La calda stagione è ormai alle spalle, ma l’argomento che affronteremo oggi è di fondamentale importanza per la nostra salute durante tutto l’arco dell’anno. Idratarsi risulta infatti un’azione quasi meccanica della quotidianità, perciò si tende a non approfondire i rischi derivanti dalla disidratazione.
L’idratazioneè quel processo chimico che consente all’organismo di ricevere l’acqua necessaria per svolgere le normali funzioni fisiologiche. Considerato che l’acqua rappresenta circa dal 55 al 70% del peso corporeo, l’idratazione è fondamentale per la nostra salute. Quando il bilancio idrico nell’organismo è negativo, ovvero il consumo di acqua è maggiore rispetto all’acqua introdotta, il corpo inizia a funzionare male.
Una corretta idratazione è in gradodi regolare la temperatura corporea, disupportare il metabolismo, favorisce lo smaltimento delle tossine e contribuisce a mantenere lacorretta elasticità e tonicità dei muscoli e delle articolazioni.
Quando siamo ben idratati ancheil nostro intestino ci ringrazia: l’acqua, insieme alla fibra, è ideale per combattere la stitichezza.
È opinione comune che sia necessario bere almeno otto bicchieri d’acqua al giorno, ma in verità non esiste un numero magico che stabilisca la quantità di liquidi che andrebbero assunti durante la giornata. Il bisogno varia da persona a persona, in base all’attività fisica, alla sudorazione e al clima.
In un lavoro del 2016, gli scienziati dell’Università di San Francisco (California) stabilirono che cellule sensoriali specializzate nella bocca e nella gola sono in grado di soddisfare i neuroni dell’ipotalamo responsabili della sensazione di sete, non appena afferriamo una bevanda ghiacciata: molto prima che il drink arrivi nel sangue.Tuttavia un bicchiere di acqua di mare ghiacciata attiverebbe gli stessi recettori.
Come fa l’ipotalamo a sapere, esattamente, se quella bevanda ci idraterà?
Lo stesso gruppo di scienziati ha monitorato attraverso fibre ottiche l’attività dell’ipotalamo di topi che bevevano acqua salata. I neuroni della sete si sonodisattivatiai primi sorsi, ma sono tornati in attività poco dopo. In seguito gli studiosi hanno infuso liquidi direttamente nello stomaco dei roditori, mentre monitoravano l’ipotalamo. Le infusioni di acqua potabile hanno calmato i neuroni della sete, ma quelle di acqua salata li hanno lasciati attivi.
In sostanza il nostro cervello si affida alle cellule di bocca e gola in un primo momento, ma poi chiede conferma a un’altra serie di cellule, situate probabilmente nella zona dell’intestino tenue, per essere sicuro che il liquido sia idratante.
A questo punto ci si chiede: una cattiva idratazione è pericolosa per il cervello? Uno studio condotto dalWeill Cornell Medical College’s Brain and Mind Research Instituite di New York, sostiene di sì.
Secondo gli esperti, una perdita di acqua corrispondente al 5% del peso corporeo, può portare conseguenze sull’attività neurale e le prestazioni cognitive. Ne risentirebbero particolarmente la memoria a breve termine, la capacità di attenzione e il tempo di reazione agli stimoli.Inoltre, periodi di disidratazione prolungata influirebbe negativamente sulla capacità di organizzare il lavoro e sull’elaborazione di concetti complessi.
L’acqua è un elemento fondamentale per lo sportivo, in particolare se pratica attività di lunga durata che, per lo più, si svolgono in un ambiente che determina sudorazione abbondante. Ma questa considerazione va tenuta presente anche nel periodo invernale. In qualsiasi stagione è importantissimo per l’atleta arrivare alla partenza della gara o all’inizio della seduta di allenamento in condizioni di perfetta idratazione, ed è fondamentale reintegrare le perdite di liquidi causate dalla sudorazione. Una insufficiente idratazione durante l’attività sportiva causa un peggioramento della performance e può addirittura compromettere lo stato di salute.
Non va dimenticato che l’organismo perde di continuo acqua attraverso i reni (urina), l’apparato digerente (feci), la cute (sudore) e i polmoni (vapore acqueo). Inoltre, giornalmente le ghiandole dello stomaco e del primo tratto dell’intestino producono una grande quantità di liquidi, dai 7 ai 10 litri, che vengono quasi totalmente riassorbiti nell’intestino crasso. Dunque, affinché l’equilibrio idrico sia mantenuto, le perdite di acqua devono essere pareggiate dalle assunzioni.
La somministrazione di liquidi deve iniziare già prima dell’esercizio per garantire uno stato di idratazione ottimale nel momento dello sforzo. E’ sconsigliato assumere grandi quantitativi di acqua nei 45-60 minuti precedenti la performance, perché può stimolare la diuresie la conseguente eliminazione di liquidi.
Durante l’esercizioil reintegro dovrà tener conto:delle caratteristiche ambientali nelle quali si pratica il lavoro e del tipo di lavoro muscolare. Tuttavia, l’apporto di 1/4 di litro ogni 15 minuti può in generale essere considerato ottimale.
Alla fine della seduta è invece fondamentale aumentare l’assunzione di liquidi, per recuperare le perdite causate dalla sudorazione.
Ma se si parla di idratazione, ci si riferisce solo all’assunzione di acqua? Non proprio.
Una gran parte dell’acqua esogena non deriva dalle bevande, ma dai cibi. Frutta, verdura, carne, pesce, sono costituiti per oltre il 70% da acqua. È perciò fondamentale seguire una dieta bilanciata, ricca soprattutto di frutta e verdura, per mantenere una corretta idratazione. Anche in questo caso però, l’alimento fondamentale sembra essere sempre e solo l’acqua.
Uno studio dell’Università britannica di Loughborough ha messo a punto il nuovo “indice di idratazione delle bevande”: un sistema che permette di capire quanto un liquido bevuto rimane in circolo – idratando maggiormente – prima di essere espulso sotto forma di urina.
Anzitutto gli scienziati hanno fatto bere un litro di acqua a un campione di 72 ragazzi di circa 25 anni, definendo come indice di idratazione standard – 1,0 – il liquido rimanente nel corpo dei partecipanti a due ore dall’ingestione. Successivamente sono state testate allo stesso modo altre 12 bevande, modellando il loro punteggio su quello dell’acqua: un punteggio superiore a 1,0 indicava che nell’organismo, dopo due ore, era rimasto più liquido rispetto all’acqua e dunque esso aveva un potere di idratazione maggiore. Ciò che è emerso è chequattro bevande sono risultate più idratanti dell’acqua: il latte a zero grassi (indice 1,5), quello intero (1,5), il succo d’arancia (1,1) e i reintegratori idrosalinici (1,5)che servono per reidratare il corpo dopo vomito o diarrea.
C’è da fare un’ultima considerazione: come ricorda anche il Ministero della Salute, la disponibilità di minerali nell’acqua potabile è estremamente ampia, ma in momenti di maggiore sudorazione o di necessità, soprattutto quando si pratica attività fisica o durante la stagione calda, è possibile colmare una eventuale carenza di sali ricorrendo all’integrazione idrosalina. Importanti sono soprattutto il Magnesio che svolge, tra le altre cose, un ruolo decisivo nella produzione di energia, e il Potassio, utile nella reidratazione durante e dopo lo sforzo fisico e nel mantenimento dei normali livelli di pressione arteriosa.
Si definiscono acque minerali naturali quelle che provengono da una falda sotterranea, sono microbiologicamente pure e presentano proprietà benefiche per la salute.
Per legge, un’acqua minerale dovrà avere un residuo fisso compreso tra i 500 e i 1500 mg/l: significa che, facendone bollire un litro fino a completa evaporazione, nel contenitore dovrà rimanere un deposito di 500-1500 mg di sali minerali. La composizione di questi micronutrienti varia a seconda della provenienza, poiché è influenzato dalle rocce del sottosuolo; ci sono acque più ricche di ferro o di calcio, zolfo, sodio ecc.
Si definiscono invece oligominerali le acque con un residuo fisso inferiore a 500mg/l: queste vengono spesso pubblicizzate come acque diuretiche, adatte a depurarsi e sconfiggere la ritenzione idrica, magari in contrapposizione a quelle di rubinetto. Eppure, controllando le analisi delle “acque pubbliche”, quella dei nostri rubinetti presenta quasi sempre un residuo fisso inferiore alla soglia. A cambiare, spesso è il contenuto di calcio e magnesio, che ne determinano la durezza.
Se non hai esigenze particolari per motivi di salute e non pratichi sport a livello agonistico, l’acqua di rubinetto è un’alternativa più sostenibile sia per il portafogli che per l’ambiente. Se a infastidirti è la presenza di cloro, non devi fare altro che lasciarla riposare in una caraffa o in una bottiglia di vetro aperta per farlo evaporare.