Klépto, “io rubo”. Hydùr, l’acqua. Il termine “clessidra” deriva dall’unione delle due parole greche, che vanno a comporre l’espressione: io rubo l’acqua.
Il tempo infatti non si compra, tantomeno si ruba, chissà se il sogno dei primi utilizzatori dello strumento fosse proprio quello di farla propria, quell’entità astratta così fondamentale nella vita di tutti i giorni.
La più antica clessidra che conserviamo ancora oggi risale al 1400 a.C. e si trova al Museo del Cairo. Fu prodotta per il Re d’Egitto Amenophi III e fa parte della vasta gamma di clessidre “primordiali”, quelle ad acqua.
In un recipiente con un foro sul fondo veniva immessa costantemente acqua. Questa passava in un altro contenitore, dotato solitamente di tacche poste alla medesima distanza l’una dall’altra, che determinavano lo scorrere del tempo. Lo strumento però non poteva essere considerato preciso: il foro tendeva a variare le sue dimensioni per erosione, temperatura e presenza di impurità. La presunta omogeneità con cui l’acqua giungeva nel secondo recipiente venne perciò presto messa in discussione, così i nostri antenati si ingegnarono per trovare un’altra soluzione per misurare il tempo.
Nacque nel Medioevo la clessidra come la conosciamo oggi.
Venivano utilizzati gusci d’uovo triturati e setacciati, ma anche diversi altri tipi di polvere, con caratteristiche simili alla sabbia. Il foro sul fondo era scomparso e ciò permetteva il trasporto, viste anche le piccole dimensioni delle clessidre più utilizzate.
Ma in che modo poteva essere utile a uomini e donne del Medioevo?
Essendo chiuse e avendo di conseguenza una porzione definita di “sabbia” all’interno, le clessidre venivano utilizzate per misurare archi di tempo limitati.
A Roma la cosiddetta “clessidra giudiziaria” serviva per stabilire la durata dei dibattiti pubblici in parlamento: 40 minuti erano sufficienti per ascoltare tutti.
Clessidre più grandi venivano utilizzate per scandire i tempi dell’insegnamento e dello studio. Altre delimitavano la durata della preghiera e delle prediche.
Chi godette in maggior misura del nuovo strumento a sabbia fu, paradossalmente, quel gruppo di lavoratori che trascorrevano la vita a navigare in acqua: i marinai.
Anche dopo l’invenzione dell’orologio meccanico i navigatori continuarono a usare le clessidre. I motivi sarebbero sostanzialmente due: l’ampolla dava un’idea tangibile sia del tempo trascorso che di quello da trascorrere. L’altra motivazione, più tecnica, risiederebbe nel fatto che gli orologi meccanici avrebbero smesso di funzionare a contatto con la ruggine e la salsedine, mentre le ampolle non avevano problemi. Il cambio del turno di guardia veniva scandito dal suono di due grandi campane, ma solo dopo che otto clessidre da mezz’ora avevano terminato il loro ciclo.
Famosa è anche la testimonianza che arriva da una nave con a bordo Cristoforo Colombo. La notte del 13 dicembre 1492 il genovese scriveva sul diario di bordo che dal crepuscolo all’alba la clessidra da mezz’ora si era svuotata ben venti volte, segnalando una lunga nottata della durata di 10 ore.
“Meglio avere la testa di topo che una coda di leone” aveva sentito da sua nonna Adrian Rodriguez Cozzani, il settantenne venezuelano proprietario di una delle botteghe più alternative di Roma. L’espressione è servita ad Adrian per convincersi a lasciare il “posto sicuro” che avrebbe trovato nel mondo dell’architettura (forte dei suoi studi e del suo talento), e dedicarsi alla passione della sua vita: misurare il tempo.
La bottega nel cuore di Trastevere produce, grazie solo alle mani del suo proprietario, circa 1000 clessidre all’anno, sia ad acqua che a sabbia. Si possono trovare piccoli pezzi, da uno o due minuti, ma anche enormi clessidre da due ore.Ne realizza alcune ad hoc per gli psicologi, da 50 minuti – questa sarebbe la durata ideale di una seduta terapeutica. Molto interessante è anche la sua dote nel creare clessidre artistiche, come quella racchiusa in una rete di corde per trasmettere l’impressione di poter ingabbiare il tempo.
“A differenza di tutte le tecnologie digitali che ci accompagnano e che continuamente ci spiattellano in faccia il passare dei minuti, qui hai un controllo. L’unico vero capitale che ha l’uomo è il tempo: con la clessidra scorre più lento. Te lo fa godere. Assaporare. Respirare. Sì, te lo fa vivere” ha dichiarato l’artigiano in una recente intervista.
Parole profonde, vere e su cui si dovrebbe riflettere. Nei confronti del tempo siamo tutti sulla stessa barca, siamo impotenti. Bisognerebbe imparare a gestirlo, certo, ma soprattutto a goderselo.
Se pensate che una clessidra sul comodino possa aiutarvi a rilassarvi, allora non perdete tempo, procuratevela!