Piegare e modellare un semplice foglio di carta per realizzare un oggetto senza bisogno di colla o forbici. In un’unica parola, origami. L’arte di trasformare un foglio di carta in un oggetto tridimensionale è antica quanto la carta, inventata in Cina da Ts’ai Lun, un funzionario della corte dell’Imperatore Cinese Yuan Hsing, nel 105 d.C.
In Giappone la carta era associata alla sfera divina: “carta” e “dei” in giapponese si pronunciavano allo stesso modo, kami. D’altronde la fabbricazione della carta, lunga e laboriosa, richiamava i concetti di rinascita e trasformazione particolarmente cari alle religioni orientali. La prima forma di origami erano i gohei, strisce di carta piegate in forme astratte con significato spirituale, utilizzate per delimitare gli spazi sacri e come dono per la vittoria degli atleti. Per la comparsa di soggetti figurativi come fiori e animali dovremo aspettare il periodo Heian (749- 1185 d.C.), al quale risale la figura della gru.
Per una diffusione dell’origami a fasce più ampie della popolazione giapponese dovremo però attendere l’arrivo della stampa nel Paese del Sol Levante, nel periodo Edo.
A fine Ottocento, con l’inizio degli scambi con l’Europa, gli origamisti iniziarono a viaggiare nel Vecchio Continente e mostrare la propria arte, venendo accolti come prestigiatori. A interessarsi in modo particolare all’arte dell’origami fu Fröbel, precettore che ne intuì le potenzialità in campo educativo; la sua idea fu ripresa da Akira Yokizawa, il quale utilizzò l’origami per insegnare la geometria agli impiegati di una ditta. L’arte di piegare la carta fu insegnata per un decennio anche al Bauhaus.
Se oggi possiamo seguire autonomamente le istruzioni per fare una farfalla o una gru di carta, lo dobbiamo sempre ad Akira Yokizawa, che elevò l’origami da tecnica ad arte, introducendo il concetto di pieghe morbide e donando maggiore tridimensionalità alle figure. Grazie alla collaborazione di Samuel Rendlett e Robert Harbin elaborò diversi simboli per indicare le pieghe e nel 1952 pubblicò la prima raccolta di lavori con le relative indicazioni per riprodurli.
Oggi gli origami vengono impiegati nella riabilitazione di pazienti con ritardi cognitivi naturali o acquisiti, al fine di ripristinare la coordinazione oculo-manuale, le loro capacità motorie e stimolare la concentrazione. Questo è ciò che, sotto l’occhio attento di psicologi ed esperti, avviene nel centro riabilitativo Origami di Roma.
La parola origami si traduce soprattutto nella possibilità di usare o, meglio, piegare materiali ultra leggeri per realizzare dei microrobot che raggiungano anche le parti più piccole del corpo umano. È accaduto in Svizzera e in Massachusetts dove è stato sviluppato un microrobot ingeribile da comandare a distanza tramite minuscoli magneti. Il suo compito è quello di muoversi attraverso le parti più flessibili del corpo come l’esofago o i vasi sanguigni, ed eliminare corpi estranei oppure somministrare farmaci in maniera localizzata. A essere ripiegati possono essere anche gli stessi filamenti di DNA, che vengono riorganizzarli in strutture bi- e tridimensionali per il trasporto di sostanze. La DNA-origami è una tecnica che mira a creare dei nanovettori capaci di somministrare un dato principio attivo a una parte del corpo specifica, senza toccare altri tessuti o organi.
Un’arte antica, quella dell’origami, che incuriosisce artisti e incentiva le ricerche della comunità scientifica internazionale.