Parlando di eccellenze, ecco sette tra i più saporiti mieli italiani che ti consigliamo di provare:
Proveniente da una piccolissima area della Sicilia, il miele ibleo è uno dei millefiori italiani che gode di più antica fama. Prende il nome dai monti Iblei: una catena della Sicilia Sud-Orientale compresa tra il fiume di Caltagirone, il Dirillo, la piana di Catania e il mare. Il suo sapore è dato dalle fioriture di timo, una fragranza unica. A parlarne è perfino Virgilio, che nelle sue Bucoliche, tesse le lodi delle api iblee e acenna alla bontà del timo ibleo in riferimento a Galatea, la ninfa amata da Polifemo. La produzione estremamente localizzata ne rende possibile l’assaggio quasi unicamente in loco.
Il miele di acacia è uno dei pochi che si mantiene fluido nel tempo, senza bisogno di processi di pastorizzazione, cosa che lo rende il tipo di miele più richiesto sul mercato. Ha un aroma leggero, delicato, simile a quello del fiore.
La sua storia è legata alla scoperta delle Americhe. La pianta dell’acacia è infatti originaria del Nord-America (Pennsylvania, Carolina, Georgia, Indiana, Oklahoma). A introdurla in Europa fu Jean Robin (1550-1629), capogiardiniere reale di Enrico IV e Luigi XIII a Parigi, dando il via a una vigorosa espansione della pianta, soprattutto in Lombardia, dove questo miele viene prodotto fin dall’inizio dell’800.
Se andate in Sicilia, non provate a chiamarlo miele di agrumi. Nell’isola è chiamato solo ed esclusivamente miele di zagara: il nome dei fiori dell’arancio. Ha un lieve e tipico aroma di fiori di arancio e di limone.
La sua storia è collegata alla diffusione dell’arancio nella nostra penisola, avvenuta in concomitanza all’epoca delle crociate è uno dei più apprezzati mieli da tavola ed è il più adatto per dolcificare il tè al limone. Entra inoltre come ingrediente fondamentale in molti dolci tipici siciliani (ad esempio la pasta reale).
Miele sardo, miele di corbezzolo, miele amaro: le denominazioni di questo miele sono numerose, ma è impossibile confonderlo. Ha un aroma amaro, intenso e molto persistente.
Anche se conosciuto e prodotto fin dall’antichità, solo negli ultimi anni il miele di corbezzolo è diventato un miele famoso, molto ricercato e richiesto. Anticamente era incece considerato scadente, come riportato da Columella (I sec. d.C.) nel suo De Rustica (IX.4, 2-7). Negli ultimi anni gode per fortuna di enorme successo, grazie alle sue virtù terapeutiche e alla sua fragranza unica. È adesso una rarità locale molto apprezzata anche all’estero.
Il miele di eucalipto si riconosce ad occhi chiusi, grazie al suo aroma caratteristico, forte e deciso. Ma stranamente non è affatto balsamico. Ricorda piuttosto la liquirizia.
Nasce in concomitanza con la diffusione in Italia della specie botanica da cui è ricavato. L’eucalipto giunge nella nostra penisola solo nel 1800, e la sua coltivazione su larga scala si avviene solo tra l’inizio di questo secolo e il 1940, in concomitanza coi grandi lavori di bonifica. Un tempo si riteneva infatti che l’odore delle foglie di eucalipto potesse combattere la diffusione della malaria.
Oltre che in cucina, dove viene utilizzato per la preparazione di salse all’agrodolce aromatizzate, è indicato a scopi terapeutici, per lenire i problemi legati a bronchiti e raffreddamenti.
Questo miele gode di un primato. È in assoluto il monoflora raccolto alle quote più alte della montagna. Ha un aroma tenue che ricorda il profumo del fiore da cui ha origine.
La produzione e commercializzazione di questo miele è molto recente (dal 1950 in poi). Produrlo non è affatto facile. Questi fiori vivono infatti esclusivamente a quote molto alte, dove le api riescono a vivere e lavorare solo in estate. E’ quindi necessariamente legato alla pratica del nomadismo. In luglio gli alveari vengono trasporati, spesso a spalla dagli apicoltori, nelle zone più ricche di questa fioritura, dove rimangono fino alla metà di agosto. Il brutto tempo può inficiare drasticamente la produzione. Questo spiega perché sia il miele, insieme a quello di corbezzolo, tra i più costosi sul mercato.
Per assaggiarlo è necessario programmare una gita in Valtellina o in Val Camonica, dove viene commercializzato sia dai negozianti del luogo sia in occasione delle numerose sagre locali.
Infine, il miele di castagno, il nettare che contiene la percentuale più alta di sali minerali, caratteristiche che ne fa un alimento particolarmente adatto ai giovani e agli sportivi. Le sostanze minerali sono infatti componenti di alto valore nutrizionale, ma per essere assimilate vanno assunte sotto forma di sali, come appunto avviene nel miele di castagno.
Nell’antichità veniva considerato, un po’ come tutti i mieli scuri a retrogusto amaro, come un miele di bassa qualità. Da qualche anno gode invece di grande fama e apprezzamento. Una delle aree di maggiore produzione è la Calabria, ma è possibile raccoglierlo anche sull’Appennino ed anche sulle quote medie delle Alpi.
Pronto ad assaggiarli tutti?