Sono circa seicento le specie del genere Allium, ma solo una trentina di queste è usata in cucina. Quelle a noi più familiari sono sicuramente cipolla, aglio, porro, scalogno, cipollotto ed erba cipollina. I botanici ancora non hanno trovato un accordo comune su come classificarle, se nella famiglia delle Liliaceae o in quella delle Amaryllidaceae, ma una cosa è sicura: non sono grandi amiche dell’alito e alcune neppure degli occhi.
Le piante sfruttano modi molto diversi per difendersi dai predatori: possono coprirsi di spine, ostentare un aspetto “velenoso”, contenere vere e proprie tossine, puzzare, urticare al contatto o… Irritare gli occhi. Non ci vuole un grande intuito per capire che la cipolla ha scelto quest’ultimo stratagemma: basta attentare all’integrità del bulbo per rendersene conto.
L’effetto lacrimogeno è dovuto a una molecola, l’isoalliina, che viene trasformata da alcuni enzimi nel momento in cui tagliamo il nostro ortaggio. Il composto risultante, chiamato “fattore lacrimogeno“, viaggerà nell’aria raggiungendo i nostri occhi indifesi. Altre molecole contenenti zolfo conferiscono alla cipolla tagliata il caratteristico odore pungente, che muta quando poi la sottoponiamo alla cottura, perdendo di intensità.
Il livello di “pungenza” dipende quindi dalla quantità di queste molecole: le cipolle di Tropea, contenendone di meno, sono quelle normalmente più apprezzate per il consumo a crudo, grazie alla fortunata combinazione tra la genetica e il terreno povero di zolfoin cui crescono. Questo secondo fattore determina anche l’importanza del marchio IGP.
Il fattore lacrimogeno delle cipolle è volatile, perciò raggiunge facilmente i nostri occhi anche se bagniamo il tagliere, il coltello o la cipolla stessa. Inutili il bicchiere d’acqua vicino al tagliere o altri fantasiosi “rimedi della nonna” che non proteggono direttamente gli occhi: usare degli occhiali, meglio ancora degli occhialini da piscina, è sicuramente più efficace.
Il meccanismo alla base dell’odore dell’aglio non è molto diverso: nella cipolla è l’isoalliina, nell’aglio è l’alliina a trasformarsi quando tagliamo o schiacciamo lo spicchio. Gli enzimi la trasformano in allicina, che a sua volta darà origine a composti contenenti zolfo che avrebbero un intento deterrente per un predatore. Se il predatore, come noi, è testardo, una volta ingeriti saranno espulsi tramite il respiro, il sudore e le urine.
Oltre a usare un buon deodorante e spazzolare bene denti e lingua, non c’è molto che possiamo fare: l’alito rimarrà comunque “aglioso” per un po’, anche consumando un’intera bottiglia di coluttorio. Sembra però che per coprire l’odore siano efficaci gli ortaggi ricchi di clorofilla, come gli spinaci e il prezzemolo, il latte intero e le mele. Il meccanismo non è ancora chiaro ed è tutto da dimostrare, ma… Tentar non nuoce!