Possiamo trovarla in tutte le salse: svariati colori, diversi metodi di lavorazione, tenere e dure, forti e deboli. La farina è uno dei prodotti più antichi della storia ed è sicuramente il prodotto più utilizzato nelle nostre tavole, poiché è la base di piatti insostituibili: pane e pizza, tanto per dirne un paio.
Oggi andremo ad analizzare alcune caratteristiche, soffermandoci sulle differenze, sia quelle che vediamo direttamente sulle confezioni, che quelle più nascoste.
Partiamo dal principio: che cos’è la farina? Il prodotto che si ottiene dalla macinazione del grano.
A gareggiare sul mercato sono in particolare le farine di grano tenero e di grano duro.
La prima deriva dal Triticum vulgare, varietà generalmente coltivata in zone che si caratterizzano per avere un terreno fertile e un clima mite. La seconda dal Triticum turgidum durum, coltivato in zone argillose e dove c’è poca umidità: non a caso, in Italia vienetipicamente prodotto nel Meridione e nelle Isole.
Il grano tenero ha spighe corte con chicchi piuttosto tondeggianti e morbidi, opachi e friabili, che si spezzano facilmente. Possiede un alto contenuto di fibree per tale ragione facilita lo svolgimento delle funzioni intestinali.
Il grano duro si presenta invece a chicchi allungati e spigolosi di consistenza molto dura, difficili da rompere. La sua macinazione porta infattiallo sfarinato conosciuto comesemola,caratterizzato da granuli più grossi e ricco di carotenoidi, composti ad azione antiossidante. Contienepiù proteinerispetto a quello teneroeha unelevato potere saziante.
Sulle confezioni delle farine avrete notato un valore indicato con la lettera “W”: è la capacità della farina stessa di assorbire i liquidi durante l’impasto e trattenere l’anidride carbonica durante la lievitazione. Il suo valore dipende dal contenuto di proteine, in particolar modo da quello delle gliadina e glutenina che, insieme, compongono il glutine. La forza di una farina si misura attraverso apposite prove meccaniche sull’impasto, prova di estensibilità e di resistenza.
L’indice di forza non dipende tuttavia direttamente dal grano, ma dal tipo di farina o di semola che vengono prodotte.
Tecnicamente l’ingrediente che corrisponde al nome di farina è ottenuto esclusivamente dalla macinazione di grano tenero. Siamo però abituati a chiamare farina anche il prodotto derivante dal grano duro, ma lo vedremo tra un attimo.
Le farine più comuni si dividono in 5 tipi: 00, 0, 1, 2 e integrale.
00: è comunemente conosciuta come la più raffinata. Ciò non vuol dire che segue le norme del galateo, bensì che si ottiene dalla molitura della parte più interna del grano (endosperma). Vengono perciò eliminati la crusca e il germe del grano, i due elementi più ricchi di nutrienti. La farina 00 è infatti priva di fibre, vitamine e sali minerali, inoltre contiene un bassissimo tasso proteico. Tutto ciò di cui si compone è l’amido (carboidrati semplici). È infatti il tipo di farina col più basso valore nutritivo. Ha un’indice di forza medio-alto, quindi è spesso sfruttata per la preparazione di prodotti a lunga lievitazione.
0: è pressoché identica alla precedente, ma contiene una piccola percentuale di crusca. Anche questo tipo ha un buon indice di forza.
1: possiede un’alta quantità di crusca e germe del grano. Per questo motivo, è ricca di sostanze nutritive utili all’organismo. Le farine 1,2 e integrale rientrano nella categoria intermedia per quanto riguarda l’indice di forza (W). Il valore è compreso tra 180 e 260. Le farine di forza media si utilizzano per preparare pane francese, pastelle, panini all’olio o alcuni tipi di pizza, prodotti in generale caratterizzati da una buona quantità di nutrimento e mediamente lievitati.
2: si può definire una farina semi-integrale, contiene buone quantità di crusca e germe. A differenza di quella integrale si lavora meglio in cucina e lievita di più.
Integrale: è il risultato della macinazione dell’intero chicco del cereale (endosperma, crusca e germe). È la tipologia più ricca in nutrienti (minerali, vitamine, proteine e fibre) ma la più difficile da utilizzare in cucina essendo molto granulosa.
È possibile distinguere tre tipi di semola: una “normale”, una integrale e quella “rimacinata”.
La semola integrale non comprende l’abburattamento, ovvero il processo di setacciamento del grano, perciò presenta granelli di grandi dimensioni rispetto agli altri. La semola di grano duro “normale” subisce invece una fase di setacciatura, perciò si può identificare come la via di mezzo tra l’integrale e la rimacinata, che presenta invece una consistenza simile alla farina di grano tenero, appunto perché viene setacciata più volte.
La semola si presenta, a seconda della tipologia, di colore tendente al giallo. L’indice di W varia da 90 a 220, genera impasti poco elastici e molto resistenti, rivelandosi ideale per la preparazione di paste fresche e secche.
Ci siamo limitati a descrivere, senza entrare nel dettaglio del rapporto con la nostra salute. Esistono infatti altri tipi di farina, come quelle di kamut, soia, riso, avena, ma anche quella biologica, che inseriremo in un discorso più ampio. Nel frattempo, godetevi la magia di questo ingrediente, capace di dar vita a piatti di cui non possiamo fare a meno!