Nell’antica Grecia, sull’isola di Chio, gli agricoltori lasciavano riposare i grappoli di uva in acqua di mare prima di procedere alla pigiatura: un trattamento che rimuove dagli acini la pruina, la sostanza cerosa che li riveste.
2500 anni dopo, la cantina elbana Arrighi ha replicato il procedimento, con l’ausilio dell’Università di Pisa e del professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura all’Università di Milano.
Il vitigno utilizzato si chiama Ansonica, da tempo coltivato all’Elba ma originario proprio di Chio.
L’uva riposa immersa a sette metri vicino alla costa di Porto Azzurro per cinque giorni, all’interno di campane di vimini, delle nasse artigianali realizzate dai pescatori di Castelsardo, in Sardegna.
La rimozione della pruina accelera il processo di disidratazione dell’uva, portandola a perfetta maturazione. Segue l’appassimento al sole e la macerazione in anfore di terracotta.
Il sale incamerato negli acini funge da antiossidante naturale, e permette di non utilizzare solfiti.
Il vino si chiama Nesos, ed è stato presentato al Vinitaly del 2018. “Considerando le richieste e la curiosità che ha suscitato questa ricerca, e vista l’esperienza della prova, ci stiamo attrezzando per migliorare e aumentare la produzione” ha dichiarato il proprietario della cantina, Antonio Arrighi. Egli sostiene che questo esperimento è inoltre “un esempio di archeologia sperimentale, che ci consente di ritornare alle origini, di capire perché questo vino è più famoso degli altri, e di dare così risposte a molti interrogativi rimasti inevasi”.