Anche se detta a fin di bene, una bugia è sempre una bugia ed esistono alcuni modi per individuarla. O meglio, ci sono delle costanti che caratterizzano il linguaggio dei bugiardi: piccoli espedienti, volti a far apparire vera un’affermazione falsa, che possiamo imparare a riconoscere.
I motivi possono essere diversi. Solitamente la bugia ci permette di apparire migliori agli occhi degli altri e ricevere approvazione. Questo non è solo un comportamento tipico dei narcisisti ma anche di chi vuole essere incluso in un gruppo. Dire bugie può essere utile a evitare un possibile rifiuto o un’eventuale punizione; pare infatti che i bambini imparino a mentire per sfuggire a punizioni anche emotive che potrebbero subire dopo aver trasgredito una regola. Un partner può invece mentire per paura di allontanare o dispiacere il compagno. Nella dimensione di coppia, la personalità più sensibile e meno risoluta potrebbe servirsi di una bugia per sottrarsi a conflitti e confronti, o per salvaguardare le proprie autonomia e privacy.
Chi mente impiega un linguaggio ben preciso, fatto di termini generici, frasi semplici ma ricche di dettagli irrilevanti volti a mascherare meglio la menzogna. La narrazione del bugiardo viene proiettata sugli altri piuttosto che su sé stesso, con un raro uso di pronomi come “io”, “il mio”. È spesso ricca di termini negativi, frutto di un inconscio senso di colpa e, anche se le immagini usate sono semplici, le frasi risultano particolarmente complesse, nell’illusione che un discorso articolato e dettagliato appaia più veritiero.
Oltre alle parole, i bugiardi si avvalgono di gesti e comportamenti per sostenere le loro false tesi. Come segnala uno studio pubblicato sulla rivista Royal Society Open Science, chi mente tende spesso ad imitare gli atteggiamenti del suo interlocutore. Questo perché mentire richiede molte energie, e copiare i gesti di chi ha davanti risulta meno impegnativo che controllare una propria gestualità. E nonostante questo meccanismo possa passare inosservato, non sfugge a strumenti come l’accelerometro, usato nello studio per misurare le accelerazioni nei movimenti degli individui coinvolti.
Un linguaggio fatto di parole, silenzi, esitazioni e gesti, usato per rendere la bugia quanto più simile a una verità. La domanda che potremmo porci ora è: possiamo apprendere questa lingua o è tutto frutto di un processo inconsapevole messo in atto solo quando è ora di mentire?