Da dove viene la vaniglia?

Perché la vaniglia costa così tanto? C'entrano le sue origini, il metodo di produzione e un insetto. O meglio, la sua assenza.

Da dove viene la vaniglia?

La pianta della vaniglia appartiene alla famiglia delle Orchidacee ed è originaria delle foreste tropicali del Messico e dell’America Centrale. Il suo frutto, lungo e affusolato, cresce alla base dello stelo e misura circa 15-20 cm. È al suo interno che, con opportuna fermentazione, si sviluppano le preziose sostanze aromatiche che rendono la vaniglia così speciale. 

Un po’ di storia

I primi a utilizzarla pare fossero gli Aztechi, che vi profumavano la cioccolata. I conquistadores, che le diedero il nome di “vainilla” (cioè “piccola guaina”) la importarono in Europa, ma per lungo tempo la coltivazione avvenne solo in Messico; anche se l’orchidea veniva propagata per talea e diffusa nei vari orti botanici d’Europa, in tutto il vecchio continente sembrava impossibile farla fruttificare. Il motivo? Mancavano i giusti animali impollinatori, che in Messico sono le api del genere Melipona.

Solo nel 1841, grazie alla scoperta dell’impollinazione artificiale (che ancora oggi avviene manualmente, aumentando notevolmente i costi di produzione) si riuscì ad avviare la coltivazione fuori dal Messico, cioè a Bourbon, il nome dell’attuale isola di Réunion. Presto la produzione di vaniglia si allargò anche alle isole Comore e al Madagascar, che arrivò in poco tempo a superare il Messico. Oggi il maggior produttore di vaniglia è l’Indonesia.

Solo dopo la diffusione della sua coltivazione e l’abbassamento del prezzo (che rimane comunque alto rispetto ad altre spezie) la vaniglia iniziò ad entrare nella cucina e pasticceria europea. “L’Almanach des Gourmands” di Grimond de la Reynière del 1810 la menziona solo in una mezza dozzina di ricette, mentre nel XIX secolo le cose cambiarono radicalmente: la vaniglia iniziò ad essere usata sia in cucina che nella cosmesi, particolarmente apprezzata nei prodotti da applicare sulla pelle. 

Produzione

La varietà più pregiata è proprio la Vaniglia Bourbon, che contiene tra l’1,6% e il 2,4% di vanillina, il principio attivo a cui si deve il suo inconfondibile profumo. Questo però non si percepisce dal frutto maturo, ma solo in seguito alla fermentazione dello stesso dopo la raccolta: il metodo Bourbon, del tutto manuale, prevede che le bacche siano raccolte poco prima della maturazione e immerse in acqua calda, per ridurre la vitalità del frutto (che è climaterico) senza disperderne i fermenti. Vengono poi riposte in casse ricoperte di lana, dove la temperatura raggiunge i 50°C; nel diro delle 24 ore assumeranno il colore scuro a noi familiare. Si può poi passare alla fermentazione vera e propria, che avviene su un graticcio al sole per una settimana e in un apposito magazzino per i successivi due-tre mesi. 

Le principali varietà coltivate sono 3:

  • Vanilla planifolia: coltivata nell’Oceano Indiano, ha un buon contenuto di vanillina e presenta gli aromi speziati e boisé
  • Vanilla x Tahitensis: coltivata in Polinesia, a Tahiti e in Nuova Guinea, presenta note floreali e un tocco di anice
  • Vanilla Pompona: originaria dell’America Centrale, presenta baccelli lunghi e carnosi. Viene usata principalmente nell’industria del profumo

Vanillina

Per soddisfare il fabbisogno mondiale di vanillina con la sola vaniglia coltivata, dovremmo destinarvi circa 1,2 milioni di ettari: un’area vasta quanto la Campania. Gran parte della vanillina in commercio è artificiale, cioè prodotta chimicamente. Come abbiamo già visto in altri articoli, il fatto che una sostanza sia prodotta artificialmente non significa che faccia male, purché si rispettino gli standard di sicurezza e il prodotto finale sia analogo a quello naturale nella composizione chimica. La vanillina prodotta artificialmente, infatti, è identica a quella naturale, ma i costi di produzione (e il consumo di suolo) sono molto minori.

La prima sintesi di vanillina in laboratorio avvenne nel 1874 a partire dalla coniferina, sostanza presente nella resina dei pini. I due chimici tedeschi Tiemann e Haarmann cominciarono così a produrla su scala industriale, ma non si trattava di un processo economicamente così vantaggioso. Una svolta da quel punto di vista avvenne quando si passò a utilizzare come precursore l’eugenolo, contenuto nei chiodi di garofano. Oggi si può produrre anche a partire dalla lignina, presente nella cellulosa.

Ci sono anche dei metodi per produrre vanillina naturale senza coltivare la pianta di vaniglia: ad esempio con la fermentazione batterica partendo da diversi substrati. Un ceppo di batteri geneticamente modificato è riuscito a produrre vanillina a partire dal PET delle bottiglie! Al momento, comunque, questa procedura è ancora in via di perfezionamento e non ha quindi rilevanza sul mercato mondiale.