L’invenzione della radio

L’invenzione della radio

4842le vie d’Italia dedicate a uno dei personaggi italiani che hanno avuto più successo nella storia. Peccato però, che quel famoso Guglielmo Marconi dovette emigrare per essere ascoltato.

Nella nostra Penisola continuiamo a vantarci, perché tutto il mondo deve sapere: l’inventore dello strumento che ha dato il via alle comunicazioni vocali senza fili è nato a Pontecchio Bolognese, è Italiano.

In principio era il Telegrafo

Circa un secolo prima dell’invenzione di cui si parlerà, in Francia avevano trovato il modo di trasmettere messaggi e codici scritti in ogni parte del mondo, era una vera e propria rivoluzione.

Nel 1843 veniva finanziata dal governo americano la costruzione della prima linea di comunicazione telegrafica, inaugurata un anno dopo tra Washington e Baltimora. Il primo messaggio della storia era trasmesso il 24 maggio 1844 alle 8:45. Samuel Morse a Washington telegrafava a Alfred Vail a Baltimora: “What Hath God Wrought” (“Quali cose ha creato Dio”).

Lo step successivo

Circa vent’anni più tardi in Germania si accorsero che le potenzialità dimostrate dal telegrafo erano solo un assaggio di ciò che la tecnologia avrebbe potuto fornire al mondo delle telecomunicazioni.

James Clerk Maxwell, teorico dell’elettromagnetismo, ipotizzò nel 1864 la possibilità di inviare segnali via etere. Qualche anno più tardi, sempre in Germania, Heinrich Rudolf Hertz dimostrò tramite alcuni esperimenti l’effettiva applicabilità dell’ipotesi del connazionale.

Da qui diversi scienziati intraprendenti si misero a lavoro per produrre uno strumento in grado di trasformare la teoria in pratica.

I progetti più convincenti furono due: uno emerse dal russo Aleksandr Stepanovič Popovl’altro dall’uomo di Pontecchio Bolognese, il fisico Guglielmo Marconi.

Nel 1895 quest’ultimo chiese aiuto a suo fratello per un esperimento che avrebbe dato la svolta decisiva alla sua carriera. Alfonso Marconi sparò un colpo di fucile da un punto oltre la collina dei Cappuccini, per informare il fratello che il segnale inviato dalla soffitta di casa a Pontecchio era arrivato a destinazione. Le ambizioni del fisico italiano erano però ben più grandi: tutto il mondo avrebbe dovuto godere di tale possibilità, utilizzando il suo strumento innovativo.

Nel nostro Paese, purtroppo, il suo progetto non suscitò l’interesse desiderato; Marconi fu quindi costretto a trasferirsi in Inghilterra, dove continuò le sperimentazioni per migliorare quella che presto sarebbe diventata la prima radio al mondo.

Nel marzo 1896 presentò la prima richiesta provvisoria di brevetto, chiamata: “Miglioramenti nella telegrafia e relativi apparati”. Ricevette un ingente sostegno economico da alcuni imprenditori inglesi e decise di imbarcarsi, direzione Nord America. Installato nel novembre del 1901 un grande trasmettitore a Poldhu, in Cornovaglia, si diresse verso St. John’s di Terranova. Qui costruì un sistema per ricevere i messaggi che dovevano arrivare da Poldhu.

Il12 dicembre del 1901, esattamente 119 anni fa, avvenne la prima comunicazione transoceanica via radio.

Gli scettici furono pronti a contestare: non c’erano ostacoli naturali tra la Cornovaglia e il Nord America, solo questo avrebbe permesso a Marconi di trasmettere il segnale.

Re Vittorio Emanuele III decise allora di mettere a disposizione del fisico una grande nave da crociera, la Carlo Alberto. Dal transatlantico Guglielmo Marconi dimostrò al mondo che non esisteva una distanza impossibile da ricoprire per i segnali radio.

Nel 1909, dopo gli ultimi perfezionamenti, il fisico italiano vinse il Premio Nobel per la fisica.

Primi utilizzi

Qualche anno dopo la prima trasmissione scoppiò la Grande Guerra. La radio fu uno degli strumenti più utilizzati dagli eserciti, sia per mandare seganli dalle basi militari alle trincee, sia per individuare la posizione dei nemici tramite la localizzazione del segnale. Tuttavia lo strumento aveva diverse criticità da risolvere, quindi fu utile ma non del tutto decisivo per le sorti della guerra.

Gli Stati Uniti, entrati nel conflitto nel 1917, furono i più abili utilizzatori dello strumento. Non è un caso che, negli stessi anni, dalla Pennsylvania venne trasmessa la prima canzone via radio: “I’ve got a hole in my stocking (Ho un buco nella calza).

Terminata la triste pagina della guerra, in Italia se ne aprì una altrettanto atroce. Il fascismo instaurò la dittatura all’inizio degli anni ’20, e l’invenzione di Marconi fu il maggiore strumento di propaganda sfruttato da Mussolini.

La radio in Italia oggi

L’Italia è ancora oggi prima in Europa per numero di emittenti radio in relazione alla popolazione. Dalle stime del TER (Tavolo Editori Radiofonici) emerge però che sono solo 300 gli emittenti veramente attivi, e solo 150 di questi hanno un “assetto d’impresa rilevante”.

Dagli stessi dati sappiamo che mediamente 35 milioni di italiani ascoltano la radio (circa il 50% della popolazione). Lo strumento sta scomparendo dalle case, mentre non calala fruizione da automobile: praticamente tutte le vetture in circolazione dispongono di un’autoradio.

Per fasce d’età si nota che sono gli adulti i maggiori fruitori, mentre i giovani fino a 20 anni preferiscono ascoltare musica da altri dispositivi. Quando però questi ultimi diventano automobilisti, entrano a far parte dei fruitori abituali, inizialmente soprattutto per l’ascolto di musica, ma crescendo iniziano ad apprezzare di più la radio come strumento informativo.