Torna il freddo, torna il Barolo, il vino piemontese con una storia millenaria alle spalle. Prima di trasformarsi in Barolo, questo vino è semplicemente Nebbiolo, il suo vitigno. Partiamo quindi dal principio.
Sul nome del vitigno esistono due teorie, entrambe collegata al fenomeno della nebbia. La prima dipende da una sostanza che ricopre gli acini d’uva: la pruina, che trasforma il colore bluastro in un grigio simile al colore della nebbia. La seconda invece si riferisce al periodo di vendemmia: è piuttosto tardiva, talvolta si prolunga fino a novembre, periodo in cui è frequente la presenza di nebbia.
È unvitigno non facile da coltivare, anche perché ilgermogliamento,lafioriturae l’invaiaturacoincidono conperiodi ancora molto freddi.
Necessita di zone collinari ben esposte al sole e di suoli calcarei e ricchi di tufo; esprime le sue maggiori caratteristiche fra i 200 ed i 500 metri, con una esposizione rigorosamente verso sud o sud ovest; non ama quindi i fondovalle ed i terreni poco soleggiati.
Le sensazioni aromatico-olfattive dei vini del Nebbiolo non sono mai prepotenti, ma sempre fini ed eleganti. Possono spiccare cenni di ciliegia sotto spirito, lampone, viola, rosa appassita e alcune spezie.
Dal Nebbiolo nascono diversi vini di qualità, dei quali il più famoso in tutto il mondo è indubbiamente il Barolo.
La marchesa di Barolo Giulia Colbert Falletti è stata l’autrice della trasformazione di un vino dolce fermentato all’aria aperta nel Barolo che tutto il mondo conosce oggi. Fece costruire le cantine sotterranee, nelle quali il vino godeva delle condizioni perfette per poter sviluppare corpo e struttura in maniera controllata.
Dopo aver scoperto l’esistenza di questo rosso, Re Carlo Alberto di Savoia chiese alla marchesa di poterlo assaggiare. Dalla cittadina di Barolo vennero così spedite al re 315 botti, una al giorno esclusi i giorni di quaresima. Il re rimase stupefatto dalla qualità della bevanda e decise addirittura di acquistare una tenuta a Verduno, un paese nei pressi di Barolo, per produrre un proprio vino.
È probabilmente questa la spiegazione dell’espressione che da secoli accompagna il Barolo: “Vinum regum, rex vinorum”, ovvero vino dei re e re dei vini.
Qualche anno più tardi la sua celebrità era già molto diffusa, tanto che uno dei più grandi uomini politici dell’epoca, Camillo Benso conte di Cavour, decise di avviare una propria produzione di Barolo. Non solo, il vino fu utilizzato in più incontri istituzionali, compresi i festeggiamenti del 1861 per la raggiunta Unità d’Italia.
Agli inizi del ‘900 il patrimonio delle cantine di proprietà della marchesa Falletti passò nelle mani della famiglia Abbona, che fu abile esportatrice del vino e ideatrice di nuovi prodotti altrettanto di successo. Nel 1966 il vino ottenne la DOC, mentre nel 1980 entrò anche ufficialmente nei vini d’eccellenza, ottenendo la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG).
Solo 11 sono i comuni delle Langhe piemontesi, a pochi chilometri dalla città di Alba, nei quali il Barolo può essere prodotto. Tra questi c’è proprio Barolo, piccola città che ha dato il nome al famoso vino. Le colline di quest’area presentano una composizione del terreno molto varia, perciò i vini che nascono sono molto diversi tra loro. Ogni produttore poi utilizza i propri metodi e i propri segreti, donando al vino mille sfaccettature.
Il disciplinare prevede, prima della commercializzazione, un periodo di affinamento rispettivamente di 38 mesi, di cui 18 in legno, per la versione base e di 62 mesi, di cui sempre 18 in legno, per la versioneBarolo riserva. Una volta imbottigliato, avrà una gradazione alcolica di almeno 13 gradi.
Essendo unvino da invecchiamento, il fascino del Barolo sta proprio nella sua evoluzione nel corso degli anni: le migliori annate degli anni ’60 sono ancora oggi molto apprezzate dagli appassionati. Berlo è un piacere, ma è anche sempre una nuova scoperta.
Gli abbinamenti più tradizionali sono quelli con piatti saporiti a base di carne rossa, come arrosti, brasati, stracotti, selvaggina, ma anche formaggi stagionati a pasta dura e cibi aromatizzati. Il Barolo è ottimo anche per accompagnare i dolci secchi, soprattutto alcuni biscotti della zona piemontese.
Gli esperti lo indicano anche come ottimo vino da bere senza accompagnatori, come calice da meditazione. L’ideale per una serata autunnale coi fiocchi.