Un solo attributo non basterebbe a definirla. Neanche due o tre potrebbero minimamente rendere l’idea di ciò che la carbonara rappresenta nella cucina italiana, romana e mondiale. La si mangia dal primo gennaio al 31 dicembre senza preferenze e si cucina in diversi modi.
Alcuni chef particolarmente orgogliosi spedirebbero in carcere chi banalizza, chiamando carbonara una pasta fatta con la pancetta invece del guanciale e il parmigiano invece del pecorino.Viviamo in un mondo di splendide contaminazioni culturali, perciò nessun reato: ognuno può interpretare la ricetta a modo suo, sperimentando ingredienti e metodi di cottura differenti.
Ma da dove viene questa fantastica ricetta? Attenzione, i Romani deboli di cuore sono pregati di fermarsi a questo punto.
Ci ha lasciati nel 2016, all’età di 95 anni, uno degli chef italiani più famosi al mondo nel XX secolo, il signor Renato Gualandi. Nella sua carriera ha cucinato per Charles de Gaulle, per la regina d’Olanda e … per i soldati dell’VIII armata britannica durante la Seconda Guerra Mondiale.
Bolognese di nascita, Gualandi deliziava nel 1944 gli ospiti dell’Hotel Vienna di Rimini. Uno dei comandanti del reggimento sopra citato, il generale canadese Eedson Louis Millard Burns, aveva scelto di pernottare lì, dove probabilmente aveva sentito che si mangiasse da dio.
A cena avvenne la magia.
“I Canadesi avevano del bacon fantastico, della crema di latte buonissima, del formaggio e della polvere di rosso d’uovo” ha raccontato lo chef in una recente intervista. Ricorda qualcosa?
Gli ingredienti erano stati portati in cucina dai soldati perché i cuochi preparassero, il mattino seguente, una consistente breakfast (colazione) al loro comandante.Gualandi non capì (o fece finta) e decise di assemblare quegli ingredienti insieme alla pasta. Bisognava sperimentare, dunque, poichè forse quegli ingredienti così buoni e freschi non li avrebbe più visti.
“Misi tutto insieme e servii a cena questa pasta ai generali e agli ufficiali. All’ultimo momento decisi di mettere del pepe neroche sprigionò un ottimo sapore. Li cucinai abbastanza ‘bavosetti’ e furono conquistati dalla pasta”.
Ora si comprende l’avvertimento ai Romani di poco fa?
Un’altra tesi, abbastanza accreditata, pone la nascita della carbonara nello stesso periodo appena descritto: quello della Seconda Guerra Mondiale. Si dice che i soldati alleati, soprattutto gli Americani, provassero una forte nostalgia di casa. Sugli Appennini, dove si nascondevano, assaggiarono la pasta “cacio e ova” abruzzese. Avendo buone disponibilità di guanciale (che ricordava loro il bacon), decisero di ricreare il loro piatto simbolo (egg and bacon), mischiandolo all’ingrediente tipico del Paese che li ospitava: in questo modo sarebbe nata la carbonara.
Nel 1930 Ada Boni scrisse una “Bibbia” dei ricettari più famosi della cucina romana: la carbonara non era menzionata. Come mai allora si considera questa ricetta tipicamente romana?
Alcuni, riferendosi all’ultima teoria esposta, affermano che dagli Appennini la ricetta viaggiò fino a Roma: la città dell’accoglienza. Qui, i soldati sarebbero stati cullati con la loro nuova ricetta preferita, sentendosi finalmente a casa.
Ma cosa successe dopo che il generale Burns e la sua truppa lasciarono Rimini?
Proseguirono verso nord, sul mare Adriatico, arrivando a liberare poco dopo Venezia, per poi concludere l’opera a Trieste.Si potrebbe ipotizzare che Veneziani e Triestini, in quel periodo, avessero altro a cui dedicarsi, piuttosto che assorbire una ricetta che avrebbe fatto la storia della cucina italiana.
La “snobbata” carbonara, terminata la guerra, andò a cercare fortuna nella capitale, la città che non l’avrebbe mai lasciata andar via. Una città che rappresenta l’intera nazione.
Romana, Romagnola, Veneziana, Triestina, Abruzzese, poco importa: buon pranzo, amici della carbonara!