“Ti sta bene. Questo è il karma.” Chi sarà mai questo karma?
Spesso utilizziamo dei termini così, per sentito dire. Per carità, la prima frase ha un fondamento di verità, ma per esprimerci correttamente dovremmo quantomeno sapere il significato “completo” delle parole di cui ci serviamo.
Il concetto di “karma” è infatti per alcune civiltà l’essenza stessa della vita. Riveste un’importanza tale da guidare tutti i comportamenti delle persone che credono nella sua validità. Credere in tale concetto e quindi utilizzare il termine presuppone, in sostanza, una serie di atteggiamenti atti a prendersi cura del proprio karma, altrimenti sarebbe come dire “Dio aiutami”, non credendo nell’esistenza di alcun dio.
La credenza iniziò a diffondersi, secondo gli storici, negli ultimi secoli a.C., per poi essere tramandata nelle civiltà indiane per via orale.
Oggi è uno dei capisaldi di due religioni molto praticate nel mondo orientale: Buddhismo e Induismo.Entrambi i culti si basano sul concetto della reincarnazione: è solo il corpo a morire, l’anima continuerà a vivere in eterno.
Il karma si può definire come l’unione di azione e intenzione, con la seconda che domina la prima: un’azione non è “buona” se non vi è “buona” intenzione nel compierla. L’azione che l’essere vivente compie o non compie va a generare sempre delle conseguenze. Queste si andranno a ripercuotere proprio su colui che ha eseguito l’azione. In sostanza: se assumi un comportamento positivo, otterrai delle conseguenze positive.
L’anima però, come abbiamo detto, è eterna, perciò il modo di agire di un individuo andrà a determinare una “beata” o “sofferente” reincarnazione.
Buddhisti e induisti partono da un concetto di base comune, ma hanno un modo diverso di interpretarlo e applicarlo.
Per i primi, il karma è quello che si intendeva nell’affermazione iniziale: nulla rimane impunito e nulla è immeritato. Se fai qualcosa di ingiusto, subirai un’ingiustizia. In tale visione non c’è spazio per il destino, o se preferite il fato: non esiste un’entità sovrannaturale che regola ciò che succederà nella vita di un essere vivente. Si potrebbe riassumere in “Ciò che semini raccogli”.
Gli Induisti invece inseriscono il karma “terreno” all’interno di un karma metafisico superiore, al quale neanche gli dei possono sfuggire. Le azioni buone vanno a rendere l’anima “pura”, ma un’anima pura non avrà necessariamente una vita felice, se il Karma universale decide per un’esistenza disgraziata.
Francesco Gabbani ha riscosso un grande successo al Festival di Sanremo 2017, con la canzone “Occidentalis karma”. I riferimenti filosofici sono numerosi e il testo va a toccare diversi concetti. Rimandendo sul titolo e sul nostro karma, riprendiamo le parole di Fabio Ilacqua, scrittore del testo insieme a Gabbani: “L’occidentale che si rivolge alla cultura orientale lo fa sempre come un turista che va in un villaggio vacanze. La cultura orientale viene vista come fuga dallo stress, ma non è nata per questo. È la banalizzazione di qualcosa di profondo che c’è lì però, solo lì, noi siamo turisti di qualcos’altro, per noi diventa uno sport”.
La maggior parte degli occidentali confonde karma con destino: si pensa ad esempio che il non agire non porti a conseguenze. Nelle culture che fanno del karma principio di azione, non fare nulla non vuol dire essere lasciati in pace anzi, se non si agisce per pigrizia o per qualsiasi altra intenzione negativa, in futuro ci saranno situazioni in cui si verrà ripagati con le medesime intenzioni.
Dall’orientalismo alla corrente New Age, il mondo occidentale ha sempre attinto a culture millenarie per rimodellarle e adattarle a contesti completamente diversi. Ed eccoci qui, ad ascoltare musica balinese con le gambe incrociate nella posizione del loto, intenti a scrollare la home di facebook e insultare degli Americani che hanno chiamato “carbonara” un piatto di maccheroni al microonde. E non ci rendiamo conto di star facendo la stessa cosa.
Sia chiaro, non è intrinsecamente sbagliato fare yoga ascoltando Beyoncé, né lo è (ci costa ammetterlo) mettere il cheddar cheese sulla pizza. Viviamo in un mondo globalizzato e lo scambio reciproco di parole, abitudini, ricette, costumi e canoni estetici è sempre avvenuto sin dagli albori della storia umana. Ognuno è libero di interpretare concetti, nozioni e termini come meglio crede, ma si dovrebbe avere la sensibilità di rispettare le altre culture quando, per qualsiasi ragione, si vogliono far proprie.