È uno di quei cibi da “vorrei ma non posso”, ma alla fine almeno una volta in inverno compare sulle nostre tavole. Non è facile, o quasi impossibile, trovarne le qualità più rare, ma per fortuna quelle immesse sul mercato soddisfano il nostro palato senza mandarci in bancarotta.
Si tratta del tartufo, il fungo più bramato dai buongustai degli ultimi 5000 anni.
È la domanda più gettonata, perciò meglio sciogliere subito il grande dubbio: Perché costa così tanto?
Perché è raro.
Sono stati individuati sinora 60 tipi di tartufo nel mondo, tuttavia solo 9 di questi sono commestibili. Sul mercato, inoltre, si possono trovare solo 6 di queste varietà.
Non è finita qui. Non tutti i tartufi che vengono trovati sono adatti alla consumazione, magari perché rovinati o non ancora maturi. Si possono raccogliere solo in determinati periodi dell’anno e in zone ben precise. Ciò che rende questo fungo così ambito è anche il fatto che è molto difficile dacoltivare. Dalla semina al raccolto devono passare all’incirca cinque anni e l’investimento iniziale può superare i 7.000 euro.
I tartufi, come i porcini, sono funghi simbionti. Per crescere hanno bisogno di instaurare un rapporto di simbiosi con un albero, crescendo attaccati alle sue radici e scambiando con esse acqua e sali minerali.
Tutto inizia dalle spore, le cellule riproduttive dei funghi. Queste vengono trasportate dall’acqua o da insetti di terra fino alle radici dell’albero, dove formeranno delle micorrize. Si tratta di manicotti posti alle estremità delle radici, formati da reticoli di ife, filamenti che procacciano nutrimento al fungo. Qui avviene lo scambio di nutrienti e il tartufo può finalmente iniziare a crescere; gli ci vorrannodai 2 ai 7 anni per maturare, se si tratta di un tartufo bianco, e dai 13 ai 15 anni se si tratta di un tartufo nero.
Le “tartufaie”, le zone in cui solitamente si sviluppano i tartufi, si trovano spesso in zone collinari o montuose caratterizzate dall’assenza di vegetazione erbacea, nei pressi di querce e noccioli.
Il tartufo si inserisce nella lunga lista di prodotti che gli altri Paesi ci invidiano. Cresce in quattordici regioni italiane in diverse stagioni dell’anno, anche se il periodo più proficuo per la raccolta è l’autunno e una parte dell’inverno. Prima di parlare delle due varietà, rigorosamente italiane, più famose al mondo, è utile far sapere che, proprio in queste fredde giornate invernali, si sta raccogliendo il Tuber Brumale, meglio conosciuto come “tartufo invernale”. Si può trovare tra i 5 e i 30 cm sotto terra, perciò c’è bisogno del fedelissimo cane da tartufo per scovarlo. Si trova a prezzi accessibili ed è, secondo gli esperti, ottimo per chi predilige sapori forti e decisi.
I conti si fanno alla fine, ma questa storica partita non avrà mai risultato diverso dal pareggio: sicuramente non 0 a 0, poiché si tratta dei migliori tartufi al mondo, quindi si potrebbe optare per un 1-1. È meglio chiarirlo prima, perché parlando di tartufi risulta scontata la domanda: è più buono quello bianco o quello nero? In questo caso specifico: è più buono il Bianco d’Alba o il Nero di Norcia?
Per il suo sapore squisito è anche chiamato “tartufo dolce”. L’odore inconfondibile si può riconoscere da metri e metri di distanza. Il tartufo nero di Norcia può essere molto piccolo (delle dimensioni di una nocciola), ma può anche superare le dimensioni di una pallina da tennis. Il valore nutritivo è di gran lunga maggiore rispetto agli altri funghi e anche rispetto a tutti gli altri vegetali. È particolarmente ricco di proteine e sali minerali.
È di colore nero tendente al violaceo all’esterno e presenta venature biancastre nella parte interna.
La raccolta di questo pregiato tartufo va dal 15 novembre al 15 marzo, in zone montane dell’Umbria su suolo illuminato e ben drenato.
Il prezzo? Non inferiore a mille euro al chilo.
Il tartufo bianco d’Alba può superare invece i 4000 euro al chilo, semplicemente perché non ne esistono al mondo delle “brutte copie”. Ci sono varietà meno pregiate di tartufo bianco, ma quello piemontese è inconfondibile nella forma, nel colore e, ovviamente, nel sapore.
Matura tra settembre e dicembre in terreni scoscesi (per evitare ristagni d’acqua), in zone collinari e montuose che non superano i 6/700 metri.
Gli esperti dicono che annusandolo si possono percepire sentori di miele, aglio e fungo. Il colore esterno va dal bianco al giallo ocra, con la parte interna che presenta venature marroni.
È inconfondibile anche perché nelle Langhe cresce la varietà che può raggiungere le dimensioni più grandi. Lo scorso anno ad esempio, un ristoratore di Osaka si è aggiudicato all’asta un esemplare record da 591 grammi.