La stagionatura è l’insieme dei processi biochimici che trasformano la cagliata in formaggio, conferendo al prodotto finale le sue caratteristiche organolettiche.
Nei formaggi a pasta molle, come lo stracchino, la stagionatura è molto breve e avviene a una temperatura compresa tra 5 a 10°C. Dal momento che conservano un’alta percentuale di acqua, sono più deperibili e vanno consumati a pochi giorni dalla loro produzione.
I formaggi a pasta cotta, ad esempio il parmigiano, richiedono invece un tempo di maturazione superiore ai 6 mesi (può arrivare fino a 3 anni), con temperatura di stagionatura sui 15-20 gradi. In questi casi l’acqua è praticamente assente ed è più elevata la concentrazione di grassi.
La stagionatura dei formaggi si compone di tre fasi: fermentazione lattica, proteolisi e lipolisi.
Dopo la separazione del siero, la cagliata conserva circa l’1,5% di lattosio, che viene poi metabolizzato dai alcune popolazioni di batteri e trasformato in acido lattico. Nel caso questo non avvenga, i formaggi andranno incontro ad altri tipi di fermentazione che daranno ai prodotti un aspetto particolare. È il caso dell’Emmental, dove vengono appositamente utilizzati batteri incapaci di metabolizzare il lattosio.
La proteolisi consiste nella trasformazione, da parte di complessi enzimatici, delle proteine del latte, le caseine. In questa fase viene liberato anche l’acido glutammico, amminoacido responsabile della sapidità di molti alimenti. Gli stessi enzimi consentono una maggiore conservabilità del prodotto, poiché abbassano il pH rendendolo più acido e ostacolando la proliferazione di batteri nocivi.
La lipolisi consiste nella scissione dei trigliceridi in acidi grassi liberi ed è responsabile degli aromi e sapori forti e intensi di molti formaggi italiani, come il gorgonzola
È detta frollatura e serve essenzialmente a rendere commestibile la carne: dopo la macellazione,il muscolo dell’animale subisce cambiamenti un naturale irrigidimento, il rigor mortis. Occorre attendere che gli enzimi presenti nelle carne agiscano sulle proteine denaturandole e facendo in modo che le fibre si inteneriscano, rilasciando parte dei succhi.
Il tempo, la temperatura, la maturità e l’ossigenazione sono i fattori fondamentali del processo di maturazione. Esiste la frollatura sottovuoto, nella quale la carne viene frollata intagli piccoli e per un periodo breve. La carne sottovuoto in assenza di ossigeno espelle la parte sanguigna e l’acqua, frollando in“ammollo”nei suoi stessi succhi. Questo tipo di stagionatura, chiamata anche frollatura umida, è più una macerazione veloce in grado di ammorbidire le fibre della carne ma non di caricarla adeguatamente di sapore.
La frollatura a secco ha invece tempi più lunghi che permettono alla carne diventare tenera, saporita e più digeribile. In questo caso le carni sono conservate in celle frigorifere a temperature dai 0 ai 4 gradi, con tempistiche che variano in base alla razza dell’animale e alla qualità del taglio di carne.
Si parte dalla stufatura, che può durare fino a 4 giorni a secondo del prodotto: il salume comincia a perdere acqua e, di conseguenza, peso e volume. Si passa poi all’asciugatura: avviene in un ambiente con temperatura e grado di umidità controllati, che cambiano man mano che si arriva alla fine della fase (in genere servono fino a 8 giorni). La stagionatura, chiamata anche invecchiatura, è l’ultima e anche la parte più lunga di tutta la fase. Questo processo si attua in cantina, ambiente completamente naturale contraddistinto da un microclima unico nel suo genere (10-12°C con umidità del 60%). È importante considerare che la scelta dei luoghi di stagionatura è fondamentale per l’ottenimento di un buon prodotto.
Infatti, essendo il budello naturale un involucro che “respira” può facilitare il passaggio degli odori del luogo di stagionatura e di conservazione. Diviene pertanto indispensabile scegliere locali “neutri”, al riparo cioè da quegli odori o profumi troppo marcati che si ritroverebbero sistematicamente nel salume in tavola.
Prima di lasciare gli alimenti, è bene sapere che la stagionatura che i produttori applicano a carne, formaggi o salumi, non è garanzia di conservazione del prodotto dopo l’acquisto. Per capirci, se acquistiamo un formaggio stagionato e lo teniamo per 10 giorni al sole, non c’è stagionatura che mantenga integri sapore e consistenza di quel formaggio.
Anche il legno, un prodotto che a volte è usato come contenitore degli alimenti di cui abbiamo parlato, subisce il suo personalissimo processo di stagionatura. Appena tagliato contiene una grande quantità di acqua, che può variare da un terzo a più della metà del suo peso.
Per renderlo più leggero, quindi facilitarne il trasporto, e più resistente al deterioramento è necessario ridurre la quantità di acqua. Motivo ancora più importante è la maggiore resa di combustione che un legno stagionato possiede rispetto a un legno fresco.
Il legno è un materiale igroscopico, cioè assorbe e rilascia umidità cambiando volume e forma.È quindi fondamentale eliminare l’acqua soprattutto in quei legni che vengono utilizzati per costruire case, o giochi, ma anche sedie, perché è evidente che un cambio di volume potrebbe comportare il crollo di qualunque struttura.
Il processo di essiccazione viene chiamato, appunto, stagionatura. Essa può avvenire in maniera artificiale o all’aria aperta. La seconda consiste nel lasciare il legno in una zona coperta e ventilata, in modo da far abbassare il tasso di umidità naturalmente; può durare anche alcuni anni.
La stagionatura artificiale invece può contare su più metodi.
Nell’essicazione in camera le cataste vengono messe in delle apposite camere in muratura, in acciaio o alluminio, nelle quali è possibile regolare temperatura, umidità e flusso dell’aria. In questo modo si forza l’essiccazione del legno, ma senza esagerare per non rischiare che questo, seccando troppo in fretta, si spacchi.
L’essiccazione per condensazione si effettua a basse temperature e con un monitoraggio costante dell’umidità del legno per evitare di danneggiarlo. L’umidità presente nel legno viene fatta evaporare con il calore e poi condensata per riportarla allo stato liquido facendola uscire fuori dalla camera stessa.
L’essiccazione ad alta frequenza si ottiene attraverso un campo elettrico alternato ad alta frequenza, che surriscalda il legno molto velocemente rilasciando il vapore acqueo e quindi l’umidità.
Infine abbiamo l’essiccazione sotto vuoto, effettuata in delle camere stagne di metallo in cui viene abbassata notevolmente la pressione atmosferica. All’interno di queste camere sono presenti dei pannelli riscaldati, o un semplice meccanismo di riscaldamento, che trasmettono calore al legno facendo evaporare l’acqua. La bassa pressione accelera il procedimento.
Come il legno, anche le fibre tessili sono materiali igroscopici. Fra tutte, la lana è molto apprezzata per la confezione di maglieria intima, perché ha il più alto potere igroscopico, ossia può assorbire una notevole quantità di acqua. La seta assorbe cosi facilmente l’umidità da far constatare variazioni del suo peso che giungono sino al 18-20%, senza che al tatto si possa riscontrare la grande quantità di acqua (non si percepisce il sudore, per esempio). I regolamenti internazionali definiscono quale deve essere l’umidità di un filato per avere caratteristiche uguali non solo ai fini delle transazioni commerciali, ma anche per ottenere lavorazioni con caratteristiche costanti.
Per rispettare i regolamenti, i produttori si servono di apposite camere, dette “di ripresa”, che procedono al trattamento dei materiali, permettendo una regolazione dell’umidità. L’impianto che deve realizzare queste condizioni dispone di un grande volume d’aria in circolazione per assicurare una buona ventilazione all’interno della camera, poiché questo è un fondamentale parametro per ottimizzare la ripresa di umidità. I vantaggi che si ottengono con una buona ripresa di umidità sono non solo quelli di garantire un certo peso costante nelle confezioni di filato, siano rocche, fusi o matasse, ma soprattutto quelli di migliorare le caratteristiche tecniche della fibra.