Sedersi al bar e chiedere “una birra bionda” è un po’ come sedersi in pizzeria e chiedere “una pizza con il pomodoro”. Se non sai cosa ordinare, non puoi sapere cosa ti arriverà. Se poi ti trovi al tavolo con amici che sfogliano il listino arricciando il naso con aria da connoisseur e non vuoi fare brutta figura, questo articolo ti sarà ancor più utile.
Trattandosi di un riassunto, non andremo a descrivere minuziosamente ogni singolo stile e la sua storia, ma elencheremo alcuni dei più popolari, raggruppandoli per categorie. Una piccola guida per ordinare (o acquistare) sapendo cosa troverai nel bicchiere.
Sono quelle che fermentano grazie all’insieme di lieviti e batteri naturalmente presenti nell’ambiente e nei cereali, come accade con la pasta madre. Hanno generalmente un sapore dalle tonalità acide, dovute proprio alla presenza di acido lattico prodotto dai batteri.
È la principale birra a fermentazione spontanea. Tra le sue varianti, le più famose sono:
Sono birre invecchiate in cui si succedono più fermentazioni a carico di microrganismi diversi. Il grado alcolico è piuttosto basso, il gusto bilanciato tra acidità e dolcezza.
Il colore ricorda quello del vino; il sapore è acidulo, mitigato da un accenno zuccherino.
Invecchiata a lungo, si presenta di colore scuro per via del malto caramellato, che le conferisce il profumo tostato. È poco carbonata e meno acida rispetto alla Red Flemish.
Questo è il gruppo che comprende la maggioranza degli stili: in ciascuna di queste birre viene utilizzato un ceppo di lieviti appositamente selezionato per dare al prodotto determinati aromi e caratteristiche. Tra questi distinguiamo due principali famiglie, caratterizzate dalla temperatura a cui fermentano i lieviti scelti.
Particolarmente legate alla tradizione tedesca.
La famiglia delle Ale è molto eterogenea. Tra quelle più legate alla tradizione anglosassone troviamo:
Passando invece a quelle più legate alla tradizione belga, menzioniamo: