L’abito non fa il monaco, è vero. Bisogna tenerlo a mente quando si conoscono nuove persone e istintivamente si tende a fidarsi, ma davanti allo scaffale di un supermercato o di un’enoteca, siamo sicuri di poter rispettare questa massima? A meno che non si riesca a parlare con una bottiglia di vino, oppure si possiedano dei superpoteri che permettono di conoscere il sapore della bevanda quando la bottiglia è chiusa, bisogna fidarsi. Di cosa? Dell’etichetta, ovviamente.
Le prime descrizioni del vino risalgono agli Antichi Egizi, un popolo con l’arte nel DNA. Incidevano sulle anfore di vino il nome del produttore, i dati della bevanda, la provenienza e l’anno di produzione. Questa testimonianza arriva dai numerosi recipienti ritrovati nella tomba di Tutankhamon.
I Romani invece incidevano sulle anfore il nome del vino e anche la quantità di contenitori prodotti contenenti una specifica bevanda.
Il metodo dell’incisione venne abbandonato definitivamente nel 1796 con l’invenzione della litografia, che dava la possibilità di stampare più copie della stessa etichetta. Tuttavia già nel secolo precedente il celebre monaco francese Dom Pérignon decise di legare con uno spago una pergamena, contenente l’annata e le vigne di origine dei suoi Champagne, sul collo della bottiglia.
Nel 1840 venne presentata la prima etichetta illustrata, quella che conosciamo e utilizziamo ancora oggi. A introdurla fu lo svizzero Henri-Marc, proprietario dellaMaison De Venoge, che la propose per le bottiglie di Champagne.
Da quel momento la struttura dell’etichetta è rimasta la stessa, anche se si sono susseguiti diversi disciplinari che imponevano alcune caratteristiche del vino da introdurre nella descrizione.Oggi viviamo nell’era digitale e anche un prodotto con una storia secolare come il vino ha la necessità di adattarsi alla modernità.
Lo hanno capito tanti produttori, ma i primi a proporre un’evoluzione della comune etichetta sono stati i danesi dell’azienda Vivino. Hanno ideato una piattaforma sulla quale è possibile consultare maggiori informazioni e recensioni sui vini a partire dall’etichetta. Come? Tramite la fotocamera dello smartphone: viene posto sul fondo delle etichette un particolare codice, il QR-code, che viene riconosciuto dal telefonino, permettendo al cliente di accedere alla piattaforma con un semplice tocco.
In questo modo, per utilizzare un’altra massima diffusa, non si giudica il libro dalla semplice copertina, ma si accede al giudizio di chi quel vino lo ha già assaggiato.
Innovativo, utile, ma non obbligatorio, per ora. Cosa deve contenere allora, secondo i regolamenti, l’etichetta di una bottiglia di vino?
Il regolamento europeo numero 607 del 2009 stabilisce le informazioni obbligatorie che tutti i produttori degli Stati membri devono fornire ai consumatori.
Tutte le informazioni elencate devono essere contenute nel medesimo campo visivo, nel fronte o nella retroetichetta.
Nell’aprile del 2017 si è tenuto in Liguria il seminario “L’importanza delle etichette nella comunicazione del vino”, a cura diAlfio Antognetti,CEO e Art Director di RES Comunicazione.
L’esperto di marketing ha affermato: “L’etichetta non è un accessorio, ma è parte integrante del prodotto, ne decide la forma e dunque l’esperienza quotidiana del consumatore … deve essere funzionale, comunicare la storia del prodotto e di chi lo produce, suscitare sensazioni”.
Una donna divenuta ormai un’istituzione nel design delle etichette ritiene che bisogna considerare anche il luogo di vendita destinato ad un determinato prodotto. Si chiama Simonetta Doni e da 20 anni collabora con aziende di tutto il mondo dal suo studio nel centro di Firenze.
In merito alle differenziazioni ha affermato: “Se va sui ripiani di un supermercato l’etichetta dovrà avere un maggiore impatto visivo, se va alla ristorazione potrà essere più sofisticata e più leggera nella grafica poiché potrà contare su qualcuno che saprà presentare il vino al cliente, se va in un’enoteca si lavorerà su qualcosa di ancora più raffinato.”
Nei ristoranti e nelle enoteche lavorano spesso i sommelier, figure professionali esperte nella comunicazione del vino, i quali riescono a suscitare le emozioni nel consumatore di cui si parlava. L’impatto visivo quindi viene sostituito dall’impatto “uditivo” dato da una dettagliata descrizione.
L’abito non fa il monaco dicevamo all’inizio, allo stesso modo una buona etichetta non identifica necessariamente un buon vino. Nel momento dell’acquisto però un’etichetta di qualità fa la differenza più delle caratteristiche organolettiche del vino, semplicemente perché queste ultime si scopriranno solo dopo aver comprato la bottiglia.
Cari amici produttori, se credete che il vostro vino abbia bisogno di una spinta in più per incrementare le vendite, forse è il caso di prenotare un appuntamento dalla dottoressa Doni o dalle altre figure specializzate nel nostro Paese.