Fino agli anni ’70 il riciclo dei rifiuti non veniva preso in considerazione, probabilmente perché non si percepivano ancora i rischi dell’inquinamento. In passato, infatti, i negozi di alimentari vendevano i prodotti in sacchetti di carta o cassette in legno per frutta e verdura, che venivano utilizzati dai consumatori per riscaldare le proprie case.
Fu il boom economico a introdurre nel mercato nuovi materiali da imballaggio.
La prima legge in Italia a tema smaltimento risaliva al 1941 e regolamentava lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Il DPR 915 del 1982 introdusse il termine riciclo, emanando obblighi di raccolta, riuso e appunto riciclo dei rifiuti. Nel 1988 il legislatore si occupò di disciplinare il tema raccolta differenziata nei centri urbani. Due leggi successive, rispettivamente 1997 e 2006, diedero indirizzi specifici sulle metodologie da utilizzare per la raccolta differenziata.
Ancora oggi, dopo circa quarant’anni dalle prime campagne di sensibilizzazione, la maggior parte della popolazione è scettica sull’efficacia della raccolta differenziata. I dati, che saranno proposti più avanti, dimostrano invece che l’Italia è uno dei migliori Paesi nel rispetto delle norme.
Le normative generali sono emesse dall’Unione Europea, poi adottate dallo Stato, il quale lascia la gestione ai comuni, che in base alle loro esigenze decidono la metodologia più sostenibile.
I rifiuti che gettiamo nei secchi delle nostre case vengono raccolti dagli operatori ecologici tramite dei camioncini, con il sistema porta a porta o direttamente dai vari bidoni disposti nelle strade.
Vengono trasportati in dei centri di trasferimento, dove vengono controllati e smistati in base al materiale, per poi essere caricati su altri mezzi di trasporto. Arrivano a questo punto alla stazione responsabile del loro trattamento e rigenerazione, cioè la trasformazione in nuovi oggetti.
In entrambi gli stabilimenti, quindi, i rifiuti che noi differenziamo in casa vengono accuratamente ricontrollati e, nel caso della plastica ad esempio, ulteriormente separati in base ai materiali che compongono un prodotto.
Ciò può portare a due considerazioni e di conseguenza a due reazioni. Una controproducente e fastidiosa: “se li ricontrollano, che senso ha fare fatica a differenziarli?” La seconda reazione è invece intelligente e collaborativa: “se tutti facciamo la nostra parte, ci vorrà sempre meno tempo a smaltire i rifiuti inquinanti!”.
La plastica riciclata viene usata per innumerevoli scopi, ad esempio la costruzione di nuovi arredi urbani: panchine, staccionate e giochi per i parchi pubblici. Il 90% circa dei sacchetti, delle scatole e dei giornali è realizzato con carta riciclata. Con un chilogrammo di vetro riciclato si possono produrre un chilogrammo di nuovi recipienti, senza la necessità di aggiungere materiale. Sistima che ormai in Italia oltre il 70% delle bottiglie di vetro sia prodotto tramite il materiale vetroso recuperato con la raccolta differenziata.
In caso di ulteriori dubbi sulla corretta gestione dei rifiuti nel nostro Paese, il ministero dell’Ambiente, le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e gli stessi comuni rendono pubblici i rapporti sui controlli effettuati periodicamente.
L’Eurostat (l’ufficio statistico dell’Unione Europea) ha stilato nel 2017 una classifica dei Paesi europei in tema riciclaggio. L’Italia si trova in testa con il 76,9% di rifiuti riciclati, oltre il doppio rispetto alla media continentale, pari al 37%.
I Paesi del Nord Europa in realtà utilizzano metodi molto avanzati, come la trasformazione di rifiuti in energia elettrica tramite i termovalorizzatori, quindi occupano le parti basse di tale classifica poiché è minore la quantità di rifiuti che vengono riutilizzati.
Nell’Est invece l’80% circa della spazzatura finisce in discarica. La Commissione Europea ha emanato un regolamento nel 2015, che fissa il massimo dei rifiuti smaltiti in discarica al 10% del totale dei rifiuti urbani.
I dati nel 2018 rivelano che in Italia la plastica è differenziata e quindi riciclata dall’87,1% delle famiglie, il vetro dall’85,9%, la carta dall’86,6%. Il meccanismo funziona ottimamente perché nella nostra penisola c’è un sistema di consorzi di raccolta e riciclo molto attivo: “Conai” per gli imballaggi, “Conou” per gli oli lubrificanti usati, “Conoe” per gli oli e grassi animali e vegetali, “Cobat” per batterie ed apparecchiature elettroniche, “Ecopneus” per gli pneumatici. I consorzi pagano i Comuni per ritirare i loro rifiuti, e questo incentiva gli enti locali a fare la raccolta differenziata.
Confidando nell’utilità di queste informazioni, si spera di eliminare (o almeno ridurre) la circolazione delle leggende metropolitane che creano scetticismo e rischiano di deviare comportamenti che non dovrebbero essere messi in discussione.