Ricordate la vendemmia?La parte di produzione del vino più piacevole e allo stesso tempo faticosa, grazie alla quale i coltivatori condividono esperienze, aneddoti e, soprattutto, la passione per il “nettare di Bacco”.
Tanti celebrano la conclusione di questo fantastico periodo di aggregazione con una grande festa, altri però cercano di dormire mentre gli agricoltori vicini fanno baldoria. Perché?No, non sono dei guastafeste, semplicemente per queste persone il lavoro non è ancora terminato: bisogna portare a termine la vendemmia tardiva.
Si dice “da vendemmia tardiva” il vino ricavato dall’uva lasciata appassire sulla vite dopo l’avvenuta maturazione del frutto. A che scopo?
Seguendo tale procedura si ottiene una maggiore concentrazione degli zuccheri e una conseguente riduzione dell’acidità. In questo modo il sapore risulta decisamente più intenso.
Siamo sicuri che se un parassita attacca la vite il raccolto andrà perso?
Il presunto disturbatore tipico dell’uva si chiama Botrytis Cinerea, fungo molto diffuso che colpisce diverse varietà di frutta e verdura, ma la vittima preferita è proprio il frutto “grappoloso”.
Esistono due alternative: se dal parassita si genera la cosiddetta “muffa grigia”, allora i grappoli tenderanno a cadere a terra marcendo. Anche se si riuscisse a recuperarne delle parti, sarebbe meglio non portare avanti il processo di produzione, poiché ne risulterebbe un vino dal sapore estremamente sgradevole.
In condizioni climatiche particolari, caratterizzate da giornate che alternano un clima caldo e secco a momenti, di solito la notte, freschi e umidi, la Botrytis Cinerea produce la sorprendente “muffa nobile”.Le condizioni appena descritte si verificano solo in alcune zone di produzione e soprattutto in specifici periodi dell’anno. Esattamente, il periodo in cui si effettua la vendemmia tardiva, più o meno in questi giorni di novembre. Il risultato? La muffa nobile conferisce al vino caratteristiche olfattive inconfondibili, aumentando allo stesso tempo il contenuto di zuccheri.
Addirittura alcuni produttori raccolgono separatamente solo i grappoli colpiti dal fungo per ricavare i particolari vini “botritizzati”.
Il nome originale è “Vendages Tardives”, noi Italiani ci siamo solo presi la briga di tradurre il termine di origine francese. Effettivamente sono stati i cugini d’Oltralpe i primi a sperimentare l’appassimento dell’uva direttamente sulla vite. In Italia era conosciuta la tecnica dell’appassimento per produrre vini passiti, ma veniva applicata in cantina dopo la “normale” raccolta nei periodi di vendemmia.
In Francia la vendemmia tardiva è una faccenda seria, tanto che è autorizzata solo in quattro aree: Alsace, Alsace Grand Cru, Jurançon e Gaillac.
Il disciplinare indica anche il tipo di uva da poter sottoporre a Vendages Tardives: in Alsazia (comprendente le prime due aree) abbiamo le uve Muscat, Gewürztraminer, Pinot Gris e Riesling; a Gaillac si possono vendemmiare tardivamente le Ondenc, Loin-de-l’Oeil, Mauzac e Muscadelle, mentre a Jurançon la Petit e la Gros Manseng.
La raccolta, infine, avviene in un solo passaggio e non a più riprese per non superare la gradazione alcolica permessa dal regolamento. Puntigliosi, ma estremamente efficienti. (Qui tutte le curiosità sul vino francese).
La Basilicata è una delle pochissime regioni italiane che sembra non aver accusato l’impatto paesaggistico portato dalle “costruzioni intensive” del post rivoluzione industriale. Chiaramente non si può generalizzare, alcuni paesaggi sono stati alterati, ma la maggior parte della regione compresa tra Campania e Puglia è caratterizzata da luoghi incontaminati e viste mozzafiato.
È il caso del Vulture, vulcano spento situato nella parte nord. Alle pendici del monte viene coltivato uno dei vitigni più famosi del meridione: l’aglianico. I Romani lo portarono in queste zone per migliorare la qualità del Falerno, il vino più diffuso all’epoca.
La cantina Re Manfredi, con sede a Venosa (la città natale del poeta Orazio), sfrutta la mineralità del terreno conferita dalla lava vulcanica, per produrre il proprio Aglianico rosso del Vulture. Si parla del vino ottenuto dall’ultima vendemmia italiana: i produttori raccolgono uva in autunno inoltrato, indicativamente nella prima decade di novembre.
Il vigneto aglianico ha infatti bisogno di tempo per esprimere la sua vera natura, ed è in Basilicata che trova le condizioni climatiche migliori per maturare alla perfezione. Le belle giornate luminose e le escursioni termiche durante la notte assicurano intensità di colore, ottima struttura e decisi sentori aromatici.
Si dice che l’attesa aumenta il desideri, ma in questo caso si direbbe che aumenta anche la qualità.