Si sente parlare spesso ultimamente di “dieta chetogenica” ma in realtà non è una novità: questo regime alimentare nasce circa cent’anni fa come trattamento per i pazienti epilettici.
Si tratta sostanzialmente di una dieta in cui l’apporto di carboidrati è al di sotto del 5% del consumo alimentare giornaliero. In opposizione simmetrica quindi rispetto all’altra scuola di pensiero delle diete moderne, quella che punta a ridurre al minimo i grassi.
La dieta chetogenica, detta “keto”, si basa sul modello teorico secondo cui l’introduzione di carboidrati, e la conseguente secrezione di insulina per portare glucosio alle cellule, comporta automaticamente l’immagazzinamento dei grassi negli adipociti.
Vengono quindi aboliti quasi completamente i carboidrati, mentre viene invece incentivata l’assunzione di grassi: in questo modo si costringe il corpo a cambiare il metabolismo per passare, come indica il nome, a una produzione di corpi chetonici: una condizione che il corpo attiva come adattamento a situazioni straordinarie come il digiuno prolungato, e in cui il combustibile primario diventano i grassi, e non gli zuccheri.
Fa molto presa l’idea di avere una formula semplice per risolvere i problemi di peso, soprattutto considerando che in Italia il 31% della popolazione è sovrappeso e il 10% obeso.
Segnaliamo due studi: una meta analisi di studi controllati, non epidemiologici, del 2017 e una ricerca del 2018 svolta su un campione di 600 persone. I risultati di entrambi gli studi sembrano indicare che in realtà le conseguenze dell’assunzione delle calorie sono le stesse, che siano sotto forma di carboidrati o di grassi.
Il dibattito scientifico in merito è tuttavia ancora vivace, ma per quanto le risposte semplici ai problemi complessi siano sempre molto attraenti, per il momento la cosa migliore da fare è sempre seguire una dieta sana, varia e bilanciata.