L’energia eolica rientra a pieno titolo nelle categorie “Green Energy” e “Energie rinnovabili”. Il vento infatti, unico protagonista dell’eolico, è una fonte rinnovabile, ovvero non soggetta al rischio di esaurimento, e il suo sfruttamento ha un impatto minimo sull’ambiente.
Esistono due tipi di installazione di un impianto eolico: on shore (sulla terraferma) e off shore (in zone marine: montate su piattaforme galleggianti). Andiamo a vedere come si compone un impianto e il suo funzionamento.
Un generatore eolico somiglia a un’enorme girandola: una torre altissima, con delle pale rotanti fissate all’estremità superiore. All’interno, però, la struttura è ben più complessa, il cui scopo è trasformare l’energia cinetica delle pale in energia elettrica.
Le pale sono collegate a un rotore, che muove a sua volta un albero posto all’interno della torre. Questo conduce l’energia cinetica fino a un generatore posto alla base dove, con un processo di induzione elettromagnetica, avviene la conversione in energia elettrica.
Anche se la produzione e lo smaltimento di un impianto eolico richiede risorse ed energia, il suo utilizzo ha comunque un impatto decisamente positivo sull’ambiente.
Il pensiero più diffuso sulle grandi turbine eoliche, soprattutto nel nostro Paese, è che rovinino il paesaggio. Si tratta del più forte limite che frena la produzione degli impianti, in particolare nei luoghi con un alto afflusso turistico.
Inoltre, come il sole, anche il vento non è un fenomeno che si può programmare. Il fotovoltaico e l’eolico condividono perciò questo aspetto negativo: funzionano perfettamente quando sole e vento ci sono, ma hanno bisogno di essere sostituiti quando le fonti di energia scarseggiano, per garantire elettricità.
Gli impianti eolici producono un tipo di inquinamento diverso da quello atmosferico: quello acustico. Questo li rende inadatti ad essere posizionati vicino a centri abitati. Il problema è però risolvibile collocando i complessi in zone isolate, o puntando sulle installazioni off shore.
Ai fattori positivi già elencati si può aggiungere il vantaggio economico. I costi sono decisamente più bassi rispetto ad altri produttori di energia e si riducono anche i tempi di produzione.Ad esempio, sono sufficienti due mesi per costruire una centrale da 10 megawatt, capace di fornire energia elettrica a circa tremila abitazioni.Chiaramente, più la zona è “ventosa” più l’investimento è giustificato e il rapporto costi-benefici cresce a favore dei secondi.
Quasi la metà dell’energia consumata in Danimarca nel 2019– il 47 % – è stata ricavata dal vento.
L’Europa produce circa il 75% dell’energia eolica mondiale e la Danimarca è il primo Paese europeo per consumo di energia eolica (in percentuale), anche se il primo per consumo di energie rinnovabili in generale è la Svezia. Per farsi un’idea dei numeri, l’obiettivo europeo per il 2030 è raggiungere il 32% di energia prodotta con fonti rinnovabili; quello italiano il 30 per cento. La Danimarca ci ha già superato di circa il 20% con dieci anni di anticipo, considerando solo l’eolico, e non le restanti energie rinnovabili: impressionante.
Il grosso dell’energia eolica danese proviene dalle pale che si trovano nei territori a ovest del Paese o sulle isole, ma recentemente stanno crescendo anche gli impianti in mare, in zone dove l’acqua è poco profonda e dove la velocità del vento è significativamente più alta. Le condizioni meteorologiche sono favorevoli, anche se non eccezionali rispetto agli altri Paesi europei la cui velocità del vento viene considerata mediamente alta.
La Danimarca cominciò a investire nell’energia eolica negli anni Ottanta, quando dovette fare i conti con la crisi del petrolio e le elevate emissioni di CO2 che provenivano dalle centrali elettriche a carbone molto diffuse in quegli anni. L’energia nucleare fu ai tempi fortemente osteggiata dalla cittadinanza, e l’energia eolica divenne quindi una scelta quasi obbligata.
La necessità di investire in questa nuova fonte energetica portò a incentivi esovvenzioni statali che, mentre in altri Paesi europei ebbero scarso successo, in Danimarca furono particolarmente efficaci. Tra le aziende che ne approfittarono ci fu in particolare Vestas, che produceva inizialmente elettrodomestici e che in quegli anni cominciò a costruire pale eoliche sempre più alte (oggi superano i 100 metri). Oggi Vestas è la più grande società di costruzione di pale eoliche al mondo e la città dove ha sede, Aarhus, è uno dei centri più importanti per la ricerca e la produzione in tema di energie rinnovabili a livello internazionale.
In Italia le potenzialità per valorizzare l’energia dal vento esistono: l’Anev (Associazione nazionale energia del vento) le stima in circa 2.500 MW, capaci di soddisfare i fabbisogni elettrici di 1,9 milioni di famiglie.
Secondo WindEurope tuttavia, l’Italia appare piuttosto indietro nella realizzazione di nuove installazioni oltre che per impianti e potenza installati.
I dati più recenti fanno registrare la presenza di 5645 impianti eolici, collocati per il 91% nelle regioni meridionali, con una potenza massima raggiunta di 10GW.
Tuttavia una prospettiva decisamente positiva arriva dall’Analisi Trimestrale del sistema energetico italiano firmata dall’Enea (agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) lo scorso giugno. La nuova potenza eolica, fotovoltaica e idroelettrica connessa nei primi sei mesi dell’anno è risultata superiore del 64% rispetto a quanto registrato nello stesso periodo dello scorso anno. In forte aumento la nuova potenza di impianti eolici, complessivamente pari a 300 MW nei sei mesi, tre volte le installazioni di un anno fa.
La strada verso una rivoluzione Green è stata intrapresa e sono stati annunciati nuovi accordi a su scala mondiale. Inoltre, sono sempre più attivi centri di ricerca che si pongono l’obiettivo di eliminare completamente i rischi, seppur minimi, derivanti dalle energie rinnovabili.
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