1. Lava le fragole e mettine da parte 2. Taglia in pezzi le rimanenti, rimuovendo il picciolo e le foglie.
  2. Tritale nel mixer con un cucchiaio di succo di limone e uno di zucchero a velo.
  3. Monta la panna con le fruste elettriche, aggiungendo il resto dello zucchero a velo.
  4. Ammorbidisci il mascarpone con un cucchiaio e aggiungilo alla panna montata, mescolando delicatamente dal basso verso l’alto.
  5. Aromatizza con una grattugiata di scorza di limone e disponi uno strato di crema sul fondo di due bicchieri.
  6. Taglia i savoiardi a misura del bicchiere, quindi intingili interamente nella purea di fragole e adagiali trasversalmente sulla crema in entrambi i bicchieri.
  7. Componi un secondo strato di crema e di savoiardi e completa con un ultimo strato di crema.
  8. Decora i bicchieri con le due fragole rimanenti, tagliate a fette sottili.

Breve storia del formaggio

8000 anni fa non esisteva la scrittura, non esistevano strumenti né armi di metallo e nemmeno vasi di argilla e di ceramica, ma esisteva il formaggio.

I contadini del Neolitico nella Mezzaluna Fertile, in Mesopotamia, iniziarono la pratica casearia, antica quanto la civiltà stessa.

La nascita dell’allevamento portò all’addomesticazione di pecore e capre, che gli antichi fattori mungevano. Se il latte veniva lasciato al caldo per diverse ore, esso iniziava a diventare acido: gli acidi lattici causavano la coagulazione delle sue proteine unendosi in morbidi grumi.

Il liquido, che verrà chiamato siero, venne drenato e si scoprì che i coaguli giallognoli erano commestibili. Questi grumi sono la base del formaggio, che verrà stagionato, pressato e lavorato in mille altri modi che formano la diversità delle delizie casearie.

La scoperta del formaggio fu un grosso passo in avanti evolutivo: il latte contiene proteine, grassi e minerali, ma anche grandi quantità di lattosio, uno zucchero difficile da digerire per tanti stomaci moderni e antichi. Il formaggio apporta tutti i vantaggi del latte, con molto meno lattosio. Avendo inoltre la capacità di essere immagazzinato, questi nutrienti potevano essere consumati anche durante periodi di carestia e lunghi inverni.

Verso la fine dell’Età del Bronzo, il formaggio era una merce quotidiana negli scambi marittimi. Nelle città-stato densamente popolate della Mesopotamia, ritrovamenti di alcuni dei più antichi reperti scritti, sono bilanci di razioni di formaggio e dosi di diversi tipi di formaggio richiesti per rituali religiosi.

Antiche popolazioni nella vicina Turchia pare siano state le prime a scoprire le proprietà del caglio, una miscela di enzimi solitamente ricavati dallo stomaco dei lattanti, che ha la proprietà di accelerare e controllare la coagulazione delle proteine del latte.

Questo strumento si diffuse nel mondo, dando il via alla creazione di una enorme varietà di tradizioni casearie: in Mongolia il formaggio di yak essiccato al sole, il byaslag; in Egitto il latte di capra veniva pressato per estrarre il siero; in Asia Meridionale, il latte veniva coagulato con diversi acidi alimentari, come il succo di limone, l’aceto o lo yogurt; gli antichi Greci producevano mattoncini di feta e una varietà più consistente simile all’odierno pecorino romano.

Nell’antica Roma, il formaggio secco, il caseus aridus, divenne una razione essenziale per i circa 500.000 soldati di presidio nei vasti territori dell’Impero. Quando quest’ultimo collassò, le pratiche medioevali casearie si diversificarono.

monaci in particolare furono protagonisti di una ricerca imponente, che ebbe tra i suoi risultati il Parmigiano e il Gorgonzola. Nelle Alpi, il formaggio svizzero ebbe un particolare successo, con una miriade di particolari varietà di formaggio di mucca. Tanto che la regione della Gruyère fu invasa per prendere controllo del commercio del formaggio.

Con l’avvento della rivoluzione industriale, la produzione si spostò dai monasteri ai grandi caseifici: oggi vengono realizzati nel mondo 22.000.000.000 Kg di formaggio all’anno!

Voglia di uno spuntino?

L’origine delle fragole

Succulente, dolci e profumate: le fragole sono un frutto irresistibile, alla cui coltivazione, però, ci siamo avvicinati solo da tre secoli.

Si tratta di una pianta della famiglia delle Rosaceae, originaria delle zone alpine dell’Europa e dell’Asia.
In Europa se ne trovavano soltanto tre varietà: Fragraria vesca, la comune fragolina di bosco, Fragraria Moschata, dal frutto leggermente più grande e il gusto moscato e Fragraria viridis, dai frutti piccoli e scuri.
Dalla Roma Antica al Seicento erano considerati “meteriali dei boschi”, destinati solo alle tavole dei nobili o all’uso ornamentale.

Le fragole Cilene

Nel 1712 l’ingegnere militare francese Amédée Francois Frézien tornò dal viaggio di esplorazione in Cile portando con sé alcuni esemplari di Fragraria chiloensis, una specie di fragola che faceva frutti sorprendentemente grossi rispetto a quelle europee.

Queste iniziarono a diffondersi in Europa come curiosità botaniche: in Bretagna, al jardin de Roi, fruttificano e si riproducono con successo, mentre quelle dei giardini di Parigi non sembrano dare frutti. Nel 1764Antoine Nicholas Duchesne, diventato poi giardiniere di Luigi XVI, si accorse che quegli esemplari non erano ermafroditi ma femminili, perciò incapaci di autofecondarsi. Le pose vicino ad esemplari maschili di F. moschata e ottenne frutti grossi dalla forma regolare. Duchesne descrisse i suoi studi nel trattato “La storia naturale della Fragola”, includendo dettagliate descrizioni delle 18 varietà di cui era a conoscenza.
Dall’incrocio tra F.chiloensis e F. virginiana, un’altra specie importata dal Nord America, nel 1766 nascque la Fragraria x ananassa, precorritrice dei fragoloni oggi in commercio anche da noi.

Coltivazione

La fragola, essendo soggetta a frequenti variazioni, si adatta facilmente a diversi climi e ambienti. Viene coltivata sia al livello del mare che a 1700 m di altitudine; in base all’esposizione solare e al clima della zona, i coltivatori selezionano le varietà più adatte.

In Italia esiste una lista, pubblicata ogni anno dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che elencano le cultivar ritenute “positive” per determinate aree, includendone pregi, difetti e dati sperimentali. Per essere approvata e inserita nella lista, ogni varietà deve essere esaminata per almeno due anni.

Oggi le fragole sono tra i frutti più amati in Italia, sia fresche che come ingredienti in cucina e pasticceria. Ne esistono più di 20 specie, con migliaia di ibridi e cultivar.

Ricette a 1€: il Menù Casual

Il secondo menù del mese è informale e divertente: è il Menù Casual!

Scopri il nuovo menu da due persone: ogni ricetta si può preparare spendendo circa un euro a porzione!

Antipasto: pizzette farcite

Una croccante pizzetta di sfoglia con un ripieno di stracchino filante.

Ingredienti: 

  • 1 pomodoro 
  • ½ rotolo di pasta sfoglia rettangolare fresca Pam Panorama
  • 100g di stracchino Pam Qualità per Te
  • Olio evo q.b.
  • Sale q.b.
  • 1 tuorlo 

Procedimento: 

  1. Taglia 6 quadrati di pasta sfoglia
  2. Su un quadrato disponi un cucchiaio di stracchino, un filo d’olio e un pizzico di sale
  3. Chiudi con un altro riquadro di pasta sfoglia e chiudi a mo’ di raviolo, schiacciando i bordi con una forchetta
  4. Disponi un’altra cucchiaiata di stracchino con un po’ d’olio e sale sul raviolo, quindi chiudi con un terzo strato di pasta sfoglia
  5. Ripeti il procedimento con gli altri 3 riquadri e il rimanente stracchino
  6. Spennella le due pizzette con il tuorlo dell’uovo, disponi su ciascuna una fetta di pomodoro
  7. Completa con origano, olio e sale
  8. Inforna per 200°C per 15 minuti

Primo: riso basmati con piselli, carote e zucchine

Un ottimo primo piatto ispirato alla cucina orientale 

Ingredienti: 

  • 200g di piselli surgelati Pam Panorama
  • 2 zucchine
  • 100g di carote Bio Pam Panorama
  • Burro q.b.
  • Salsa di soia P&P q.b.
  • Olio evo q.b.
  • 400 ml acqua

Procedimento: 

  1. Versa il riso basmati in 400 mL di acqua bollente e lascia cuocere per 14-16 minuti fino a completo assorbimento
  2. Taglia carote e zucchine a triangolini
  3. Rosola i piselli decongelati in padella con un filo d’olio, aggiungi mezzo mestolo d’acqua e cuoci per circa 5 minuti
  4. Aggiungi le carote e dopo altri 5 minuti le zucchine.
  5. Quando le verdure saranno cotte ma ancora croccanti aggiungi il riso e fai saltare il tutto a fuoco alto con la salsa di soia per un paio di minuti
  6. Servi con una grattugiata di scorza di limone

Secondo: fusi di pollo al limone

Un classico intramontabile

Ingredienti: 

  • 1 limone
  • 1 spicchio d’aglio Bio Pam Panorama
  • 1 rametto di rosmarino
  • olio evo q.b.
  • sale e pepe q.b.

Procedimento: 

  1. Metti i fusi di pollo in un sacchetto richiudibile con la scorza del limone grattugiata, il rosmarino, sale, pepe e l’aglio tritato precedentemente
  2. Chiudi il sacchetto e lascia marinare per 30 minuti, massaggiando la carne di tanto in tanto
  3. Scalda un po’ d’olio in una padella, quindi togli i fusi dal sacchetto e adagiali sulla padella facendoli rosolare su tutti i lati
  4. Sfuma con il succo del limone, aggiungi un mestolo di acqua calda e copri con il coperchio
  5. Cuoci a fuoco lento per 30 minuti circa
  6. Servi con un contorno di insalatina fresca

Dessert: pesche in sfoglia

Dolcezza e freschezza irresistibili!

Ingredienti: 

  • 1 pesca gialla
  • ½ rotolo di pasta sfoglia rettangolare fresca Pam Panorama
  • 30g di cioccolato extra fondente Pam Panorama
  • 2 cucchiai di gelato Pam Panorama gusto Panna
  • 1 cucchiaio di zucchero di canna grezzo
  • 1 uovo

Procedimento: 

  1. Lava e asciuga la pesca, quindi tagliala a metà eliminando il nocciolo.
  2. Taglia grossolanamente il cioccolato
  3. Adagia le due metà della pesca su metà della sfoglia e chiudi con l’altra metà
  4. Taglia la pasta intorno alle pesche in modo da ricavare delle cupolette
  5. Trasferisci le due mezze pesche rivestite su una teglia rivestita di carta da forno
  6. Spennella con l’uovo sbattuto e cospargi con il cucchiaio di zucchero
  7. Inforna a 200°C per 20 minuti e servi con il gusto di gelato che preferisci

Dieta Keto: mangiare più grassi per dimagrire?

Si sente parlare spesso ultimamente di “dieta chetogenica” ma in realtà non è una novità: questo regime alimentare nasce circa cent’anni fa come trattamento per i pazienti epilettici.

Si tratta sostanzialmente di una dieta in cui l’apporto di carboidrati è al di sotto del 5% del consumo alimentare giornaliero. In opposizione simmetrica quindi rispetto all’altra scuola di pensiero delle diete moderne, quella che punta a ridurre al minimo i grassi. 

La dieta chetogenica, detta “keto”, si basa sul modello teorico secondo cui l’introduzione di carboidrati, e la conseguente secrezione di insulina per portare glucosio alle cellule, comporta automaticamente l’immagazzinamento dei grassi negli adipociti. 
Vengono quindi aboliti quasi completamente i carboidrati, mentre viene invece incentivata l’assunzione di grassi: in questo modo si costringe il corpo a cambiare il metabolismo per passare, come indica il nome, a una produzione di corpi chetonici: una condizione che il corpo attiva come adattamento a situazioni straordinarie come il digiuno prolungato, e in cui il combustibile primario diventano i grassi, e non gli zuccheri.

Fa molto presa l’idea di avere una formula semplice per risolvere i problemi di peso, soprattutto considerando che in Italia il 31% della popolazione è sovrappeso e il 10% obeso.

Ma funziona?

Segnaliamo due studi: una meta analisi di studi controllati, non epidemiologici, del 2017 e una ricerca del 2018 svolta su un campione di 600 persone. I risultati di entrambi gli studi sembrano indicare che in realtà le conseguenze dell’assunzione delle calorie sono le stesse, che siano sotto forma di carboidrati o di grassi.

Il dibattito scientifico in merito è tuttavia ancora vivace, ma per quanto le risposte semplici ai problemi complessi siano sempre molto attraenti, per il momento la cosa migliore da fare è sempre seguire una dieta sana, varia e bilanciata.

Gli scarti della birra: una grande risorsa

La birra è una delle prime bevande alcoliche di cui abbiamo testimonianza nella storia dell’uomo. La sua popolarità ha subìto fasi alterne, ma rimane molto amata in tutto il mondo e da moltissime fasce di popolazione. 
Nonostante ciò ha continuato a rinnovarsi, sperimentando con gli aromi, le materie prime e i metodi di fermentazione.Oggi però non parliamo di una nuova birra, bensì di un nuovo prodotto derivato dagli scarti di produzione.

Trebbie

Abbiamo già visto come nasce la birra, partendo dalla fermentazione dell’orzo germogliato e tostato (il malto). Ma una volta che il mosto fermentato viene filtrato per ottenere la bevanda, cosa succede agli scarti solidi?

L’orzo maltato e cotto, dopo la fase di ammostamento, viene chiamato “trebbia“. In Italia se ne producono ogni anno 200mila tonnellate, e solo un 30% viene trasformato in mangime per animali. Il resto viene generalmente buttato: un vero peccato, perché si tratta di un composto ricco di proteine e fibre, elementi naturalmente contenuti nel chicco d’orzo ma che, ovviamente, non possono far parte della birra.

Un gruppo di studentesse italiane ha deciso di trasformare questo sottoprodotto in una farina, essiccando le trebbie. Da questa si possono ricavare integratori di fibre e proteine, ma anche prodotti da forno e snack.

Questione di efficienza

L’idea di riciclare le trebbie non è di per sé inedita, ma lo è il sistema di essiccazione. Quando si fa la birra, il malto viene lasciato a macerare in acqua calda fino a estrarre quasi tutti gli zuccheri presenti. Il tasso di umidità degli scarti è quindi dell’82%, fattore che ne riduce la conservabilità e ne aumenta i costi di trasporto per il peso dell’acqua.

Le studentesse del Campus Bio Medico di Roma hanno elaborato un sistema efficiente di pressatura e centrifugazione delle trebbie, che permette di recuperare l’acqua residua e ottenere un’ottima farina proteica e soprattutto sostenibile.

La centrifuga è abbinata a un sistema a circuito chiuso che fa circolare un gas di essiccamento a 150°C, riducendo così gli sprechi energetici che sarebbero stati inevitabili con un essiccatore tradizionale.

Un cucchiaio di birra

Un utilizzo particolarmente creativo della farina di birra è “Spoontin” un cucchiaio commestibile pensato per servire il finger food. Può essere mangiato insieme al cibo o compostato, in quanto biodegradabile, perciò si rivela un’alternativa eco-sostenibile alle posate in plastica.

La birra che viene dal ghiaccio

Le sue origini sono avvolte nel mistero: esiste una leggenda a riguardo (non confermata da alcuna fonte storiografica) ambientata in un birrificio del XIX secolo nella cittadina di Kulmbach, in Baviera. Secondo il mito, venne chiesto a un tirocinante di spostare una botte di birra in una zona più calda dell’edificio, ma questi non vi riuscì. La birra si ghiacciò durante la notte al punto che ruppe le doghe della botte.

Quando il mastro birraio arrivò la mattina successiva, trovò dei pezzi di legno sparsi e un blocco di ghiaccio scuro. Decise di assaggiarlo e lo trovò piacevole, e così nacque questo particolarissimo stile di birra.

Si chiama Eisbock, e il processo per ottenerlo è più o meno quello della storiella: il termine tecnico è “distillazione a freddo”.Si lascia ghiacciare la birra, solitamente una Doppelbock (forti birre invernali tedesche), e si recupera la parte rimasta liquida: essa sarà un concentrato delle componenti alcoliche e zuccherine della birra. Di conseguenza la bevanda che si ottiene risulterà estremamente forte, con un contenuto alcolico che andrà dai 7 gradi fino addirittura ai 40.

Le Eisbock sono birre scurepienecomplesse e dallo spiccato profilo maltato, con un corpo viscoso e aromi molto intensi. Il luppolo è quasi assente, mentre sono percepibili note di caramello.La carbonazione è generalmente bassa e la consistenza risulta piuttosto morbida.

Proibizionismo e birre perdute

Il Proibizionismo

All’inizio del Novecento si consolidò in America l’idea, diffusa dai circoli Puritani, che l’alcool aumentasse il disordine pubblico e diminuisse la produttività. Quest’ultimo aspetto stava particolarmente a cuore agli industriali e lo stesso Henry Ford supportò il “Movimento della Temperanza” promosso dalla Anti-Saloon League.

Mentre il movimento proibizionista cresceva, i produttori di alcolici non furono in grado di organizzarsi per tempo nel difendere i propri interessi; nel 1913 la US Brewers Association appoggiò la National German-American Alliance, organizzazione a difesa delle tradizioni tedesche, tra cui proprio la birra, sul suolo americano. Quando però l’America entrò in guerra contro la Germania, la mossa si dimostrò controproducente: l’associazione fu sciolta e il Proibizionismo entrò in vigore nel 1920.

I cittadini si rivolsero così al contrabbando di alcolici da Messico e Canada e a locali segreti dove era possibile accedere solo con una parola d’ordine. Questo portò naturalmente alla preferenza di distillati particolarmente alti in gradazione: maggiore la concentrazione di alcool, minore il volume dei colli da nascondere.

Diversi stili di birra furono dimenticati e tornarono in auge solo negli anni più recenti.

Kentucky Common

Si tratta di uno stile nato a Louisville dopo la guerra di secessione, ad opera degli Irlandesi e Tedeschi immigrati a metà Ottocento che cercavano di ricreare una birra simile a quella europea, nonostante la mancanza degli ingredienti originali. Utilizzava materie prime locali e di rapida produzione come il mais e il malto d’orzo esastico. Era una birra rossa molto economica e si consumava principalmente nei saloon.

Pre-Prohibition Lager

Una Pilsner bionda e ben luppolata di ispirazione tedesca, sempre a base di malto esastico e mais. Questo stile era divenuto popolare nella zona di New York.

Pre-Prohibition Porter

Una Porter americana, leggera e dal sapore vagamente caramellato, che non perde però l’amarezza che contraddistingue queste birre scure invecchiate. Può essere aromatizzata con liquirizia, melassa, caramello o anice. Nativa della Pennsylvania, i produceva partendo da melassa e mais.

Due parole sul malto esastico

Si definisce “distico” un orzo la cui spiga produce due “colonne” di chicchi, tetrastico quando ne ha quattro ed esastico quando ne produce sei.

I malti prodotti con orzo europeo sono distici, mentre in America sono diffusi quelli esastici. Anche se più poveri di zuccheri a favore delle proteine, i malti esastici sono più ricchi di enzimi che favoriscono la fermentazione e venivano quindi utilizzati dai Tedeschi in America per produrre le birre a bassa fermentazione, bilanciandolo con aggiunte di riso o mais, più ricchi di amido.

Beer hunting: alla ricerca della birra perduta

Dopo il Proibizionismo, data la crisi economica e un generale disinteresse dei consumatori, la varietà di birre in circolazione rimase molto limitata. Principalmente si trattava di prodotti industriali, molto leggeri e privi di sapore. Verso la metà degli anni ’60, però, le cose iniziarono a cambiare, grazie anche alle maggiori possibilità di viaggiare in Europa e assaggiare le birre del vecchio continente: il mercato iniziò a diversificarsi, rispolverando gli stili statunitensi accantonati e provando nuove ricette.

Lo scrittore Michael Jackson (no, non il cantante) è oggi ricordato come il più famoso divulgatore in materia. A partire dagli anni ’70 i suoi libri contribuirono alla rinascita della curiosità per la birra artigianale, indagandone la cultura e la storia. Condusse anche una serie di successo chiamata Beer Hunter, andata in onda alla fine degli anni ’80. È anche grazie a lui se gli USA sono usciti dal letargo e hanno ricominciato a sperimentare in campo brassicolo, con risultati decisamente interessanti.