Quattro invenzioni, una tradizione

Quattro invenzioni, una tradizione

Secondo un’indagine del 2016 in Italia il 97% delle persone beve caffè. Non è tutto: in media ognuno di noi ne beve quattro al giorno. Se non sei in quel 3%, ti interesserà sapere da dove parte l’amore incondizionato per la bevanda che ci tiene svegli nel nostro Paese. In particolare sarà curioso conoscere gli inventori dei primi strumenti che ci permettono ancora oggi di assaporarla.

La “cuccumella”

Babbà, casatiello, pizza fritta, salsiccia e friarielli, mozzarella di bufala. Andiamo avanti? La tradizione culinaria napoletana è praticamente infinita. Nel capoluogo campano, bisogna dirlo, sono abituati anche a considerare proprie le ricette tipiche di altri luoghi. Ma se un cantautore come De Andrè, in una delle sue canzoni più famose, recita in dialetto napoletano frasi sulla bevanda amara, poco importa dove vennero impiantate le prime coltivazioni di caffè.

A Napoli nacque la “cuccumella”, termine dialettale che indica il materiale (rame) di cui era fatta una macchina del caffè inventata dal parigino Morize.

A inizio ‘900 lo strumento giunse nelle case del popolo napoletano, prendendo il nome appena citato, ma cambiando da subito alcuni pezzi di cui era composta e sopratutto il materiale: dal rame si passò all’alluminio.

È alquanto complicato descrivere il funzionamento della cuccumella, perciò si consiglia la visione di video dimostrativi sul web, decisamente più comprensibili.

Certo è che, secondo celebri testimonianze (una scena di “Questi fantasmi” del maestro Eduardo de Filippo), i tempi di attesa per gustare la bevanda erano lunghi, molto lunghi. 

La prima macchina per l’espresso

La necessità di una caffettiera che riuscisse a produrre caffè in tempi brevi si fece sentire nel nostro Paese già qualche decennio prima dell’invenzione della cuccumella.

L’imprenditore nel settore alberghiero Angelo Moriondo voleva offrire ai clienti dei suoi bar e alberghi esclusivi di Torino la possibilità di bere un “caffè al volo”, come si suol dire.

Nel maggio del1884, in occasione dell’Expo Generale di Torino, Moriondo presentò ilprimo brevetto intitolato “Nuovi apparecchi a vapore per la confezione economica ed istantanea del caffè in bevanda. Sistema A. Moriondo”.

Costruì alcuni prototipi della prima macchinetta per caffè espresso, limitandosi a una produzione che soddisfacesse i propri locali. Non venne perciò effettuata una realizzazione su larga scala della nuova macchina in grado di servire in tempi brevi un caffè dal gusto intenso.

Nel 1901 il Milanese Luigi Bezzera intuì le potenzialità della nuova caffettiera e apportò alcune migliorie tecniche, lasciando all’industriale Desiderio Pavoni il compito della produzione in serie, che prese il via nel 1905, registrando un notevole successo.

Partendo dal brevetto di Moriondo e sfruttando i perfezionamenti di Bezzera, nel 1947 Achille Gaggia decise di sostituire l’acqua al vapore (che permetteva la fuoriuscita del caffè liquido da quello in polvere). Aumentando la pressione all’interno del macchinario, riuscì a realizzare una macchinetta decisamente rivoluzionaria: quella che dava vita all’amata crema di caffè!

La moka

La città di Mokha nello Yemen, una delle più rinomate zone di produzione di caffè, ha dato il nome alla macchinetta presente nelle case degli Italiani da ormai 87 anni.

Nel 1933 l’industriale Alfonso Bialetti brevettò la moka: uno strumento che, tramite le ottime doti commerciali dei suoi venditori, si è guadagnato spazio nei mercati di tutto il mondo. Si stima che, ad oggi, siano state vendute circa 300 milioni di caffettiere.

Secondo alcune voci popolari, Bialetti ebbe la brillante idea mentre osservava delle lavandaie che facevano il bucato. Le vasche dove stavano lavando i vestiti avevano al centro un tubo dal quale fuoriuscivano acqua calda e sapone, distribuendosi omogeneamente sui panni. Tale procedimento portò l’industriale ad approfondire i metodi di bollitura e distribuzione dell’acqua, metodi che posero le basi per il progetto della caffettiera.

L’inventore, nei primi anni, presentava personalmente a potenziali clienti la moka, inaugurando in tal modo le vendite.

Il successo planetario della storica macchinetta è però merito del figlio del suo inventore: Renato Bialetti. Sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti, l’imprenditore decise di lanciare il marchio “Moka Express” all’interno dei più importanti spazi pubblicitari, inizialmente nazionali, poco più avanti internazionali.

Due furono tuttavia i veri momenti di svolta che portarono la moka nelle case di tutti (o quasi) gli Italiani. Alla fiera di Milano (la più importante della Penisola) del 1956 Renato Bialetti fece tappezzare i muri della città di “moke giganti”.

Il lungimirante imprenditore fece scacco matto sfruttando la larga diffusione della televisione in quegli anni: fece disegnare l’omino con i baffi (simbolo ancora oggi del marchio Bialetti), un divertente personaggio animato che veniva trasmesso durante il programma Carosello, la trasmissione più seguita dagli Italiani.

Da quel momento si passò dall’iniziale produzione di circa mille pezzi all’anno alla bellezza di 18000 pezzi al giorno!

Tralasciando le impressionanti qualità professionali di chi ne ha curato il marketing, la moka è considerata una delle migliori espressioni dell’artigianato italiano. È esposta infatti alla Triennale di Milano e (questo ci fa capire l’apprezzamento di cui gode in tutto il mondo) al museo MoMa di New York.