Sommelierè evidentemente una parola appartenente alla lingua francese, ma è bene sapere che siamo noi Italiani i primi utilizzatori del termine, ripreso poi dai cugini d’Oltralpe nel corso del XVIII secolo.
Il “Somigliere” era colui che si occupava di procurare gli approvvigionamenti (cibo, acqua, vino) e di trasportarli tramite gli animali da soma. Deriva infatti dal latino “sagmarium”, aggettivo traducibile letteralmente con “da soma”.
I francesi lo trasformarono in sommelier, per definire il responsabile della presentazione e del servizio del vino a tavola.
La prima testimonianza di una figura simile a ciò che oggi intendiamo per sommelier arriva dall’Antica Grecia, nella quale si distingueva il “Simposiarca”. Era il responsabile del simposio, la parte del banchetto greco in cui si degustavano vini e si aprivano dibattiti politici.
Il simposiarca aveva l’arduo compito di diluire il vino, poiché all’epoca la bevanda era troppo sciropposa e poco gradevole se non miscelata con l’acqua. C’era perciò bisogno di un intenditore che sapesse calcolare la giusta quantità di acqua e vino, per ottenere una miscela che allietasse gli ospiti.
A Roma la stessa figura professionale prendeva il nome di magister bibendi: il maestro del bere.
Tutta la storiografia è d’accordo su chi debba essere considerato il primo vero sommelier della storia: lo storico e geografo Sante Lancerio. Era ufficialmente il “bottigliere” di Papa Paolo III, pontefice dal 1534 al 1549.
Il ruolo di Lancerio consisteva esclusivamente nel procurare vino per la tavola di Sua Santità. Il bottigliere svolse un grande lavoro di selezione e, durante i viaggi al seguito del pontefice, riportava le caratteristiche dei vini delle zone visitate.
È infatti l’autore di un dettagliato documento scritto, inviato al cardinale Guido Ascanio Sforza, nel quale si trovano delle vere e proprie recensioni sui vini, comprendenti le caratteristiche organolettiche ma anche zone e metodi di produzione.Il testo riporta aggettivi ancora in uso oggi tra gli enologi, come “asciutto, rotondo, maturo”, ma anche preziosi consigli sul periodo migliore in cui un tipo di vino poteva essere gustato. Venivano addirittura offerte indicazioni sul vino da bere in base allo stato d’animo.
Sì. Per averne una testimonianza basta recarsi a Rutigliano, in provincia di Bari, e prenotare un tavolo al ristorante Testecalde. Il locale, grazie alla stupenda iniziativa della cooperativa “Dis-abilità”, è completamente gestito da ragazzi disabili. Dato che i dieci camerieri e ristoratori di Testecalde seguono terapie farmacologiche incompatibili con l’alcol, si è trovata una strada alternativa per raccontare il vino e abbinarlo ai piatti del menu. Ai dieci già in servizio si sono aggiunti altri 15 giovani, che hanno seguito un corso per sommelier organizzato in collaborazione con l’Ais Bari. Ai ragazzi sono state spiegate le caratteristiche dei vini con un opuscolo creato ad hoc. Sono diventati degli intenditori, tramite la vista e l’olfatto, e hanno poi dovuto raccontare ai clienti ciò che è richiesto alla figura del sommelier.
“Quando ho visto i ragazzi aprire le bottiglie e servire ai tavoli ero impressionato. Hanno voglia di imparare ed eseguire alla perfezione quello che vedono fare. E ancora una volta, ci insegnano che siamo noi a dover imparare tanto da loro», ha raccontato in un’intervista Vito Sante Cecere, il responsabile di Ais Puglia.
Ebbene sì. Lo hanno inventato alla Aarhus University in Danimarca. Si tratta di una sorta di “lingua artificiale” in grado, grazie a una serie di nano sensori, di determinare l’astringenza di un vino e di stabilire in che modo i tannini in esso contenuti influenzeranno i sensi di colui che sta bevendo.
I ricercatori si vantano dell’imparzialità del loro sommelier artificiale, che può dare giudizi solo sulla composizione del vino, senza pregiudizi legati ad esempio ai gusti personali degli esseri umani.
Bisogna però dire che un vino non si compone solo di caratteristiche chimiche, poiché appartiene a un certo territorio, possiede una storia che lo porta dal vitigno al bicchiere, e quando lo si assapora riesce a generare sensazioni che una macchina non può provare né tantomeno spiegare.