Un occhio chiuso e l’altro aperto. È in questo modo che molti cetacei e uccelli si riposano, lasciando dormire un solo emisfero del proprio cervello e tenendo parzialmente o completamente attivo l’altro. Delfini e balene sfruttano il sonno uniemisferico per avvertire i pericoli in arrivo e continuare a respirare mentre dormono, mentre gli uccelli migratori lo utilizzano per riposarsi senza interrompere la loro traversata.
Questo tipo di sonno comporta un’asimmetria tra un emisfero cerebrale e l’altro. Monitorando il cervello dei mammiferi (e dunque anche dell’uomo) si nota che gli stati di sonno e di veglia sono distinguibili dalla diversa attività elettrica cerebrale: sincronizzata nel primo caso e caotica nel secondo. Nel caso di sonno uniemisferico, le differenze si notano nel tipo di sincronizzazione dell’attività neurale: mentre l’emisfero destro è impegnato in un sonno a onde lente, il sinistro mostra un sonno meno profondo, indice di un più alto livello di allerta.
Fino a poco tempo fa il sonno uniemisferico sembrava interessare solo gli animali ma studi recenti hanno dimostrato che anche gli esseri umani possono sperimentare un fenomeno simile quando per la prima volta in un luogo poco familiare come può essere la casa nuova o una stanza d’albergo. Questo viene definito “first night effect”, “effetto della prima notte”.
La Brigham Young University ha cercato di ricavare ulteriori informazioni monitorando la mente e il corpo di 122 persone, e notando che chi aveva difficoltà ad addormentarsi rimaneva cerebralmente vigile anche mentre sonnecchiava.
Questa capacità di dormire con metà cervello per volta potrebbe derivare dalle asimmetrie strutturali dei due emisferi cerebrali, suddivisi in aree di diverse dimensioni, e con diverse densità neurali. Ma le ricerche fatte finora non bastano a dare una risposta certa all’origine di questo fenomeno.
Se non ci è mai capitato, possiamo solo continuare a interrogarci: cosa di prova a dormire senza farlo davvero?