anche il mare, la montagna, il lago e così via, ma, a prescindere da collocazioni e dimensioni, una delle emozioni quotidiane più gradevoli la viviamo quando apriamo la porta e … “casa dolce casa”.
Probabilmente anche i cittadini dell’Antica Roma provavano lo stesso, ma quante alternative avevano nella scelta dell’abitazione? Potevano scegliere anche loro tra centro storico, quartiere residenziale o periferia? Non proprio.
Si parla della capitale di un impero immenso, perciò palazzi istituzionali, giardini pubblici, monumenti, piazze, basiliche dominavano gran parte della città. In questo modo diminuiva lo spazio per costruire le abitazioni dei cittadini, considerando anche la presenza del Tevere, degli immensi spazi verdi (che verdi dovevano rimanere) e la zona della città dedicata esclusivamente all’imperatore.
Qual è il problema? Basta costruire fuori dal centro e il gioco e fatto. Sì, nel 2020 è un’opzione intelligente, ma duemila anni fa (circa) non esistevano le automobili né tantomeno autobus e metropolitane. La vita si svolgeva tutta intorno al centro perciò i cittadini dovevano necessariamente abitare nei pressi (in alcuni casi all’interno) delle botteghe.
Evidentemente in uno spazio così ristretto non potevano vivere tanti abitanti; in età imperiale si stimava una popolazione compresa tra un milione e un milione e mezzo di individui.
Se si osservava la città dall’alto, appariva chiara la suddivisione in due ceti. Per quale motivo? Perché esistevano due tipi di abitazione: la domus e le insulae.
Scendendo in strada si potevano notare altre sfaccettature: le domus erano abitate solo dai ricchi è vero, ma vivere nelle insulaenon indicava necessariamente una condizione di povertà.
Ville e case popolari si alternavano nelle strade senza un ordine, poiché i ridotti spazi edificabili non permettevano una divisione della città in quartieri agiati e meno agiati.
Le differenze però si notavano: una domus occupava verosimilmente lo spazio occupato da quattro o cinque insulae, ognuna delle quali ospitava tante famiglie quanti erano i piani dell’edificio. Per semplificare: una famiglia ricca godeva dello stesso spazio riservato a 15-20 famiglie della plebe.
Visitando l’interno di una domus si percepiva un divario sociale più o meno ampio?
Come faceva un immaginario turista a distinguere le domus dalle insulae camminando in strada?
Semplice, se passava davanti a delle palazzine su più piani, con finestre esterne e porte in legno umili, allora si trovava davanti alle abitazioni della plebe. Se invece scorgeva solo mura senza finestre con un alto portone in legno pregiato nel mezzo, ornato da teste in bronzo di leone, di orso, di toro o di qualunque altro animale che rappresentasse potenza, allora era proprio di fronte a una domus.
Facendo sbattere gli anelli in bronzo alla testa dell’animale scelto dalla famiglia, sarebbe stato accolto da uno schiavo che, prima di richiudere il portone, avrebbe lucidato gli ornamenti in bronzo.
Una volta all’interno, dopo aver superato il vestibulum, un lungo corridoio riempito solitamente con statue della famiglia sui lati, si sarebbe ritrovato nell’atrium, una piccola “piazza” quadrata aperta nel mezzo e chiusa a porticato sui 4 lati. Al centro si trovava l’impulvium, una sorta di fontana ornamentale, che svolgeva però una funzione ben precisa: faceva arrivare l’acqua piovana in una cisterna sotterranea, dalla quale attraverso un pozzo gli schiavi raccoglievano l’acqua per i bisogni della casa.
Dietro l’impulvium il turista avrebbe notato una porta coperta da una tenda pregiata. Proprio lì sarebbe stato condotto dal governante, nel tablinum, dove il pater familias usava accogliere personalmente i suoi ospiti.Lo studio personale del proprietario comprendeva un grande tavolo in pietra o legno pregiato, che divideva la sedia del padrone dagli sgabelli dei visitatori.Alle spalle della sua sedia, il padrone avrebbe indicato al turista il resto dell’abitazione. Fino ad ora, in effetti, si è descritto quello che noi oggi consideriamo l’ingresso.
Dal tablinum si giungeva direttamente al peristilium, un grande giardino porticato in cui spiccavano fiori e piante di ogni tipo, statue e fontane nel mezzo.
Tra i muri affrescati del porticato il turista avrebbe notato una serie di porte, quelle delle stanze da letto.Alcune testimonianze affermano che padrone e matrona non usavano dormire nello stesso letto, infatti le camere contenevano spesso letti singoli (lectuli), ma esisteva anche il letto matrimoniale (lectus genialis). Il turista entrando in una camera avrebbe già trovato gli armadi, che avevano però la funzione di custodire oggetti di valore o delicati. I vestiti venivano riposti in un’apposita cassapanca. Non possiamo aspettarci una scrivania, poiché con l’immenso spazio a disposizione, spesso si potevano trovareall’interno delle domus anche intere biblioteche adibite all’educazione dei ragazzi.
Il visitatore sarebbe poi stato ricondotto nel tablinum, dal quale si accedeva anche alla sala più importante della casa, il triclinium, la sala da pranzo. Era il luogo in cui i padroni esibivano in maggior misura lo sfarzo, poiché ospitava i banchetti, momenti conviviali fondamentali nella cultura romana antica.Ogni oggetto della sala presentava decorazioni. Il tavolo poteva essere in marmo o in pietra con zampe raffiguranti ancora teste di animali potenti. Si mangiava distesi su dei letti di legno, dai quali i commensali prendevano il cibo dal tavolo centrale o dai diversi mobiletti sparsi nel triclinium.
La parte deludente di tutto il lusso descritto era però la cucina, dove l’ospite non sarebbe mai entrato. Era infatti considerato un luogo di servizio, gestito dagli schiavi, perciò non servivano decorazioni o ampi spazi. La cucina veniva infatti posta nei pressi delle latrine.
Ma questi ricchi non avevano la piscina? Non esattamente. Alcuni facevano costruire direttamente delle terme all’interno della casa, con vasche d’acqua calda, tiepida e fredda.
Le finestre e i balconi? Tutti affacciati all’interno. Da fuori nessuno poteva scorgere cosa succedeva dentro la domus. Alcune ville avevano il solarium, un terrazzo con zone d’ombra dove gli abitanti della casa si rilassavano nelle giornate calde.
Un dato che arriva dal catasto della Roma del I secolo d.C. rivela che erano ben 1797 le case con le caratteristiche appena descritte nella capitale. Il numero delle insulae e tante altre curiosità sulle abitazioni romane le racconteremo più avanti.